Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19634 del 09/07/2021

Cassazione civile sez. I, 09/07/2021, (ud. 21/05/2021, dep. 09/07/2021), n.19634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

D.K., rappresentato e difeso dall’avvocato Chiara Pernechele,

per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, Via dei

Portoghesi, 12, domicilia per legge;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 5440/2019

pubblicata il 2/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/05/2021 dal Cons. Dott. Giacomo Rocchi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Venezia rigettava l’appello proposto, siccome manifestamente infondato, da D.K. avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Venezia il 18/1/2008, revocava il benefico del patrocinio a spese dello Stato e condannava l’appellante al pagamento delle spese processuali a favore di parte appellata.

La sentenza appellata aveva rigettato l’impugnazione avverso il provvedimento della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona, Sezione di Padova, che aveva escluso per D.K. la sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione internazionale e per la protezione umanitaria.

Il richiedente, proveniente dal Gambia, aveva riferito di essere rimasto orfano e di essere stato affidato ad una persona che lo faceva lavorare come pastore. Quando tre tori dell’allevamento erano scomparsi, il titolare gli aveva dato quattro giorni per ritrovarli e, successivamente, lo aveva legato e picchiato e lo aveva fatto arrestare. In seguito, su richiesta degli abitanti del villaggio, il titolare aveva fatto rilasciare D. per fargli ritrovare i tori, ma lo stesso era fuggito dal Paese.

La Commissione Territoriale non aveva ritenuto la versione credibile, così come il Tribunale di Venezia.

L’atto di appello censurava la mancata concessione della protezione sussidiaria, ma la Corte territoriale rilevava che la relativa domanda era stata espressamente rinunciata dal legale dell’appellante alla prima udienza davanti al Tribunale; in ogni caso non sussistevano i presupposti per la protezione sussidiaria: il racconto dell’appellante, per la sua estrema vaghezza e contraddittorietà, non poteva ritenersi credibile; inoltre l’appellante aveva fornito versioni contraddittorie nelle due audizioni davanti alla Commissione Territoriale e davanti al Tribunale sia sulla vicenda a seguito della quale era fuggito, sia sull’epoca della fuga sia, ancora, sulla presenza di parenti che vivono nel Paese di origine.

La mancanza di credibilità della versione impediva il riconoscimento della protezione sussidiaria con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); quanto, invece, all’ipotesi contemplata alla lett. c), la Corte osservava che D. non aveva mai fatto riferimento alla situazione generale del suo Paese quale fonte di effettivo pericolo per la sua incolumità in caso di rimpatrio e, del resto, doveva escludersi che nel territorio del Gambia vi sia una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato o di anarchia senza alcun controllo da parte delle Autorità, come dimostravano le fonti internazionali.

Secondo la Corte, non sussistevano nemmeno i presupposti per la protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3: la non credibilità del racconto dell’appellante impediva di considerarlo persona vulnerabile, né a tale scopo potevano essere valorizzate le condizioni di instabilità politica del Paese d’origine; in ogni caso, l’appellante non aveva nemmeno conseguito un significativo inserimento nel nostro Paese, avendo dimostrato esclusivamente di avere partecipato ad un corso di lingua italiana per stranieri a livello base.

In definitiva, l’impugnazione risultava manifestamente infondata; tale essendo, ed essendo stata proposta con colpa grave nella consapevolezza della sua totale infondatezza, veniva disposta la revoca dell’ammissione al beneficio.

2. Ricorre per cassazione il difensore di D.K., deducendo, in un primo motivo, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, dell’art. 14, lett. c) stesso Decreto e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, nella parte in cui la Corte territoriale aveva considerato il Paese di origine stabile sulla base di Report non aggiornati, senza tenere conto delle fonti raccolte dall’appellante.

La valutazione della Corte d’appello riportava fonti ufficiali che, peraltro, contrastavano con le dichiarazioni dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite sui rifugiati e con le ulteriori notizie fornite dalla difesa. A seguito del cambio di regime, la situazione interna del Gambia doveva ritenersi in evoluzione.

In un secondo motivo il ricorrente, con riferimento al diniego della protezione umanitaria, deduce violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere la Corte applicato il principio secondo cui la situazione del Paese di provenienza può determinare una situazione di vulnerabilità e per avere affermato che la non credibilità dell’appellante impediva la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

La protezione umanitaria deve essere concessa anche con riferimento alla situazione del Paese di origine, in particolare ove in detto Paese non vengano rispettati i diritti umani. La non credibilità del richiedente non esclude la possibilità di concessione della protezione umanitaria, che può discendere anche da situazione non tipizzate. Poiché la stabilizzazione in Gambia non si era verificata nonostante il mutamento del regime, essa doveva essere concessa, anche tenendo conto del periodo di permanenza dell’appellante sul territorio nazionale.

In un terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2: la Corte territoriale non aveva correttamente applicato i criteri legali in punto di revoca dell’ammissione del patrocinio a spese dello Stato.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, la causa era ammissibile e non sussisteva dolo o colpa grave nella proposizione dell’appello: la situazione instabile in Gambia aveva determinato la necessità di proseguire nel giudizio attendendo un’effettiva stabilizzazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Il ricorrente, nell’invocare la protezione sussidiaria in forza del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (riconoscimento della protezione sussidiaria per la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale), non solo nulla osserva sulla circostanza che la relativa domanda era stata oggetto di rinuncia espressa davanti al Tribunale, che ne aveva dato atto nell’ordinanza impugnata, ma contrappone ai report utilizzati dalla Corte territoriale per escludere l’esistenza di una situazione come quella descritta dalla norma citata, che pure riconoscere provenienti da fonti ufficiali, notizie generiche di fonte non ufficiale: un servizio della (OMISSIS) e uno di (OMISSIS); per di più, entrambi i servizi per come sintetizzati dal ricorrente – non riferiscono affatto dell’esistenza di una violenza indiscriminata e di un conflitto armato nel Paese di origine.

2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che la non credibilità del racconto dell’appellante – valutazione che non è più contestata – impedisca di concedere la protezione umanitaria non potendo esprimersi una valutazione specifica di vulnerabilità del soggetto, di cui sono sconosciute le condizioni nel Pese di origine e i motivi dell’allontanamento dallo stesso.

Questa Corte insegna, in tema di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, che, se è pur vero che la valutazione in ordine alla sussistenza dei suoi presupposti deve essere il frutto di autonoma valutazione avente ad oggetto le condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti, tuttavia, la necessità dell’approfondimento da parte del giudice di merito non sussiste se, già esclusa la credibilità del richiedente, non siano state dedotte ragioni di vulnerabilità diverse da quelle dedotte per le protezioni maggiori (Sez. 1, Ordinanza n. 29624 del 24/12/2020, Rv. 660128-01): si tratta proprio del caso di specie, atteso che il ricorrente non fa che riproporre, a sostegno della domanda di protezione umanitaria, la situazione di violenza generalizzata nel Paese di origine che è già stata esclusa con riferimento alla domanda di protezione sussidiaria; né la possibile violazione dei diritti umani fondamentali in Gambia è un rischio che può essere individualizzato con riferimento alla persona dell’appellante, attesa la sua mancanza di credibilità.

– Si deve aggiungere che la Corte territoriale ha effettuato anche quel giudizio di bilanciamento tra la situazione di “vulnerabilità” del ricorrente – come si è visto, motivatamente esclusa – e il livello di integrazione sociale nel nostro Paese del soggetto, osservando che lo stesso non era in alcun modo dimostrato, avendo la difesa evidenziato esclusivamente la frequentazione di un corso base di lingua italiana (quindi mancando attività lavorativa, residenza, radicamento sul territorio). Su questo punto il ricorrente si limita a sottolineare la durata della procedura giudiziaria che, peraltro, non è affatto prova di integrazione, ma di mera permanenza sul territorio nazionale.

3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

La censura è inammissibile alla luce della recente sentenza delle S.U. di questa Corte n. 4315 del 2020, nella quale è stato affermato che il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, comunque pronunciato (ritualmente con separato decreto o all’interno del provvedimento di merito) anche per manifesta infondatezza, deve essere sempre considerato autonomo e, di conseguenza, soggetto ad un separato regime d’impugnazione, ovvero l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 ed D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15. Contro tale provvedimento è ammesso il ricorso ex art. 111 Cost.. E’ escluso, anche in questa ipotesi, che della revoca irritualmente disposta dal giudice, nel provvedimento che decide sul merito della domanda (o delle domande) proposta dalla parte, possa essere investita la Corte di Cassazione in sede di ricorso avverso la decisione, essendo necessario ricorrere alla sequenza procedimentale sopra delineata.

4. Nulla sulle spese, essendo rimasta la parte convenuta intimata.

Sussistono, infine, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2021

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