Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19625 del 09/07/2021

Cassazione civile sez. I, 09/07/2021, (ud. 19/05/2021, dep. 09/07/2021), n.19625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21684/2020 proposto da:

O.W., elettivamente domiciliato in Roma Viale AngElico 38,

presso lo studio dell’avvocato Roberto Maiorana, che lo rappresenta

e difende, in forza di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione

Internazionale Roma, Ministero dell’Interno 8;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2553/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/05/2021 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, O.W., cittadino della Nigeria, ha adito il Tribunale di Roma, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente, cittadino nigeriano, di etnia edo e religione cristiano pentecostale, aveva riferito di essere nato e vissuto a Benin City in Edo State; di aver lavorato come posatore di pavimenti; di essere orfano di padre e di avere in Nigeria la madre e una sorella minore; di non essere sposato e non avere figli; di aver lasciato il proprio Paese il 14/2/2016 alla volta della Libia e poi dell’Italia; che dopo la morte del padre, appartenente alla setta (OMISSIS), alcune persone gli avevano chiesto di prendere il posto del genitore e di aver sempre rifiutato perché cristiano; che per il suo rifiuto era stato ferito al sopracciglio con un coltello e minacciato di morte; di aver perciò deciso di lasciare la Nigeria.

Con ordinanza del 19/7/2019 il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. L’appello proposto da O.W. è stato rigettato dalla Corte di appello di Roma con sentenza del 28/5/2020.

3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso O.W., con atto notificato il 27/7/2020 svolgendo due motivi. L’intimata Amministrazione dell’Interno non si è costituita.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3,4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonché difetto di motivazione e travisamento dei fatti.

Il motivo è inammissibile poiché il ricorrente lamenta la mancata concessione della richiesta protezione umanitaria e l’omissione del doveroso giudizio di bilanciamento, con riferimento a una congerie di norme indistintamente e promiscuamente richiamate che nulla hanno a che vedere con l’istituto oggetto della doglianza (la protezione umanitaria).

In ogni caso, quanto all’assunto che la Corte di appello avrebbe omesso di considerare la situazione generale della Nigeria per valutare comparativamente le condizioni di vita del ricorrente in caso di rientro con quelle raggiunte in Italia, la censura non tiene conto del fatto che la Corte di appello ha escluso la credibilità del narrato e comunque la sua riconducibilità ad una situazione meritevole di protezione e ha comunque esaminato approfonditamente (alle pagine 8 e 9 della sentenza impugnata), alla luce di fonti internazionali consultate e citate, un rischio indotto dalle condizioni generali del Paese di provenienza.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente lamenta la mancata concessione della protezione ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in presenza di seri motivi di carattere umanitario, e ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del divieto di espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo Paese di origine o che possa ivi correre gravi rischi e lamenta omessa valutazione delle fonti informative sulla situazione del Paese di origine, omessa applicazione dell’art. 10 Cost. e omesso esame delle condizioni personali del richiedente per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione fra la condizione raggiunta in Italia e quella del Paese di provenienza.

La Corte di appello ha proceduto al necessario giudizio di bilanciamento in modo approfondito e motivato a pagina 11 della sentenza impugnata, comparando la situazione che attenderebbe il ricorrente in caso di rimpatrio in un Paese ove ha relazioni familiari e ha esercitato un mestiere, con quella italiana, ove non risultano lavoro, abitazione ed affetti stabili.

A fronte di questa precisa valutazione, il ricorrente propone una critica di puro merito, oltretutto estremamente generica e invoca una inammissibile considerazione delle condizioni generali di vita in Nigeria, priva di ogni dimensione individualizzante.

3. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile. Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’Amministrazione.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2021

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