Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19630 del 26/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 26/09/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 26/09/2011), n.19630

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA T.

MONTICELLI 12, presso lo studio dell’avvocato PILEGGI ANTONIO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS) DI FOLIGNO – AZIENDA

DELLA

REGIONE DELL’UMBRIA, L.F., T.S., S.L.,

C.V., M.F.;

– intimati –

sul ricorso 13296-2007 proposto da:

AZIENDA UNITA’SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS) DI FOLIGNO, in

persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato GOBBI GOFFREDO,

rappresentato e difeso dagli avvocati BALEANI NICOLETTA, TARANTINI

GIOVANNI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.L., L.F., T.S., B.A.,

C.V., M.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 563/2006 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 14/12/2006 r.g.n. 670/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato PILEGGI ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, inammissibilità del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 5.10.2006/14.12.2006 la Corte di appello di Perugia confermava la sentenza resa dal Tribunale di Perugia l’1.3.2004 che aveva rigettato la domanda con la quale A. B., avendo partecipato quale dipendente dell’ASL n. (OMISSIS) dell’Umbria alla selezione interna per il conferimento di incarichi di direzione di struttura, chiedeva di accertarsi il proprio diritto ad essere inserito nei moduli e/o presidi richiesti.

Osservava in sintesi la corte territoriale che, sebbene fosse rimasto accertato che il procedimento di nomina risultava non solo irregolare, quanto del tutto mancante, la domanda non poteva trovare accoglimento giacche il ricorrente non aveva richiesto l’annullamento della procedura concorsuale, quanto la propria nomina ad alcuno dei posti richiesti, per come non era consentito al giudice ordinario.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso B.A. con due motivi.

Resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato l’ASL n. (OMISSIS) di Foligno – Azienda della Regione dell’Umbria (di seguito l’Azienda).

Non si sono costituiti C.V., L.F., M. F., S.L. e T.S..

L’Azienda ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) osservando come la corte territoriale, omettendo una interpretazione complessiva della domanda, aveva erroneamente ritenuto che fosse stata esclusivamente proposta una domanda di nomina ad alcuno degli incarichi illegittimamente conferiti ad altri aspiranti, e non anche una domanda (logicamente nella stessa presupposta) di accertamento dell’illegittimità della procedura e di disapplicazione dei relativi atti. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, rileva che la corte territoriale aveva omesso di esaminare la domanda di risarcimento del danno contestualmente proposta, sebbene tale domanda avesse titolo autonomo, in quanto consequenziale all’accertamento dell’illegittimità della procedura, e prescindesse, pertanto, dall’ammissibilità dell’accertamento del diritto al conferimento degli incarichi richiesti.

Con un unico motivo, proposto in via incidentale e condizionata, l’Azienda prospetta che, comunque, il procedimento di nomina risultava regolare, dovendo trovare applicazione la L.R. n. 3 del 1998, art. 17 che, con riferimento ai responsabili di distretto, da qualificarsi come strutture semplici, prevedeva una procedura distinta da quella stabilita per gli incarichi di direzione di strutture complesse, riservandola alla competenza del direttore generale, su proposta del direttore sanitario e amministrativo, sentita la conferenza dei sindaci.

2. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c.. 3. Il ricorso principale è fondato.

Giova, al riguardo, premettere come costituisca giurisprudenza acquisita (sin da SU ord. N. 9332/2002, v., poi, fra le altre Cass. n. 5659/2004; SU n. 3677/2009) che gli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali nel settore del pubblico impiego ed.

privatizzato costituiscano provvedimenti di natura negoziale, come tali soggetti alle regole di controllo dei poteri privati, e come , in tal contesto, la giurisprudenza abbia progressivamente affermato, quale criterio direttivo, che la natura fiduciaria dell’incarico trova contemperamento nell’esigenza che la selezione degli aspiranti avvenga nel rispetto delle regole di buona fede e correttezza, che si impongono ad ogni datore di lavoro, e di quelle specifiche di imparzialità e di buon andamento che l’art. 97 Cost. prescrive, in particolare, per il datore di lavoro pubblico, sulla base della non pretermettibile considerazione che la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego (o meglio la sua sottoposizione alle regole comuni del diritto del lavoro) non implica pure la privatizzazione dell’amministrazione che assume la veste dì datore di lavoro.

Le disposizioni sul conferimento degli incarichi (per come si è rilevato con riferimento alla specifica disposizione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 1 ma con affermazione di portata generale: v. Cass. n. 9814/2008) obbligano l’amministrazione al rispetto dei criteri di massima previsti, con riferimento ai singoli settori, dalla legge e necessariamente, anche per il tramite delle clausole generali di correttezze e buona fede, “procedimentalizzano” l’esercizio del potere di conferimento dei medesimi, obbligando a valutazioni, anche comparative, a consentire forme adeguate di partecipazione ai processi decisionali, a esternare le ragioni giustificatrici delle scelte.

Coerente con tale quadro interpretativo appare, quindi, la previsione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 2 che, ispirandosi al principio dell’effettività della tutela, prescrive che “il giudice adotta nei confronti delle pubbliche amministrazioni tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati…” e rimuove, quindi, ogni preclusione di accertamento nei confronti della pubblica amministrazione, ove ciò sia imposto dalla necessità di assicurare la piena tutela del dipendente pubblico, ripristinando o assicurando la conformità al diritto della sua situazione giuridica, a fronte di comportamenti illegittimi del datore di lavoro.

Nel caso in esame, la corte territoriale ha ritenuto che, sebbene fosse rimasto accertato che il procedimento di nomina risultava non solo irregolare, quanto del tutto mancante, la domanda non poteva trovare accoglimento giacchè il ricorrente non aveva richiesto l’annullamento della procedura concorsuale, quanto la propria nomina ad alcuno dei posti richiesti, per come non era consentito al giudice ordinario. Non si può, tuttavia, non considerare come, in sede di interpretazione della domanda, il giudice sia tenuto a valutare il contenuto sostanziale della pretesa, alla luce dei fatti dedotti in giudizio e a prescindere dalle formule adottate, e che, a tal fine, debba tener conto anche delle domande che risultino implicitamente proposte o presupposte nelle richieste avanzate, in modo da ricostruire il contenuto e l’ampiezza della domanda giudiziale secondo criteri logicamente corretti e tali da evidenziare la volontà della parte in relazione alle finalità dalla stessa perseguite.

Avendo, pertanto, il ricorrente prospettato l’illegittimità della procedura, non pare dubbio che la richiesta di annullamento della stessa e della conseguente ripetizione delle operazioni concorsuali dovesse ritenersi implicita nella richiesta di conferimento di alcuni degli incarichi non assegnati e che, comunque, tale accertamento costituiva un implicito presupposto della domanda medesima. In ogni caso era compito del giudice, una volta accertata la violazione delle regole della procedura concorsuale, individuare, alla luce del criterio di effettività richiamato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 2 il provvedimento più idoneo ad assicurare la tutela richiesta dal ricorrente, nei limiti consentiti dalla natura dei diritti tutelati, piuttosto che adottare un provvedimento che, senza intercettare la reale volontà della parte, ha vanificato le ragioni del processo.

4. Meritevole di accoglimento (oltre che ammissibile, in quanto assistito da adeguato quesito in ordine al vizio di omessa pronuncia prospettato) è anche il secondo motivo. Per come a ragione lamenta il ricorrente, la corte territoriale non ha, infatti, adottato alcuna statuizione nemmeno sulla domanda proposta ai fini del risarcimento del danno, pur trattandosi di richiesta autonoma, dalla stesso ritualmente avanzata, ed abbisognevole, pertanto, di espressa decisione.

5. Va, invece, dichiarato inammissibile il ricorso proposto in via incidentale e condizionata dalla Azienda resistente.

La stessa, infatti, in violazione della regola della necessaria autosufficienza del ricorso, ha omesso di documentare che la censura mossa con tale mezzo, e di cui non si ha traccia nella sentenza impugnata (e, a ben vedere nemmeno nel controricorso, laddove si afferma che l’Azienda, costituendosi in sede di appello, aveva sostenuto che “in base alle disposizioni vigenti all’epoca, la nomina di incarichi dirigenziali non doveva fondarsi su elementi di giudizio ritualmente predeterminati, trattandosi di incarichi di natura essenzialmente fiduciaria, caratterizzati dall’intuitus personae), fosse stata avanzata nella fase di merito, per cui, dovendosi apprezzare come nuova, va dichiarata inammissibile in questa sede.

6. Il ricorso principale va, pertanto, accolto.

La sentenza impugnata va, in conseguenza, cassata e la causa rinviata ad altro giudice di pari grado, il quale la deciderà attenendosi ai criteri di interpretazione indicati e provvedendo anche in ordine alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Roma.

Così deciso in Roma il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2011

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