Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19627 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2010, (ud. 24/06/2010, dep. 16/09/2010), n.19627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Societa’ Le Vele Srl in liquidazione, in persona del liquidatore e

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Crescenzio n. 91, presso lo studio dell’Avv.to Lucisano Claudio che

la rappresenta e difende unitamente all’avv.to Francesco Bosco,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici e’ domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale Liguria n.

70/10/07;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. Giovanni Carleo.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il relatore ha depositato la seguente relazione: “1. La contribuente propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 70/10/07, depositata il 6.12.2007, con la quale e’ stato dichiarato inammissibile l’appello della stessa contribuente avverso la sentenza di primo grado della CTP di Savona con cui era stato parzialmente accolto il ricorso della contribuente avverso gli avvisi di accertamento Iva, Irpeg ed Irap 1998 e 1999. L’Agenzia delle entrate si e’ costituita con controricorso.

2) La ricorrente ha lamentato con la prima doglianza la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 deducendo che la CTR avrebbe errato nel dichiarare l’inammissibilita’ dell’atto di appello sul presupposto che le doglianze contenute nell’atto dovevano essere sviluppate….Nel caso in esame l’atto di appello conteneva specifiche censure alla sentenza di primo grado, censure individuate attraverso la formulazione dei motivi di impugnazione, sviluppati ulteriormente in sede di memorie e di discussione dell’atto di appello. La censura e’ inammissibile per difetto di autosufficienza del ricorso. Ed invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non puo’’ limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operativita’ di detta violazione. (Cass. n. 9076/06). Pertanto, nel caso di specie, la ricorrente, in virtu’ del principio di autosufficienza del ricorso, avrebbe dovuto assolvere l’onere di riportare – mediante l’integrale trascrizione – il contenuto delle ragioni su cui aveva fondato il suo appello al fine di consentire a questa Corte di verificare la specificita’ e la pertinenza delle censure formulate avverso la decisione di primo grado e di valutare l’erroneita’ o meno della decisione dei giudici di appello. Cio’, n quanto il ricorso per cassazione deve contenere in se’ tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza impugnata ed a consentire l’apprezzamento da parte del giudice di legittimita’ della fondatezza di tali ragioni.

E’ ugualmente inammissibile, sia pure per altra ragione, il secondo motivo di impugnazione, con cui la ricorrente si e’ limitato alla “riproposizione di tutti i motivi e di tutte le argomentazioni formulate dal ricorrente avverso l’avviso di accertamento di cui e’ lite. Il motivo, non accompagnato dal alcun quesito di diritto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, norma secondo la quale i motivi del ricorso per cassazione, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), devono essere accompagnati, a pena di inammissibilita’ – giusta la previsione dell’art. 375 c.p.c., n. 5 – dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, in una chiara sintesi logico – giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (Sez. Un. n. 23732/07) Si ritiene in conclusione che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto inammissibile;

considerato che il Collegio ha condiviso le considerazioni contenute nella relazione, ritualmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori;

ritenuto che nella specie difettano i requisiti indicati e che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; ritenuto che a tale declaratoria segue la condanna della ricorrente alle spese liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in Euro 9.600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

 

 

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