Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1964 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. II, 24/01/2022, (ud. 01/12/2021, dep. 24/01/2022), n.1964

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13128/2017 proposto da:

B.A., e B.G., rappresentate e difese dall’avv.

ATTILIO ANTONIO DIBARI, e domiciliate presso la cancelleria della

Corte di Cassazione;

– ricorrenti –

contro

S.V.P., rappresentato e difeso dall’avv. ROSA

ANNA MARIA DELNEGRO, e domiciliato presso la cancelleria della Corte

di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1948/2016 del TRIBUNALE di TRANI, depositata

il 14/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/12/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

on atto di citazione ritualmente notificato B.A. e B.G. proponevano opposizione al Decreto Ingiuntivo n. 676 del 2010, con il quale il Giudice di Pace di Barletta aveva loro ordinato di pagare la somma di Euro 5.000 in favore di S.V.P., a titolo di restituzione della caparra versata dall’ingiungente in occasione della conclusione di un contratto di compravendita avente ad oggetto un immobile di proprietà delle ingiunte. Il S. aveva esposto, nel ricorso per decreto ingiuntivo, che detto negozio era sottoposto alla condizione risolutiva della mancata concessione del mutuo, che nella specie non era stato erogato. Le opponenti, per contro, allegavano che il mancato avveramento della condizione era dipeso da colpa imputabile al S., del quale chiedevano, in via riconvenzionale, la condanna al risarcimento del danno da lucro cessante.

Con sentenza n. 592/2011 il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione, rigettando la domanda riconvenzionale in quanto non provata.

Interponeva appello avverso detta decisione il S. ed il Tribunale di Trani, con la sentenza impugnata, n. 1948/2016, resa nella resistenza delle appellate, accoglieva il gravame, valorizzando il fatto che le promittenti venditrici avessero trascritto la successione del loro dante causa solo dopo la scadenza del termine previsto per il rogito di compravendita, in tal modo impedendo al promissario acquirente di poter utilmente attivare una richiesta finalizzata all’ottenimento di un finanziamento bancario per l’acquisto del bene di cui al preliminare inter partes.

Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione B.A. e B.G., affidandosi ad un unico motivo, articolato in due profili.

Resiste con controricorso S.V.P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, le ricorrenti lamentano l’omesso esame di fatti decisivi, perché il Tribunale avrebbe errato nel ritenere determinante la circostanza che le promittenti venditrici non avessero trascritto la successione del loro dante causa, senza considerare:

a) da un lato, che il tenore letterale della clausola del preliminare non poneva l’onere della trascrizione a carico della parte promittente venditrice, essendo l’impegno assunto da quest’ultima limitato alla mera presentazione della denuncia di successione del loro dante causa ed a consentire (non anche ad eseguire) la trascrizione dell’accettazione di tale successione; adempimento, questo, che ben avrebbe potuto essere svolto anche dal promissario acquirente, poiché l’art. 2684 c.c., non richiede che la trascrizione debba essere necessariamente compiuta di persona da colui che accetta l’eredità;

b) dall’altro lato, che il S. non aveva documentato neppure di aver mai chiesto il mutuo che gli occorreva per perfezionare l’acquisto; ad avviso delle ricorrenti, in assenza almeno di una richiesta di mutuo, il S. non avrebbe potuto essere ritenuto esente da colpa per non aver ottenuto un finanziamento che neppure aveva mai dimostrato di aver chiesto; al contrario, egli avrebbe agito con colpa grave, perché avrebbe presentato la richiesta di mutuo soltanto sei mesi dopo la scadenza della data prevista per il rogito di compravendita.

I due profili dell’unica censura, che meritano di essere esaminati congiuntamente, sono in parte inammissibili ed in parte infondati. In particolare, essi sono inammissibili nella misura in cui attingono il giudizio di fatto, e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, operato dal Tribunale, al fine di ottenere una nuova pronuncia di merito, estranea alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Il giudice di seconda istanza, infatti, ha accertato che l’accettazione dell’eredità del loro dante causa era stata trascritta dalle promittenti venditrici, odierne ricorrenti, soltanto il 4.10.2010, e quindi dopo la scadenza del termine fissato nel preliminare per la stipula del rogito (30.6.2010), e che per tale motivo il promissario acquirente non avesse potuto accedere al finanziamento che gli occorreva per perfezionare l’acquisto progettato. I motivi non si confrontano con l’accertamento in fatto condotto dal giudice di merito; le ricorrenti, invero, si limitano ad affermare che la trascrizione dell’accettazione avrebbe potuto essere eseguita anche dal promissario acquirente, ma in tal modo non contestano – ed anzi, implicitamente confermano – di averla eseguita in ritardo.

In proposito, occorre evidenziare che il Tribunale ha ritenuto che la condizione risolutiva apposta al contratto preliminare di cui è causa fosse stata posta nell’interesse di entrambe le parti, che avrebbero dovuto quindi collaborare secondo buona fede per favorirne l’avveramento. Di conseguenza, ai fini della prova dell’inadempimento delle odierne ricorrenti è irrilevante il fatto che la trascrizione potesse, o meno, essere eseguita anche dal S.; ciò che rileva, infatti, è che le promittenti venditrici non ne hanno curato l’esecuzione, se non in ritardo rispetto al termine previsto contrattualmente per la stipula del rogito definitivo di compravendita. Sotto questo profilo, quindi, le doglianze proposte dalla parte ricorrente sono infondate.

Per quel che attiene, invece, al secondo profilo della doglianza proposta dalla parte ricorrente, la censura è inammissibile per carenza della necessaria specificità, poiché le B. non indicano da quale documento emergerebbe la prova che il S. non avrebbe chiesto il mutuo prima di sei mesi dopo la scadenza del termine per il rogito, né quando tale ipotetico documento sarebbe stato acquisito agli atti del giudizio di merito. Sul punto, va ribadito il principio per cui “In tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8569 del 09/04/2013, Rv. 625839; conf. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015 Rv. 636120; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 18679 del 27/07/2017 Rv. 645334; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4980 del 04/03/2014 Rv. 630291).

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 1 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

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