Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19624 del 26/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 26/09/2011, (ud. 28/06/2011, dep. 26/09/2011), n.19624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA

4, presso lo studio dell’avvocato TERZOLI VIRGILIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIERPAOLI GIULIANO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ZETAQUATTRO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore,, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA I BOCCA DI LEONE 78

(STUDIO BDL), presso lo studio dell’avvocato CINELLI MAURIZIO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 312/2008 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 18/06/2008 r.g.n. 171/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato PIERPAOLI GIULIANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Ancona, R.C. esponeva di aver lavorato alle dipendenze della S.r.l. ZETAQUATTRO dal 13.1999 al 30.9.2001 con mansioni di addetto alle vendite e commesso, dal lunedì al venerdì, con orario dalle 8 alle 12,30 e dalle 15 alle 19,30, ed il sabato dalle 8,30 alle 12,30, all’interno del luogo di vendita, attendendo l’arrivo dei clienti che gli chiedevano la merce.

Una volta a settimana, di regola il giovedì, esso ricorrente aveva provveduto alla consegna della merce ordinata dai vari clienti, e in quelle occasioni, su disposizione del datore di lavoro, egli aveva incassato il relativo prezzo, poi consegnato al medesimo.

Lamentava il mancato pagamento della tredicesima e quattordicesima mensilità, del corrispettivo dello straordinario e del TFR., chiedendo la relativa condanna della datrice di lavoro.

La società convenuta resisteva alla domanda, chiedendone il rigetto.

A suo dire, fino all’ottobre 2001 il ricorrente era stato socio della RUSI rappresentanze S.n.c. di RUFFINO CLAUDIO e SILVI PIETRO che, a decorrere dal 1 maggio 1999, aveva instaurato un rapporto di agenzia con la ODb Tex S.r.l., che aveva avuto corso fino a quando tale ultimo sodalizio, il 30 dicembre 2000, aveva cessato la propria attività, trasferendo l’azienda ad essa S.r.l. ZETAQUATTRO. Inoltre, sempre sulla base dell’assunto della resistente, il R. era stato socio della ELMC di SILVI PIETRO e C. s.a.s., la quale, venutasi a trovare in condizioni di dissesto, nel 1999, al fine di evitare il fallimento, aveva dato in locazione il ramo di azienda relativo all’esercizio commerciale alla ODB Tex Srl., aprendo in seguito la procedura del concordato preventivo. In detto contratto di locazione si era convenuto che la società ELMC avrebbe proseguito la vendita dello stock residuo di articoli di sua proprietà nei medesimi locali e la S.r.l. ODB Tex avrebbe potuto contestualmente procedere alla vendita al dettaglio anche della propria merce, stipulando con la ELMC un contratto di agenzia con deposito.

In seguito la ELMC aveva concluso con la ODB Tex un contratto di vendita di ramo di azienda per la vendita al dettaglio di prodotti tessili.

Dal dicembre 2000 e sino al settembre 2001 la ZETAQUATTRO, subentrata alla ODB. Tex Srl, aveva proseguito l’attività di vendita, usufruendo dell’attività di promozione del R. quale socio della RUSI snc., adeguatamente remunerata.

Deduceva in sostanza che i ricorrente aveva svolto attività di lavoro autonomo e non subordinato, in conformità ai contratti di commissione, agenzia e cessione di ramo di azienda, volta per volta stipulati. Con la conseguenza che nulla poteva pretendere per la presunta attività di lavoro subordinato.

Con sentenza del 30 dicembre 2005, il Tribunale respingeva il ricorso.

Proponeva appello il R., resisteva la società Zetaquattro.

Con sentenza del 18 giugno 2008, la Corte d’appello di Ancona, respingeva il gravame, condannando il R. al pagamento delle spese di lite.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il R., affidato ad unico motivo.

Resiste la società Zetaquattro con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo, il R. denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 2094 c.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto inesistente il dedotto rapporto di lavoro subordinato con la società Zetaquattro.

Al riguardo esponeva nuovamente i fatti di causa, e riportava le deposizioni di tre testimoni, chiedendo alla Corte, ex art. 366 bis c.p.c., se il rapporto di lavoro tra le parti doveva intendersi o meno subordinato.

Il motivo, e con esso l’intero ricorso, è inammissibile, chiedendosi puramente e semplicemente alla Corte una nuova valutazione dei fatti di causa (ex plurimis, Cass. 26 marzo 2010 n. 7394, Cass. 8 aprile 2008 n. 10203), come del resto evincesi anche dal quesito di diritto formulato che, parimenti inammissibilmente, si limita a chiedere alla Corte se il rapporto lavorativo dedotto sia o meno subordinato.

A tale ultimo riguardo è sufficiente osservare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;

b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare a caso di specie. E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge (ex multis, Cass. 17 luglio 2008 n. 19769).

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2011

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