Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19640 del 03/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 03/10/2016, (ud. 31/03/2016, dep. 03/10/2016), n.19640

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22547/2013 proposto da:

D.G., (OMISSIS) in proprio; MEDISOFT ITALIA SRL (OMISSIS),

in persona del suo legale rappresentante pro tempore Sig.

D.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ALESSANDRO MALLADRA 31,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI IARIA, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato AMEDEO NIGRA, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

AVIOMAR SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1745/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/03/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato GIOVANNI IARIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 22/4/2013 la Corte d’Appello di Milano ha respinto il gravame interposto dalla società Medisoft Italia s.r.l. e dal sig. D.G. in relazione alla pronunzia Trib. Milano n. 1253/2010, di rigetto della domanda proposta nei confronti della società Aviomar s.p.a. di risarcimento dei lamentati danni da vacanza rovinata in ragione della “non conformità a quanto promesso del pacchetto turistico” presso la medesima acquistato, in quanto in particolare “contrariamente alla pubblicità … le piscine dell’albergo “non avrebbero contenuto acque termali, ma acqua normale con cloro”, “le camere degli alberghi sarebbero state senza vista mare” e sarebbero state “arredate senza eleganza ed in modo disadorno”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Medisoft Italia s.r.l. e il D. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 e il 2 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omessa e insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3 motivo denunziano “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omessa e insufficiente motivazione” su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è inammissibile.

Esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che la ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all’atto di citazione ritualmente notificato”, alla comparsa di costituzione e risposta di controparte, all’atto di appello, ai “vizi emersi nel corso della vacanza offerta dalla Aviomar”, alle “prove acquisite nel corso del processo di primo grado, ai “documenti prodotti dalla Aviomar, alla “conclusionale”, alla deposizione del “teste L.G. (ed. 13.03.08), al “capitolo, dedicato al fatto che il D. pranzava al ristorante, a causa della pessima qualità del cibo”, al “terzo motivo di appello (punto c), ai “punti da A a F dell’atto di appello pag. 8 e 9”, a quanto “promesso nei propri cataloghi (vedasi doc. 10, pag. 102, col. 3, ruga 30)” limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso nè fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 6/11/2012, n. 19157; Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura dei solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/8/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Senza sottacersi, con particolare riferimento al 3 motivo, che giusta principio consolidato in giurisprudenza di legittimità l’omesso esame di una domanda e la pronunzia su domanda non proposta, nel tradursi nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sono deducibili con ricorso per cassazione esclusivamente quale error in procedendo ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr. Cass., Sez. Un., 16/10/2008, n. 25246; Cass., 29/9/2006, n. 21244; Cass., 5/12/2002, n. 17307; Cass., 23/5/2001, n. 7049) (nullità della sentenza e del procedimento) (v. Cass., Sez. un., 14/1/1992, n. 369; Cass., 25/9/1996, n. 8468), e non anche sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (v. in particolare Cass., 4/6/2007, n. 12952; Cass., 22/11/2006, n. 24856; Cass., 26/1/2006, n. 1701), come invero prospettato dagli odierni ricorrenti.

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dei ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle loro aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., in realtà sollecitano, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 31 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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