Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19626 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19626 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: GIUDICEPIETRO ANDREINA

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.12006/2011 R.G. proposto da
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata
dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente contro
D.M.P. s.r.I., in persona del I.r.p.t.;
– intimata-

avverso la sentenza n.39/21/10 della Commissione Tributaria Regionale
del Veneto, sezione staccata di Verona, depositata in data 8/3/2010 e non
notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 giugno 2018 dal
Consigliere dott.ssa Andreina Giudicepietro;

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Data pubblicazione: 24/07/2018

RILEVATO CHE:
1. l’ Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi contro la D.M.P. s.r.l.
per la cassazione della sentenza n.39/21/10 della Commissione Tributaria
Regionale del Veneto, sezione staccata di Verona, depositata in data
8/3/2010 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa

l’Ufficio aveva rettificato il reddito di impresa e ritenuto l’indeducibilità ai fini
Iva di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti relative all’acquisto
di autovetture e veicoli industriali, ha parzialmente accolto il ricorso della
società contribuente, limitatamente alla deduzione dei costi (euro
814.580,00 per l’anno 2003 ed euro 980.520,00 per l’anno 2004);
con la sentenza impugnata la C.T.R. del Veneto ha ritenuto che
sussistessero elementi gravi, precisi e concordanti sulla consapevolezza
della società di partecipare ad un’operazione inserita nell’ambito di una cd.
“frode carosello”, concludendo nel senso che era stato legittimamente
emesso l’avviso di accertamento relativamente al recupero dell’IVA;
il giudice di appello ha, invece, ritenuto la deducibilità dei costi indicati
“nella ricostruzione della contabilità” della società contribuente, che
risultava aver effettivamente acquistato le autovetture, “ovviamente con
l’eliminazione del passaggio intermedio della transazione”;
2. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, notificato in data
26/4/2001 e ricevuto dalla destinataria in data 3/5/2011, la società è
rimasta intimata;
3. il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del
27/6/2018 ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc.
civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016,
n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197;

CONSIDERATO CHE:
1.1. con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denunzia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 75 Tuir, 14, commi 4 e 4 bis, L. n.

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degli avvisi di accertamento per Iva, Irpeg ed Irap 2003 e 2004, con cui

537/93, 2 D.Lgs. n. 74/00 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1,
n.3, c.p.c.;
secondo la ricorrente il giudice di appello ha erroneamente riconosciuto
la deducibilità dei costi di acquisto dei beni, con riferimento alle operazioni
soggettivamente inesistenti, prescindendo completamente dallo stato
soggettivo dell’utilizzatore delle fatture, compartecipe di un illecito ;

giudice di appello ai fini dell’indetraibilità dell’Iva) di utilizzare fatture false,
a fronte della diversità del soggetto effettivamente cedente, non
consentirebbe di ritenere legittima la deduzione di un costo derivante da
un’operazione posta in essere mediante un comportamento illecito;
1.2. il motivo è infondato;
1.3. invero, “in tema di imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 14, comma
4 bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (nella formulazione introdotta
con l’art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile
2012 n. 44), che opera, in ragione del precedente comma 3, quale jus
superveniens con efficacia retroattiva in bonam partem, sono deducibili i
costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una
“frode carosello”), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche
nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle
operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività,
inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di
costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un
delitto non colposo. (Nella specie la S.C. ha stabilito che, in relazione ai
costi sostenuti per l’acquisto di molluschi, utilizzati non per commettere
reati, bensì per essere commercializzati, doveva accertarsi in sede di merito
se fossero stati effettivi e correttamente imputati al conto economico
dell’esercizio di competenza, ai fini della loro deducibilità, a prescindere
dall’eventuale falsità ideologica delle relative fatture)” (Cass. sent. n.
26641/2014);
sul punto questa Corte ha già avuto occasione di rilevare (Cass. sent.
n.21633/2016) che, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, i
beni acquistati – di regola (e salvo il caso, ad esempio, in cui il “costo” sia

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la consapevolezza da parte della società contribuente (riconosciuta dal

consistito nel “compenso” versato all’emittente il falso documento) – non
sono stati utilizzati direttamente per commettere il reato ma, salvo prova
contraria, per essere commercializzati;
secondo la normativa in materia (14, commi 4 e 4 bis, L. n. 537/93 ed
art. 6 Tuir), non è più sufficiente il coinvolgimento, anche consapevole,
dell’acquirente in operazioni fatturate da soggetto diverso dall’effettivo

relativi a dette operazioni;
ai sensi della normativa citata, il presupposto di fatto della non
deducibilità dei costi è quello di beni o servizi “direttamente utilizzati per il
compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il
quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque,
qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi
dell’articolo 424 del codice di procedura penale ovvero sentenza di non
luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 dello stesso codice fondata sulla
sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’articolo 157 del
codice penale”;
con riferimento al caso di specie, non risulta un accertamento di fatto
nei sensi indicati dalla previsione normativa, per cui non ricorre, in via
astratta, il presupposto della non deducibilità dei costi;
2.1. con il secondo motivo, la ricorrente denuncia l’insufficiente
motivazione su di un fatto decisivo e controverso, in relazione all’art. 360,
comma 1, n. 5, c.p.c.;
in particolare, l’Agenzia ricorrente lamenta il mancato esame di
circostanze, dedotte e provate dall’Ufficio, sull’artificioso aumento dei costi,
dovuto ai passaggi intermedi della merce, da valutarsi congiuntamente alle
risultanze bancarie, che evidenziavano una restituzione in nero di somme
dalle società cartiere alla società contribuente;
2.2. il motivo è fondato e va accolto;
2.3. invero, una volta ritenuta insussistente l’indeducibilità dei costi per
il solo collegamento ad operazioni soggettivamente inesistenti, resta,
comunque, ferma la necessità della verifica della concreta deducibilità dei
costi stessi in relazione ai requisiti generali di effettività, inerenza,

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venditore perché non siano deducibili, ai fini delle imposte sui redditi, i costi

competenza, certezza, determinatezza o determinabilità (Cass. 18 giugno
2014, n. 13800; 30 ottobre 2013, n. 24426; 20 giugno 2012, n. 10167);
la motivazione della sentenza impugnata sul punto appare carente,
perché, a fronte delle circostanziate contestazioni dell’Agenzia delle Entrate,
il giudice di appello non chiarisce sulla base di quali elementi ha ritenuto di
poter ammettere la deducibilità dei costi, secondo gli importi indicati nelle

rilievi dell’Amministrazione (l’artificioso aumento dei costi, dovuto ai
passaggi intermedi della merce, e le risultanze bancarie, che evidenziavano
una restituzione in nero di somme dalle società cartiere alla società
contribuente), che riguardano la loro entità (quindi l’effettività, certezza,
determinatezza o determinabilità);
in accoglimento del secondo motivo di ricorso la sentenza impugnata va
cassata con rinvio alla C.T.R. del Veneto,. staccata di Vero -n-rg in diversa
composizione, che provvederà alla determinazione degli eventuali costi
deducibili, adeguatamente motivando in ordine al loro importo, tenendo
conto delle specifiche contestazioni dell’Agenzia delle entrate, decidendo
anche sulle spese del giudizio di legittimità;

P.Q.M.
La Corte, rigettato il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo; cassa
la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche sulle
spese del giudizio di legittimità, alla C.T.R. del Veneto, t.g-ez. staccata do
in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il giorno 27 giugno 2018
Il Pres dent

scritture contabili della società, senza tenere in alcun conto gli specifici

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