Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19639 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2010, (ud. 24/06/2010, dep. 16/09/2010), n.19639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.O.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 40/33/07, depositata il 4 luglio 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24 giugno 2010 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio.

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 40/33/07, depositata il 4 luglio 2007, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stato confermato il diritto di R. O. al rimborso della maggiore ritenuta IRPEF operata dal CONI sulla pensione integrativa erogatagli dal 1995 al 2004: in particolare, il giudice d’appello ha rigettato sia l’eccezione di (parziale) decadenza sollevata dall’Ufficio del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, ritenendo applicabile nella specie il termine decennale di prescrizione previsto (in origine) dall’art. 37 del medesimo D.P.R., sia l’eccezione di inammissibilità della domanda di rimborso per gli anni 2002/2004, avanzata dal contribuente in corso di giudizio, ritenendola infondata e comunque tardiva del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 57.

Il contribuente non si è costituito.

2. Il primo motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, formulando il quesito se la trattenuta fiscale operata dal CONI, ente pubblico diverso dallo Stato, sul trattamento pensionistico integrativo del proprio dipendente, sia qualificabile come versamento diretto agli effetti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, e se, conseguentemente, l’istanza del contribuente volta ad ottenere il rimborso dei versamenti asseritamente effettuati in eccesso dall’ente pubblico, diverso dallo Stato, sia soggetta al termine decadenziale di cui al medesimo art. 38 ed in particolare al termine di diciotto mesi vigente anteriormente alla modifica apportata dalla L. n. 388 del 2000, relativamente ai versamenti per i quali al momento di entrata in vigore di tale legge era già maturato l’anzidetto termine, appare manifestamente fondato (con assorbimento del secondo motivo), sulla base del consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte secondo il quale la richiesta di rimborso delle ritenute di IRPEF effettuate, come sostituto d’imposta del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 23, da datore di lavoro diverso da un’Amministrazione statale, sulle somme a vario titolo corrisposte al dipendente trova la sua disciplina nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, e va quindi presentata dal dipendente percipiente nel termine in esso fissato (prolungato da diciotto a quarantotto mesi ad opera della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 34, comma 6, con decorrenza dal 1 gennaio 2001); l’art. 37 del medesimo decreto, infatti, regola la diversa ipotesi della ritenuta diretta, che si verifica per le sole Amministrazioni dello Stato, cui è concesso di avvalersene nei confronti dei dipendenti, per attuare una compensazione fra il credito dell’Amministrazione stessa e il credito del contribuente (ex plurimis, Cass. nn. 12810 del 2002, 7957, 10344 e 18701 del 2004, 5664 e 11987 del 2006).

3. Il quarto motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19, 21 e 57, ponendo il quesito se il ricorso del contribuente al giudice tributario per ottenere il rimborso di somme che egli assume indebitamente versate proposto in mancanza di un provvedimento di diniego del rimborso esplicito o implicito sia carente di un presupposto processuale per difetto dell’atto impugnabile, se tale carenza sia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e se, conseguentemente, violi il disposto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e art. 21, comma 2 e art. 57, la sentenza che dichiari inammissibile la relativa eccezione formulata dall’appellante ritenendola soggetta alla preclusione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, appare anch’esso manifestamente fondato (con assorbimento del terzo motivo), sulla base del consolidato principio secondo il quale il ricorso del contribuente al giudice tributario per ottenere il rimborso di somme che egli assume indebitamente versate può essere proposto soltanto nei confronti di un provvedimento di diniego del rimborso esplicito o implicito (vale a dire, in tale ultima ipotesi, qualora sia decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione della domanda di restituzione, previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2), la cui inesistenza comporta l’inammissibilità del ricorso per difetto dell’atto impugnabile, e cioè di un presupposto processuale, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Cass. n. 6724 del 2008).

4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza del primo e quarto motivo, assorbiti i restanti”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’Avvocatura Generale dello Stato;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermati i principi di diritto sopra richiamati, vanno accolti il primo e il quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale procederà a nuovo esame della controversia, uniformandosi ai detti principi, oltre a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo e il quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

 

 

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