Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19640 del 04/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 04/08/2017, (ud. 11/04/2017, dep.04/08/2017),  n. 19640

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6625-2013 proposto da:

S.a.s. LINEAR di P.S.C. E C., (p.iva (OMISSIS)) in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BRESSANONE 3, presso lo studio

dell’avvocato MARTA LUISA CASOTTI CANTATORE, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati SERGIO ICARDI, BARBARA ICARDI;

– ricorrente –

contro

ERSEL FINANZIARIA S.p.a., (p.iva (OMISSIS)) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CONCA D’ORO 300, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BAFILE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIORGIO MARPILLERO;

– controricorrente –

e contro

F.G., + ALTRI OMESSI

– c/ricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

CONDOMINIO di (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1795/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 13/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

e per l’accoglimento del ricorso incidentale per quanto di ragione;

udito l’Avvocato MARIA LUISA CASOTTI CANTATORE, difensore della

Società ricorrente, che si è riportata agli atti depositati;

udito l’Avvocato GIOVANNI BAFILE, con delega orale dell’Avvocato

GIORGIO MARPILLERO difensore della Società controricorrente, che si

è riportato alle difese in atti;

udito l’Avvocato F.G., difensore sia in proprio sia per

delega orale dell’Avvocato M.R., che ha chiesto

l’accoglimento delle difese in atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Condominio dello stabile di (OMISSIS) ed i condomini dello stesso F.G. ed altri, di cui in atti, convenivano nel 2005 in giudizio innanzi al Tribunale di Torino la Linear s.a.s. di S.P. & C. (già Linear s.n.c. di C. & C.) al fine di sentir accertata la proprietà comune del locale portineria del medesimo stabile, con condanna della convenuta società all’immediato rilascio del locale medesimo ed al risarcimento dei danni pari ai canoni di locazione d’affitto dell’immobile stesso.

La convenuta società, costituitasi in giudizio, chiedeva di essere ed era autorizzata alla chiamata in garanzia della propria venditrice Ersel Finanziaria S.p.a., instando – nel merito – per il rigetto della domanda attorea e proponendo domanda riconvenzionale per la declaratoria di acquisto per intervenuta usucapione in proprio favore del locale per cui è causa, nonchè – in subordine – per ottenere il rimborso del prezzo da parte della venditrice Ersel del prezzo pagato ed al risarcimento del danno subito con somma da determinarsi in separato giudizio.

La Ersel, costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda formulata nei suoi confronti.

intervenivano, di poi, in giudizio altri condomini – quali la Cin Cin s.a.s. ed altri – facendo proprie le domande già svolte dalle parti attrici.

L’adito Tribunale, con sentenza n. 3553/2008, dichiarato il difetto di legittimazione attiva del Condominio, rigettava le domande degli attori e delle parti intervenute ed, in accoglimento della spiegata riconvenzionale, dichiarava che la Linear s.a.s. era esclusiva proprietaria del locale rivendicato dagli attori e dagli intervenuti.

Avverso la decisione del Tribunale di cui chiedevano la riforma, interponevano appello (rimanendo contumace il Condominio) gli originari attori F. ed altri, e le parti già intervenute ad adiuvandum.

Resistevano al proposto gravame le società Linear ed Ersel Finanziaria.

L’adita Corte di Appello di Torino, con sentenza 1795/2012, accoglieva l’appello, respingeva tutte la domande della società Linear, inclusa quella di manleva nei confronti della venditrice Ersel, dichiarando – per l’effetto – che l’anzidetto locale portineria, in atti specificamente individuato, era in proprietà comune degli appellanti, con conseguente obbligo di rilascio del locale a carico della società Linear; rigetto della domanda di manleva proposta da quest’ultima nei confronti della società Ersel e condanna della medesima Linear al pagamento – in favore dei condomini appellanti ed titolo di risarcimento – della somma annua di Euro 1.228,00 dal marzo 1998 all’effettivo rilascio dell’immobile.

Nell’occasione (e per quanto ancora rileva ai fini del presente giudizio) la Corte distrettuale riteneva, in estrema sintesi, che vi erano sufficienti elementi idonei all’identificazione del locale de quo tra i beni comuni fin dall’atto di costituzione del condominio (in particolare per effetto dell’art. 2 del rogito I. del 7.11.1979), trascritto e richiamato nei successivi atti di trasferimento delle porzioni frazionate dello stabile condominiale.

Per la cassazione della suddettà decisione della Corte distrettuale ricorre la società Linear con plurimi motivi di ricorso raggruppati in relazione a tre distinte tematiche, rispettivamente quelle delle pronunzie “sulla domanda di rivendica”, “sulla domanda di usucapione” e “sulla domanda di garanzia”.

Resistono con controricorso gli intimati condomini già appellanti, che propongono ricorso incidentale in ordine alle spesetartiColato con un unico motivo e la società Ersel. Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la società Linear ed i condomini contro ricorrenti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il motivi del ricorso principale relativi alla “pronunzia sulla domanda di rivendica” si censura la gravata decisione della Corte territoriale prospettando, in successione, vari il vizi quali:

1.1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 c.c. e ss. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

1.2) omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio;

1.3) violazione dell’art. 345 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3;

1.4) omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio;

1.5.) violazione del divieto di cui all’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

I motivi innanzi indicati sub 1.2 ed 1.4 sono inammissibili. Parte ricorrente svolge una censura che non tiene conto del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 applicabile – ratione temporis – nella fattispecie.

Ai sensi di tale norma la deduzione dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio postula necessariamente l’adempimento dei seguenti oneri:

a) la specifica indicazione del fatto;

b) la precisa indicazione del dove e del quando tale fatto abbia costituito oggetto di discussione fra le parti;

c) la puntuale enunciazione degli elementi, in base ai quali sia inconfutabile la decisività del fatto addotto ed in ordine al quale si deduce la decisività stessa.

Orbene parte ricorrente non ha compiutamente adempiuto tali oneri e, pertanto, i motivi sono – in punto – inammissibili.

Tanto a maggior ragione in considerazione, sotto il profilo della dedotta carenza motivazionale, che la sentenza impugnata non risulta censurabile essendo fondata su adeguate e congrue argomentazioni immuni da vizi logici. Le censure di cui ai motivi sub 1.3 ed 1.5 sono anch’esse non ammissibili.

Esse, infatti, risultano costituire deduzioni nuove su questioni che non risultano dapprima sollevate, nè documentate e postulate, in modo idoneo e tale da poter essere configurate come non nuove.

Orbene la parte ricorrente si duole, infatti, della violazione dell’art. 345 c.p.c., ma non indica quando e dove ha, come doveva, in precedenza, dedotto tali violazioni.

Quanto al motivo sub. 1.1 esso è infondato e va respinto. Nessuna violazione agli artt. 1117 c.c. e ss. vi è stata e la sentenza della Corte di Appello di Torino, facendo buon governo delle norme e dei principi ermeneutici applicabili nell’ipotesi, ha deciso la controversia correttamente.

In particolare, quanto all’aspetto della questione concernente la colorazione delle piantine grafiche, la Corte distrettuale si è limitata a rilevare tale fattore ma non ha ritenuto di far discendere conseguenze decisive da tale fattore stesso, basando il proprio decisum su altra ratio. Peraltro il motivo qui in esame ripercorre proprie valutazioni, ma non offre indicazione alcuna nè prospetta principi o orientamenti tali da dover indurre a ritenere errato e meritevole di riforma e mutamento quanto affermato con la gravata decisione.

In conclusione i raggruppati motivi innanzi esaminati non possono essere accolti.

2.- Con il motivi del ricorso principale relativi alla “pronunzia sulla domanda di usucapione” si censura la gravata decisione della Corte territoriale prospettando, in successione, vari il vizi quali:

2.1) violazione del divieto di extrapetizione ex art. 112 c.p.c. e del divieto di cui all’art. 345 c.p.c., il tutto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3;

2.1) violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Quanto alla censura sub 2.1 essa è inammissibile per lo stesso ordine di considerazioni già svolto innanzi a proposito dei motivi sub 1.3.ed 1.5.

Quanto all’asserita violazione delle (non indicate) norme sull’interpretazione dei contratti il motivo ripropone ragioni in punto di mera valutazione dei fatti (numero dei locali indicati nell’atto di vendita, elencazione fra le coerenze del lotto venduto anche dell'”androne carraio” e deduzione sui relativi confini), aspetti tutti costituenti fatti valutati in sede di merito e non censure in punto di diritto sulle norme ermeneutico per violazione di precisi orientamenti e principi giurisprudenziale peraltro neppure invocati.

I motivi vanno, quindi, respinti.

3.- Con i motivi del ricorso principale relativi alla “pronunzia sulla domanda di garanzia” si prospettano, in successione, vari vizi quali:

3.1.) violazione del divieto di extrapetizione stabilito dall’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

3.2) violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il primo dei due sopra riportati motivi non può essere accolto.

La doglianza su cui si fonda il motivo è priva di fondamento. Il rigetto della domanda di garanzia e manleva (che appare, nella sostanza, essere il nucleo della svolta censura) deve reputarsi correttamente ritenuto dalla Corte distrettuale in base alla Considerazione che il bene rivendicato non era, ab origine, compreso fra quelli venduti dalla società Ersel alla società Linear.

L’ulteriore doglianza esposta sub 3.2 attiene ad una rivalutazione dell’assunto che il locale rivendicato non era compreso fra quelli elencati nell’atto di vendita del 22 aprile 1980 (come correttamente ritenuto dalla Corte di merito). Per la parte, poi, in cui viene enunciata ed invocata la disciplina di cui alla – solo citata – L. n. 52 del 1985 (art. 29), la censura appare insufficiente ed inammissibile difettando ogni opportuna allegazione in ordine alla circostanza di aver già svolto e posto la questione nelle pregresse fasi di merito del giudizio.

Pertanto, nel loro complesso, i motivi da ultimo qui esaminati vanno disattesi.

4.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso principale deve essere rigettato.

5.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale si contesta la violazione dell’art. 91 c.p.c. (errato riferimento parametrico delle spese liquidate agli appellanti vincitori in appello).

Il motivo e, quindi, il ricorso incidentale sono da ritenersi, anche alla stregua delle conclusioni rassegnate dal P.G., fondati.

Nella liquidazione, per il giudizio di primo grado, della complessiva somma – a titolo di compensi professionali dovuti – di Euro 2.900,00 (2.000 per onorari e 900 per diritti) la Corte distrettuale – pur suddividendo correttamente fra diritti ed onorari – ha errato nell’applicazione del tariffario applicabile, non ha previsto importo alcuno (quantomeno per versamento del contributo unificato), omettendo di liquidare – al cospetto della deposita nota spese- in misura inferiore ai minimi applicabili ovvero non motivando la riduzione delle spese.

S’impone, quindi, un riesame in tema di verifica del liquidabile secondo la tabella tariffaria ed i minimi ivi previsti.

Il ricorso incidentale, fondato per quanto testè detto, va dunque accolto con conseguente cassazione – solo in punto – della impugnata sentenza e rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Torino, che provvederà a definire la controversia uniformandosi a quanto innanzi osservato e rilevato.

PQM

 

LA CORTE

rigetta il ricorso principale, accoglie quello incidentale e rinvia, anche per le spese: ad altra Sezione della Corte di Appello di Torino.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, l’11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017

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