Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19630 del 03/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 03/10/2016, (ud. 17/02/2016, dep. 03/10/2016), n.19630

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1063-2013 proposto da:

B.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CARONCINI 6, presso lo studio dell’avvocato GENNARO CONTARDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ATTILIO DORIA giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 74,

presso lo studio dell’avvocato GIANNI EMILIO IACOBELLI,

rappresentata e difesa dagli avvocati DANTE TESTA, ALBERICO TESTA

giusta procura speciale a margine del controricorso;

CONSAP S.P.A. in persona dell’Amministratore Delegato Prof.

M.M., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANO

D’ERCOLE, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3529/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/11/2011, R.G.N. 264/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato ATTILIO DORIA;

udito l’Avvocato MASSIMO GARUTI per delega;

udito l’Avvocato ALBERICO TESTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso preliminarmente per l’integrazione

del contraddittorio, in subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 18.11.2011 n. 3529 la Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’appello principale proposto da B.D. e L.M.P., dichiarando assorbito l’appello incidentale proposto da R.E., e confermando la decisione di prime cure che aveva dichiarato infondata la domanda, ex art. 2932 c.c., proposta dal B. e dalla L., n.q. di eredi di B.G. conduttore di immobile dismesso da CONSAP s.p.a. ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, nonchè la domanda subordinata di risarcimento danni, dagli stessi proposta, essendo decaduti gli eredi del conduttore dal termine di giorni sessanta previsto dall’art. 38 della legge sull’equo canone per esercitare il diritto di prelazione sull’acquisto del compendio immobiliare composto dall’appartamento, cantina ed un posto auto – oggetto di successiva vendita frazionata, essendo stato l’appartamento ceduto a R.E. con atto pubblico in data 12.6.2000, ed il posto auto ceduto a terzi con atto pubblico in data 3.12.1999.

La Corte territoriale ha ritenuto applicabile alla fattispecie il termine di decadenza per l’esercizio della prelazione previsto dalla L. n. 392 del 1978, art. 38, comma 3, in quanto recepito nel protocollo di intesa stipulato tra CONSAP s.p.a. e le associazioni degli inquilini SUNIA, SICET ed UNIAT, in esecuzione della previsione di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 109, ed espressamente richiamato nell’atto di interpello in data 31.3.1999 comunicato agli eredi del conduttore e correttamente notificato ad uno solo di essi, presso il domicilio del conduttore deceduto, anzichè a ciascun erede, non ricorrendo la diversa ipotesi – prevista dall’art. 38, comma 5, della legge equo canone – di immobile “locato a più persone”. La Corte territoriale rilevava, inoltre, che la cessione dell’appartamento – non libero – alla R., era stata regolarmente effettuata alle medesime condizioni della “denuntiatio”, mentre il mancato invio di un apposito interpello per la vendita del posto auto non aveva violato di il diritto di prelazione, in quanto, se pertinenza dell’appartamento, doveva intendersi ricompreso nella denuntiatio trasmessa, se, invece, bene autonomo, non doveva essere denunziato da CONSAP s.p.a., difettando i presupposti legali della prelazione.

La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione soltanto da B.D., con atti ritualmente notificati a CONSAP s.p.a. ed a R.E., deducendo con due motivi vizio di “error in judicando” e vizi di motivazione.

Hanno resistito gli intimati, notificando distinti controricorsi: CONSAP s.p.a. eccependo anche il difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti di L.M.P., ai sensi dell’art. 331 c.p.c..

Il ricorrente e la resistente CONSAP s.p.a. hanno depositato anche memorie illustrative.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Questioni pregiudiziali.

1.1 Il ricorso, in relazione ai motivi dedotti, deve essere dichiarato inammissibile per difetto del requisito di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e comunque infondato, secondo quanto successivamente considerato.

1.2 Il preliminare rilievo di inammissibilità/infondatezza del ricorso consente di attribuire carattere recessivo alla eccezione pregiudiziale proposta da CONSAP s.p.a. con il controricorso, che ha allegato la omessa integrazione del contraddittorio, nel giudizio di legittimità nei confronti di L.M.P., da considerarsi litisconsorte necessaria, ricorrendo nella specie la ipotesi di un unico rapporto con pluralità di parti tale per cui la esigenza del “simultaneus processus” si imporrebbe per evitare giudicati contrastanti, occorrendo quindi disporre la integrazione del contraddittorio nei confronti dell’erede pretermesso, ai sensi dell’art. 331 c.p.c..

1.2.1 Occorre considerare al proposito che la L. è risultata totalmente soccombente in grado di appello, avendo la Corte territoriale accertato la decadenza dall’esercizio del diritto di prelazione e la infondatezza della domanda subordinata di risarcimento del danno per violazione dell’indicato diritto. Avverso la sentenza di appello la L. non ha inteso proporre impugnazione nel “termine lungo” tenendo quindi un comportamento volto a manifestare acquiescenza alle statuizioni ad essa sfavorevoli. Ne segue che la integrazione del contraddittorio disposta ai sensi dell’art. 331 c.p.c., comma 1, nei confronti della L. cui il ricorso per cassazione non è stato notificato, pur legittimando la parte pretermessa a proporre impugnazione incidentale ex art. 334 c.p.c., comma 1, non consentirebbe comunque l’accesso al sindacato di legittimità dell’eventuale ricorso incidentale che verrebbe a perdere efficacia, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2, in conseguenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso principale proposto dal B.. Pertanto, pur sussistendo i presupposti di cui all’art. 331 c.p.c., comma 1, il differimento di udienza per consentire la integrazione del contraddittorio nei confronti della L. si risolverebbe in un evidente inutile dispendio di attività processuale.

1.2.3 Deve dunque confermarsi l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui, nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso o di una manifesta infondatezza dello stesso, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio (cfr. Corte cass. Sez. U, Ordinanza n. 6826 del 22/03/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 690 del 18/01/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013).

1.3 La ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso, dovendo in tal modo interpretarsi il riferimento, contenuto nel controricorso di CONSAP s.p.a., al giudicato interno formatosi sugli “altri” capi della sentenza di appello non investiti dal ricorso per cassazione, è manifestamente infondata, laddove è sufficiente osservare che, dall’esito del sindacato di legittimità sul capo di sentenza impugnato (concernente la rituale comunicazione della denuntiatio), discende come conseguenza necessitata il travolgimento o la conferma di tutte le “altre” statuizioni della sentenza impugnata, attesa la relazione di pregiudizialità logica che sussiste tra la verifica della ottemperanza od inottemperanza di CONSAP s.p.a. all’obbligo di trasmissione dell’interpello a tutti i conduttori, e la conseguente qualificazione di lecita od illecita dell’attività successiva svolta da CONSAP s.p.a. in ordine agli atti di disposizione degli immobili.

1.4 La resistente R., nel controricorso (pag. 12), ha proposto eccezione pregiudiziale di “difetto di legittimazione attiva” del B. (recte un difetto di titolarità del diritto vantato) non avendo questi fornito prova, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 6, comma 1, della abituale convivenza, con il conduttore (successivamente deceduto), nell’immobile locato.

1.4.1 Tale eccezione (di merito) deve ritenersi preclusa, per intervenuto giudicato implicito interno, non risultando che la questione fosse stata tempestivamente eccepita dalla R. (che in primo grado si limitava a contestare la domanda attrice chiedendone il rigetto: pag. 5 controric.), nè che abbia costituito oggetto di discussione e di gravame (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25573 del 04/12/2009). In ogni caso la statuizione della Corte d’appello in ordine alla validità della notifica dell’atto interpello anche nei confronti del B., presuppone logicamente l’implicito accertamento della condizione di convivenza che includeva lo stesso B. tra i destinatari del predetto atto, con la conseguenza che, non avendo la R. impugnato tale statuizione con ricorso incidentale, sulla questione presupposta si è formato il giudicato interno (cfr. Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 1764 del 26/01/2011).

2. Venendo all’esame dei motivi di ricorso il Collegio osserva quanto segue.

2.1 Con il primo motivo il ricorrente impugna la sentenza di appello nella parte in cui in violazione degli artt. 1335, 1352, 1418, 1421, 2727, 2728 e 2932 c.c., nonchè della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 109 e L. n. 392 del 1978, artt. 6, 38 e 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – ha ritenuto legittima la notifica dell’atto di interpello presso il domicilio del “de cuius” (immobile locato) fatta collettivamente ed impersonalmente a tutti gli eredi abitualmente conviventi, non tenendo conto che il requisito della abituale convivenza, cui l’art. 6 della legge sull’equo canone riconduce la successione nel rapporto contrattuale dei soggetti ivi indicati, viene a cessare con la morte dell’originario conduttore, venendo quindi meno il presupposto di fatto sul quale è fondata, ai fini della validità della notifica, la presunzione di riferibilità del luogo (immobile locato al de cuius) all’erede destinatario dell’atto. Sostiene il ricorrente che, pertanto, CONSAP s.p.a. non avrebbe assolto all’obbligo di (valida) notifica dell’atto di interpello a ciascuna delle persone succedute nel rapporto locativo, come prescritto dall’art. 38, comma 5, della legge sull’equo canone, disposizione applicabile alla fattispecie in quanto la stessa Corte territoriale aveva ritenuto applicabile il termine di decadenza, previsto dal precedente comma 3 del medesimo articolo di legge, anche ai “prelazionari” ex lege n. 662 del 1996, in quanto espressamente richiamato dall’art. 6 del “protocollo di intesa” in data 30.10.1997 stipulato tra CONSAP s.p.a. e l’associazione degli inquilini (“l’esercizio del diritto di prelazione sarà regolato dalla L. n. 392 del 1978, art. 38. A tal proposito si precisa che verrà comunicata a mezzo di ufficiale giudiziario a tutti i conduttori l’offerta di acquisto con il prezzo di vendita determinato ai sensi della L. n. 662 del 1996. Dalla comunicazione ufficiale decorreranno i 60 giorni previsti per l’esercizio della prelazione”: cfr. ricorso ed anche controric. pag. 19).

2.1.2 Il motivo è inammissibile e comunque infondato.

2.1.3 Premesso che la successione nel contratto di locazione stipulato con il conduttore deceduto si attua a favore del “coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi” (art. 6, comma 1, LEC), e che il requisito della “abituale convivenza” nell’immobile locato istituisce un diretto collegamento tra il soggetto convivente ed il luogo in cui la convivenza si attua, dovendo tale luogo, pertanto, presumersi corrispondente a quello di “abituale dimora” del convivente (art. 43 c.c., comma 2), risulta manifestamente priva di fondamento la tesi difensiva secondo cui la morte del conduttore determinando la cessazione della convivenza con i soggetti sopra indicati, comporterebbe automaticamente anche il venir meno del collegamento topografico di tali soggetti con l’immobile locato, non essendo logicamente deducibile – ed essendo anzi una conseguenza antitetica a quella considerata dalla norme di legge – la cessazione della abitazione dell’immobile da parte dei superstiti ex conviventi, in seguito al decesso del conduttore.

2.1.4 Venuto meno l’originario conduttore, la connessione tra il luogo (immobile locato) della notifica della “comunicazione dell’offerta di acquisto” – di cui all’art. 38, comma 1 LEC e art. 6 del “protocollo d’intesa” – ed il destinatario dell’atto (erede), risulta, infatti, espressamente posta dall’art. 6 LEC che fonda la successione dell’erede nel contratto di locazione esclusivamente sulla attualità della relazione di fatto tra il successore e la res locata (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8155 del 22/07/1991; id. Sez. 3, Sentenza n. 3074 del 16/03/1995; id. Sez. 3, Sentenza n. 6965 del 22/05/2001): non tutti gli eredi del conduttore, infatti, subentrano nel contratto di locazione, ma soltanto quelli che convivevano abitualmente con il “de cuius”, venendo a dare risalto la norma, non alla semplice relazione di vicinanza familiare con il conduttore (già ricavabile dal rapporto di parentela ed affinità, ovvero di successione “jure hereditatis”), quanto piuttosto all’effettivo utilizzo abitativo dell’immobile da parte del successore, che non viene a cessare per il fatto del decesso del conduttore (analogamente la L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 109, dispone che “a) è garantito, nel caso di vendita frazionata, il diritto di prelazione ai titolari dei contratti di locazione in corso ovvero di contratti scaduti e non ancora rinnovati purchè si trovino nella detenzione dell’immobile, e ai loro familiari conviventi, sempre che siano in regola con i pagamenti al momento della presentazione della domanda di acquisto”). In proposito assume carattere dirimente la considerazione che il B. si è limitato ad affermare che la situazione di convivenza doveva essere accertata soltanto al momento del decesso del conduttore e non anche successivamente, ma non ha offerto alcuna prova della circostanza contraria volta a dimostrare la sopravvenuta inesistenza, al momento della notifica della “denuntiatio prelationis”, del predetto elemento di collegamento con l’immobile beato (e cioè di aver convissuto con il conduttore fino al suo decesso, e poi di essersi trasferito ad abitare altrove).

2.1.5 Tanto premesso, la questione sottoposta alla Corte sembra incentrarsi, piuttosto, sulla validità della “denuntiatio prelationis” e sulla ritualità del procedimento notificatorio dell’ “atto di interpello” che, come è dato desumere dalla sentenza di appello e dal controricorso della stessa CONSAP s.p.a. (controric. pag. 22), era stato notificato, presso l’immobile locato, “impersonalmente e collettivamente agli eredi del sig. B.G.”.

2.1.6 La tesi della Corte d’appello secondo cui la notifica individuale sarebbe prevista dal comma 5 dell’art. 38 LEC esclusivamente nel caso di una “originaria” pluralità di conduttori, deve essere meglio esplicitata, in quanto la notifica dell’atto di interpello eseguita indistintamente ai successori dell’unico conduttore, non può essere desunta soltanto dal mero silenzio della legge, ma deve essere verificata alla stregua del concreto atteggiarsi del rapporto locativo in questione, tenendo conto che l’esercizio del diritto di godimento dell’immobile e del conseguente diritto di prelazione viene acquistato ex lege da ciascuno degli eredi del conduttore deceduto (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8967 del 10/09/1998). Al riguardo occorre considerare che la legge definisce il contenuto necessario della “denuntiatio prelationis” richiedendo che nell’atto venga specificato il corrispettivo, le altre condizioni alle quali la compravendita deve intendersi conclusa e deve contenere l’espresso invito ad esercitare il diritto di prelazione (arg. ex art. 38, comma 2 LEC): la stessa norma di legge prescrive altresì che la comunicazione dell’atto debba essere effettuata nelle forme della notifica degli atti giudiziari. Non sono previsti ulteriori elementi essenziali dell’atto, tanto meno a pena di invalidità: in particolare la legge non esclude affatto che l’atto di interpello possa essere trasmesso agli eredi anche nella forma dell'”atto plurimo”, in quanto rivolto contestualmente a destinatari diversi, nè prescrive che debba essere consegnata una copia per ciascun destinatario. Ne segue che, ove l’atto, come nel caso di specie, notificato al domicilio del conduttore (immobile locato) risulti effettivamente ricevuto da taluno degli eredi che colà coabitano (in quanto già conviventi con il de cuius), deve ritenersi, per un verso, che la fattispecie notificatoria si sia ritualmente perfezionata quanto al luogo ed ai destinatari della notifica (dovendo presumersi, in virtù del rapporto di convivenza tra i coeredi, che l’atto sia stato portato a conoscenza degli interessati dall’erede coabitante che lo ha materialmente ricevuto); per altro verso che l’atto, rivolgendosi a tutti gli eredi ex conviventi con il conduttore deceduto nell’immobile locato, una volta notificato realizzi la condizione di efficacia (ricettizietà) idonea a far decorrere nei confronti di tutti i destinatari il termine decadenziale previsto per l’esercizio del diritto di prelazione.

2.1.7 Orbene risulta affermato dallo stesso ricorrente (cfr. ricorso pag. 16) che l’atto è stato consegnato al portiere dello stabile, dunque a persona collegata da rapporto di servizio con i destinatari, ex art. 139 c.p.c., comma 3 e che la L. aveva comunicato di essere intenzionata all’acquisto: tale circostanza conferma che la notifica dell’atto aveva raggiunto il suo scopo, rimanendo quindi sanato ex art. 156 c.p.c., comma 3, qualsiasi eventuale vizio di nullità della notifica.

2.1.8 La censura concernente i vizi del procedimento notificatorio è dunque infondata.

2.1.9 Il ricorrente sembrerebbe tuttavia ulteriormente dolersi del fatto che nell’atto di interpello non sarebbero stati individuati singolarmente, attraverso la puntuale indicazione delle generalità, i singoli eredi chiamati ad esercitare il diritto di prelazione, in tal caso venendo implicitamente a prospettare che nella specie non si era in presenza di un atto plurimo ma di un atto diretto in “incertam personam” da ritenersi, pertanto, affetto da invalidità od inefficacia. Tuttavia la tesi difensiva, indipendentemente da ogni valutazione di merito, incorre nella inammissibilità della censura per difetto di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, avendo del tutto omesso il ricorrente di trascrivere il contenuto della “comunicazione dell’offerta di acquisto” notificata da CANSAP s.p.a., ai fini della verifica preliminare di corrispondenza del vizio denunciato alla statuizione impugnata, e non avendo neppure trascritto la comunicazione della successione “mortis causa” trasmessa da L. ad INA Assicurazioni s.p.a., società locatrice, in data (OMISSIS) (cfr. ricorso pag. 3 e 13: ove si rinvia al doc. 10 del fascicolo di primo grado), impendendo a questa Corte – che in relazione al tipo di vizio denunciato non ha accesso diretto agli atti del giudizio di merito – di verificare se fosse stato indicato, tra gli eredi del conduttore subentrati nel contratto di locazione ai sensi dell’art. 6, comma 1 LEC, oltre al coniuge anche il figlio, con la conseguenza che rimane del tutto incerto finanche stabilire se il rapporto di locazione sia proseguito con l’ente locatore, da tutti gli eredi od invece soltanto dalla L..

2.2 Con il secondo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 817, 818, 2729 e della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 109, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

2.2.1. Sostiene il ricorrente che alla data di entrata in vigore della L. n. 662 del 1996 “la famiglia B. – L.” era titolare di distinti rapporti locativi (l’uno avente ad oggetto l’appartamento e la cantina di pertinenza; l’altro avente ad oggetto l’utilizzo del posto auto), sicchè errata doveva ritenersi la decisione della Corte territoriale che, dopo aver dato atto che il posto auto risultava beato alla L. giusta contratto decorrente da (OMISSIS), e senza tenere conto della “dichiarazione dell’amministratore di condominio” che attestava che il B. era titolare dell’utilizzo del posto auto, aveva disconosciuto il rapporto pertinenziale tra l’appartamento ed il posto auto, ritenendo insussistenti le condizioni per esercitare il diritto di prelazione, ed aveva comunque ritenuto infondata la domanda degli eredi, essendo gli stessi incorsi nella decadenza del diritto di prelazione per decorso del termine di gg. sessanta dalla comunicazione dell’offerta di acquisto, trasmessa da CONSAP s.p.a..

2.2.2 Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

2.2.3 L’accertamento in fatto della Corte territoriale secondo cui il posto auto era stato locato alla L. con contratto decorrente da (OMISSIS) (vedi sentenza di appello, in motiv. pag. 13), non è contestato dal ricorrente, con la conseguenza che il soggetto legittimato a dolersi del mancato riconoscimento del diritto di prelazione ad acquistare detto posto auto – non venendo in questione, per tale contratto, il fenomeno successorio di cui all’art. 6 della legge equo canone – non potrebbe che essere la L., in quanto unica conduttrice del bene locato, mentre il B. risulterebbe sprovvisto di legittimazione alla impugnazione del capo di sentenza in questione, non potendo agire in giudizio a tutela dell’interesse altrui, deducendo l’eventuale violazione del diritto di prelazione spettante in via esclusiva alla conduttrice L., con conseguente inammissibilità della censura in esame. Del tutto sfornita del carattere di “decisività”, richiesto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per fondare la legittimazione del ricorrente, è la prova -affidata ad una dichiarazione dell’amministratore condominiale – di una asserita “titolarità dell’utilizzo” del posto-auto in capo al B.: in proposito è appena il caso di rilevare come spetti in via esclusiva al giudice di merito l’attività di selezione e comparazione degli elementi istruttori e di scelta di quelli ritenuti idonei a supportare la decisione, rimanendo pertanto insindacabile in sede di legittimità l’esercizio di tale potere, ove esente da vizi logici, che nella specie non vengono neppure indicati dal ricorrente, limitatosi soltanto a richiamare il documento predetto.

2.2.4 Il rigetto del primo motivo di ricorso determina, inoltre, la infondatezza dell’altra censura, svolta nel secondo motivo, con la quale si denuncia l’omessa valutazione da parte del Giudice di appello, pur in presenza di distinti rapporti contrattuali di locazione, della relazione pertinenziale istituita tra l’appartamento ed il posto-auto, relazione che consentirebbe al Barbiere di recuperare – quale successore del conduttore nel contratto di locazione dell’appartamento – la titolarità del diritto di prelazione anche sul posto-auto (pertinenza) locato alla L.. Premesso che la Corte territoriale, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, ha preso in esame tale specifica questione, rileva il Collegio che la sentenza di appello ne ha tratto la logica conseguenza che, anche nella ipotesi in cui fosse stata provata la esistenza del vincolo pertinenziale, la domanda ex art. 2932 c.c., formulata dal B. e dalla L. avrebbe dovuto, comunque, essere rigettata, essendo gli stessi decaduti dall’esercizio del diritto di prelazione in relazione alla comunicazione di offerta di acquisto, notificata da CONSAP s.p.a. in data 31.3.1999, in quanto la “denuntiatio prelationis” doveva intendersi estesa anche al bene-pertinenza.

2.2.5 Orbene il ricorrente si limita a censurare detta statuizione sulla scorta della tesi difensiva, svolta nel primo motivo, della asserita inesistenza dell’ “atto di interpello” per difetto della forma convenzionale dettata dal “protocollo d’intesa”, questione sulla quale “sarà inutile ritornare per quanto si è detto innanzi” (cfr. ricorso pag. 18): ne segue che il rigetto del primo motivo – con conseguente passaggio in giudicato dell’accertamento della decadenza dal termine per l’esercizio del diritto di prelazione – destituisce di fondamento la critica svolta con la censura in esame.

3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la parte ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo in favore di ciascuna delle parti resistenti.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudzio di legittimità che liquida, in favore di ciascuna delle parti resistenti CONSAP s.p.a. ed R.E., in Euro 6.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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