Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19634 del 03/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 03/10/2016, (ud. 22/03/2016, dep. 03/10/2016), n.19634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 472/2013 proposto da:

CAMERA COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO AGRICOLTURA (OMISSIS),

(OMISSIS) in persona del Presidente e Legale Rappresentante p.t.

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI MONTI

PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato ULISSE COREA,

rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANO INTORCIA giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente

contro

UNICREDIT BUSINESS INTEGRATED SOLUTIONS SCPA, in persona del proprio

Amministratore Delegato Dott. C.P., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DEI PARIOLI 74, presso 10 studio

dell’avvocato FRANCESCO PISELLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato RICCARDO DE LODI giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1140/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/03/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO DI MARZIO;

udito l’Avvocato CLAUDIO FUSCO per delega;

udito l’Avvocato RICCARDO DE LODI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di intimazione di sfratto per morosità, e in subordine per finita locazione, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di (OMISSIS) citò davanti al Tribunale di Benevento Unicredit Real Estate s.c.p.a. per la convalida dello sfratto relativo all’immobile locato dall’ente alla banca. Quest’ultima si costituì in giudizio chiedendo il rigetto delle domande e svolgendo domanda riconvenzionale per il pagamento dell’indennità di avviamento L. n. 392 del 1978, ex art. 34.

Il tribunale dichiarò l’avvenuta risoluzione del contratto di locazione intercorso tra le parti per disdetta del locatore accettata dal conduttore, condannando il primo al pagamento a controparte della somma di Euro 150.439,68 a titolo di indennità di avviamento nonchè la seconda al pagamento della somma di Euro 27.000,00 quale corrispettivo per i canoni di locazione non pagati.

La camera di commercio propose appello davanti alla corte di Napoli, chiedendo l’accoglimento delle domande prospettate in primo grado.

La corte di appello confermò la sentenza impugnata.

La camera di commercio ha presentato ricorso per Cassazione con quattro motivi, ulteriormente illustrati in apposita memoria.

La banca ha resistito presentando controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 392 del 1978, artt. 29 e 34, osservando come, benchè essa camera di commercio disdettò il contratto di locazione, tuttavia, la banca non accettò mai ritualmente la disdetta riconoscendone la fondatezza, nemmeno provvedendo infatti a riconsegnare l’immobile bensì chiedendo una proroga temporanea del contratto, che però non fu mai sottoscritta fra le parti. Così che non sarebbero stati integrati nel caso, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, gli elementi di fattispecie di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 29. In assenza, pertanto, della risoluzione del contratto per disdetta del locatore, nemmeno si sarebbe concretizzato il presupposto per l’applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 34. Sostiene la ricorrente, in particolare, l’irrilevanza della corrispondenza intercorsa tra le parti in merito all’atto di disdetta, atteso che l’effetto giuridico dello scioglimento del contratto avrebbe presupposto, in considerazione della natura di ente pubblico di parte locatrice, la forma scritta, nel caso non rinvenibile.

2. Il secondo motivo di ricorso, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, concerne l’omesso esame, da parte della corte di appello, del fatto controverso e decisivo per il giudizio circa la mancata conclusione, nella forma scritta a fini di validità, dell’accordo relativo alla proroga temporanea del rapporto locatizio; il che avrebbe determinato la nullità di detto accordo con conseguente ritenuta proroga o rinnovazione del contratto di locazione.

3. L’infondatezza dei motivi è dovuta dall’avere la sentenza impugnata accertato in fatto che l’azienda di credito prese atto formalmente del diniego di rinnovazione del contratto oltre alla scadenza del (OMISSIS) limitandosi a richiedere alla locatrice la concessione di una breve proroga, per un periodo massimo di 12 mesi, per finalità organizzative inerenti al trasferimento della struttura operativa presso altra sede. Si precisa nella sentenza che la banca propose di formalizzare a tal fine l’accordo attraverso la stipula di un contratto temporaneo o di regolarlo, sempre di intesa tra le parti, in via fattuale come occupazione priva di titolo (cfr. pag. 2-3 della motivazione).

La critica svolta nel ricorso non tiene conto di questa ricostruzione in fatto, appuntandosi sulla mancata formalizzazione del contratto sull’uso temporaneo del bene nonchè sul rilievo che le manifestazioni di volontà delle pubbliche amministrazioni abbisognano per legge della forma scritta a pena di invalidità: così che mancando tale forma, non avrebbe potuto conseguirsi l’effetto giuridico dello scioglimento del contratto.

Deve, inoltre, osservarsi che il rilievo sul formalismo negoziale imposto agli atti della p.a. non risulta sottoposto alla corte di merito, nè la ricorrente riferisce sulla avvenuta trattazione di tale questione nei giudizi di merito; tanto meno impugna la sentenza, che nulla osserva sul punto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e in relazione all’art. 112 c.p.c..

4. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1382 c.c. e L. n. 392 del 1978, art. 34, nonchè, ai sensi art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, argomentando l’erroneità della decisione di appello sul non essere la banca tenuta al versamento della penale contrattualmente stabilita per il ritardato rilascio dell’immobile, non essendo configurabile mora del conduttore. Si osserva che, da un lato, non essendo intervenuta risoluzione del contratto non era dovuta indennità di avviamento (la cui mancata corresponsione da parte della locatrice avrebbe potuto giustificare la condotta della conduttrice); dall’altro, che la banca non riconsegnò l’immobile nè proseguì nel pagamento dei canoni.

5. L’infondatezza del motivo discende, quanto al primo profilo in prospettazione, dal rigetto dei primi due motivi per avere la corte di appello correttamente accertato l’intervenuta risoluzione del contratto; quanto al secondo profilo, per avere la corte di merito chiarito che la mancata restituzione dell’immobile ad opera della banca era conseguente alla mancata corresponsione della dovuta indennità di avviamento da parte del conduttore, così da escludersi, secondo la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, un illecito on capo al conduttore che non provvide alla riconsegna del bene.

Deve, infatti, osservarsi che nei rapporti di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, in cui l’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile è condizionata all’avvenuta corresponsione dell’indennità per l’avviamento commerciale, a norma della L. n. 392 del 1978, art. 34, comma 3 e art. 69, comma 8, fin quando tale corresponsione non avvenga (ossia sia intervenuta offerta reale non accettata) la ritenzione dell’immobile da parte del conduttore avviene de iure e rappresenta una causa di giustificazione impeditiva della scadenza dell’obbligo di riconsegna, con la conseguenza che non insorgono la mora nella riconsegna ed il conseguente obbligo di risarcimento ex art. 1591 c.c. (Cfr., per tutte, Cass. Sez. 3, 21.1.1995 n. 696).

6. Con l’ultimo motivo si espone, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 392 del 1978, art. 34, in riferimento alla sentenza della corte costituzionale del 14.12.1989 n. 542, sulla illegittimità costituzionale del citato art. 34 nella parte in cui non prevede i provvedimenti della pubblica amministrazione tra le cause di cessazione del rapporto di locazione che escludono il diritto del conduttore all’indennità per la perdita dell’avviamento.

Si assume che la corte di appello, ritenendo inapplicabile al caso di specie la norma di esonero dal pagamento dell’indennità sul rilievo che la locatrice avrebbe agito secondo diritto privato, sarebbe caduta in errore risultando agli atti di causa che la ricorrente si determinò alla disdetta al fine di adibire l’immobile locato ad impieghi relativi ai propri fini istituzionali.

7. La doglianza si fonda su un’erronea lettura della giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che qualora intervenga un factum principis determinativo della inutilizzabilità sine die dell’immobile – pertanto sottratto alla disponibilità del locatore – l’impossibilità di proseguire nel rapporto locatizio, anche essa dovuta a tale factum principis, sterilizza il diritto del conduttore all’indennità: ciò in quanto la causa esterna al rapporto ha inciso, pregiudicandole, l’economie di entrambi le parti del contratto, rendendo superata, per conseguenza, l’esigenza di realizzare quel riequilibrio economico tra locatore e conduttore a cui la previsione sull’indennità di avviamento è finalizzata.

Nel caso di specie la locazione non è proseguita, come chiaramente risulta anche dal ricorso che si giudica, proprio per volontà del locatore, che ha inteso non rinnovare il rapporto prescegliendo di diversamente destinare l’immobile alla realizzazione di diverse finalità dell’ente pubblico.

Dunque, la risoluzione è stata tipicamente determinata da una scelta economica del locatore, cosi che risultano pienamente integrati i presupposti di fattispecie per l’obbligazione, di fonte legale, sull’indennità di avviamento.

8. Le spese, liquidare in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione a controparte delle spese del giudizio di cassazione, liquidate il Euro 3.200,00, di cui Euro 200 per spese, oltre accessori di legge, IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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