Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1963 del 24/01/2022
Cassazione civile sez. II, 24/01/2022, (ud. 17/11/2021, dep. 24/01/2022), n.1963
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6538/2017 proposto da:
I.G., rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE DI
STEFANO;
– ricorrente –
contro
L.M., L.V., L.D., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 6, presso lo studio
dell’avvocato SERGIO LIO, rappresentati e difesi dall’avvocato
GIORGIO GANCI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 99/2016 della CORTE D’APPELLO di
CALTANISSETTA, depositata il 11/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
17/11/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.
Fatto
FATTI DI CAUSA
L.R.G. ebbe ad evocare in causa avanti il Tribunale di Caltanissetta L.M., L.V. e L.D. chiedendo il riconoscimento del suo acquisto del diritto di proprietà mediante usucapione su due appezzamenti di terreno siti in Comune censuario ed amministrativo di Mussomeli – catastalmente individuati dalle particelle (OMISSIS) – in proprietà delle L.. Resistettero le consorti L., contestando la domanda, ed il Tribunale nisseno rigettò la pretesa mossa dalla L.R. e questa propose gravame avanti al Corte d’Appello di Caltanissetta.
La Corte nissena, succeduto all’appellante l’erede I.G., rigettò l’impugnazione, osservando come il primo Giudice aveva operato adeguata valutazione del compendio probatorio e, così, correttamente stabilito che non concorrevano i requisiti richiesti per l’acquisto mediante fatto.
Avverso la sentenza resa dal Collegio nisseno, l’ I. ha proposto impugnazione per cassazione, articolando tre ragioni di doglianza.
Le consorti L. resistono con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dall’ I. s’appalesa privo di fondamento giuridico e va rigettato.
Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione delle regole di valutazione delle prove ex art. 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., posto che la Corte distrettuale ha proceduto ad assegnare valenza a testimonianza de relato ed alle dichiarazioni di testimone interessato senza anche esporre adeguata motivazione circa le ragioni per cui detti testi erano da ritenere credibili, nonché rilevanti le loro dichiarazioni.
La censura mossa s’appalesa priva di fondamento posto che sub specie vizio di violazione o falsa applicazione di regole di diritto viene mossa in effetti una contestazione alla valutazione operata dal Giudice di merito circa la rilevanza e valenza probatorio delle dichiarazioni rese da due testi.
Difatti all’evidenza non concorre la violazione dell’art. 2697 c.c., in tema di onere della prova poiché appunto si lamenta la mala valutazione di prove fattispecie che però non appare essere oggetto di disciplina nella norma indicata siccome violata – non risultando la regola circa la distribuzione dell’onere della prova questione oggetto di censura -.
Quanto poi alla disposizione ex art. 116 c.p.c., l’unico profilo della norma che può esser rilevante nella specie risulta essere la valutazione del compendio probatorio da parte del Giudice di merito secondo il suo prudente apprezzamento, aspetto che appare pienamente osservato nella decisione impugnata.
Difatti il Collegio nisseno ha valorizzato le dichiarazioni testimoniali contestate dal ricorrente sulla base di puntuale motivazione della propria scelta ed ha pure esaminato partitamente le ragioni lumeggianti la credibilità dei testi e la loro rilevanza.
In particolare la Corte nissena ha messo in evidenza come il teste M. – marito di L.M. – non già riferiva quanto a lui detto da sua suocera, bensì una circostanza di fatto accaduta in sua presenza.
Inoltre quanto riferito da detto teste risulta, come ricorda lo stesso ricorrente, confermato dalle dichiarazioni rese da altro teste sicché, comunque, l’insegnamento di questa Corte in tema di teste de relato – evocato nel ricorso – risulta osservato.
Con la seconda doglianza l’ I. lamenta violazione delle norme ex artt. 1140,1141,1158,1165 e 2945 c.c., poiché il Collegio nisseno ha ritenuto non sussistente l’animus rem sibi habendi in dipendenza del ritenuto riconoscimento dell’altrui diritto senza per altro collocare nel tempo detto riconoscimento.
Inoltre, continua l’impugnante, la Corte siciliana ha supportato la sua statuizione al riguardo con richiami ad arresti di legittimità lumeggianti il contrario di quanto dai Giudici sostenuto, posto che indicano come la volontà di regolarizzazione della situazione di possesso – oramai intervenuta l’usucapione – non rileva, sicché erroneamente la Corte nissena ha ritenuto la condotta della L.R. siccome inequivoco atto di riconoscimento del diritto altrui con gli effetti ex art. 2944 c.c..
La cesura mossa non coglie nel segno posto che si sostanzia nella ricostruzione dogmatica dell’istituto del riconoscimento del diritto altrui in relazione alla sua applicazione all’usucapione, quale evento incidente sul possesso, per sostanzialmente concludere che la condotta, individuata come riconoscimento dai Giudici di merito, non aveva carattere inequivoco a tal fine, ossia si fonda sul ricostruzione della valutazione delle prove al riguardo alternativa rispetto all’apprezzamento fattone dal Collegio nisseno.
Difatti la Corte siciliana al riguardo ha puntualmente richiamato gli elementi normativi a regolamento dell’istituto efficacemente sintetizzati nell’arresto sub Cass. sez. 2 n. 27170718 “…ma si richiede che il possessore, per il modo in cui questa conoscenza s’e’ rivelata o per i fatti in cui essa è implicita, esprima la volontà non equivoca di attribuire il diritto al suo titolare… la c.d. volontà attributiva… può normalmente desumersi dall’esser state intavolate trattative con i titolari del diritto di proprietà ai fini dell’acquisto a titolo derivativo, restando invece esclusa quando tali iniziative siano ispirate da diversa volontà di evitare lungaggini giudiziarie per l’accertamento dell’usucapione ovvero di prevenire in via conciliativa la lite”.
Quindi il Collegio nisseno ha ritenuto, sulla scorta della valutazione del compendio probatorio – specie per la reiterata nel tempo richiesta di acquisto dei beni oggetto di causa da parte della L.R. – configurata la fattispecie, ex art. 2944 c.c., interruttiva del decorso del tempus utile all’usucapione quale manifestazione del venir meno dell’animus possidendi piuttosto che una condotta lumeggiante la mera volontà di regolarizzare acquisito già intervenuto, come ancora ricorda il citato arresto di legittimità.
La censura mossa si fonda sulla mera contestazione della valutazione delle prove a tal fine operata dalla Corte territoriale, sicché non si configura il vizio di violazione di legge denunziato.
Con il terzo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle norme ex art. 1165,1167 e 2643 c.c., poiché il Collegio nisseno ha ritenuto elemento utile ad interrompere il tempus prescritto ex art. 1158 c.c. la manifestata volontà del suo titolare di conservare il diritto e ciò in contrasto con la disciplina positiva in tema di interruzione previsto ex art. 1167 c.c..
La censura rimane superata dalla soluzione adottata in ordine alla seconda doglianza, dianzi esaminata, poiché il passo ritrascritto nel ricorso, non già, rappresenta la ratio decidendi a sostegno della statuizione adottata sul punto – fondata invece sulla considerazione che vi fu riconoscimento del diritto altrui sulla scorta dell’esame testimoniale – bensì argomentazione aggiuntiva ultronea. Al rigetto del ricorso segue la condanna dell’ I. al pagamento delle spese di lite per questo giudizio di legittimità in favore delle consorti L., in solido fra loro, che si tassano in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense.
Concorrono i presupposti processuali per l’ulteriore versamento del contributo unificato, ove dovuto, da parte del ricorrente.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna l’ I. a rifondere alle consorti L., in solido fra loro, le spese di questa lite di legittimità, liquidate in Euro 1.700,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2001, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 17 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022