Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19629 del 04/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 04/08/2017, (ud. 06/07/2017, dep.04/08/2017),  n. 19629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20045-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA

SACCHETTI, n. 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO AMATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 272/1/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del VENETO, depositata il 18/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi ad unico motivo, nei confronti di F.A. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Veneto – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’ avviso di accertamento emesso D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38 e portante irpef ed altro per l’anno di imposta 2008 – aveva, in accoglimento dell’appello proposto dal contribuente e in riforma della sentenza di primo grado, annullato l’atto impositivo.

A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituali comunicazioni. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo, prospettante violazione di legge, è infondato alla luce dei principi espressi da questa Corte (cfr, Cass. n. 8995/2014 richiamata dalla successiva Cass. n. 25104/2014) la quale ha così chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38: “a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate al fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perchè in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente”.

2. La sentenza impugnata, la quale – con accertamento in fatto rimasto incontrastato – ha rilevato che il contribuente avesse dato prova della permanenza di disponibilità finanziaria nell’anno oggetto di accertamento, è conforme ai superiori principi.

3. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna dell’Agenzia delle entrate, soccombente, al pagamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione in favore della controricorrente delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 3.000 oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017

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