Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19621 del 24/05/2010

Cassazione civile sez. II, 24/05/2010, (ud. 29/04/2010, dep. 24/05/2010), n.12621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.T.G., (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MONTE SANTO 25, presso lo studio

dell’avvocato PATERNO’ RADDUSA PIETRO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.A.S. VIETA QUINTO & FIGLI DI VIETA CARLO & C, in persona

del legale

rappresentante pro tempore Sig.ra V.C.

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO

CAVALLINI 21, presso lo studio dell’avvocato VANZETTA FRANCESCO, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 447/2004 del TRIBUNALE di IVREA, depositata il

03/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2010 dal Consigliere Dott. PICCIALLI Luigi;

udito l’Avvocato VANZETTA Francesco, difensore della resistente che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 26.6.02 R.T.G. cito’ davanti al Giudice di Pace di Ivrea la societa’ “Vieta Quinto & Figli s.a.s. di Vieta Caterina & C.”,per conto della quale assumeva di aver eseguito lavori in subappalto nel corso del 1993, relativi alla posa di grondaie in alcuni cantieri,al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di L. 5.000.000, comprensiva di capitale, rivalutazione monetaria ed interessi legali. Costituitasi la convenuta, eccepi’ che nessuno dei lavori in questione era stato eseguito in quell’anno e che comunque ogni eventuale credito sarebbe stato prescritto. All’”esito di istruttoria orale e documentale, con sentenza del 12.1.04 il giudice suddetto accolse la domanda in misura di Euro 2.104,14, oltre interessi e rivalutazione e con il favore delle spese. Ma a seguito dell’appello della soccombente, resistite dall’appellato, il Tribunale di Ivrea, con sentenza monocratica del 3.11.04, in riforma di quella impugnata, rigettava del tutto la domanda, condannando l’attore alle spese di secondo grado e compensando quelle del primo. Tali, in sintesi, le ragioni della suddetta decisione:

a) tenuto conto della precisa collocazione cronologica della causale della domanda, successivamente anche ribadita negli scritti difensivi, il giudice di primo grado avrebbe dovuto limitarsi ad accertare se effettivamente l’attore avesse eseguito lavori per conto della convenuta nell’anno 1993;

b) le risultanze istruttorie,segnatamente testimoniali, non avevano comprovato l’esecuzione di opere eseguite in quell’anno, bensi’ di epoca anteriore, come pur aveva dato atto il primo giudice, pur senza trame le dovute conseguenze;

c) non essendovi stata alcuna accettazione del contraddittorio in ordine a pretese derivanti da tali prestazioni, la domanda, anche indipendentemente dall’eccezione di prescrizione, non avrebbe dovuto essere accolta.

Contro tale sentenza il R.T. ha proposto ricorso per Cassazione, deducente un unico motivo, articolato su due profili; ha resistito l’intimata con controricorso, illustrato con successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente deduce violazione – falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. e motivazione insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia”.

Si lamenta, anzitutto, che il giudice di appello abbia indebitamente ascritto rilevanza al dato cronologico, circoscrivendo la tematica del giudizio all’accertamento di opere eseguite nel 1993, per il solo fatto che la fattura era stata emessa in quell’anno, senza tener conto delle risultanze documentali, in particolare dei contratti intervenuti negli anni 1990, 1991 e 3992 tra alcuni Comuni e la societa’ convenuta, dai quali avrebbe potuto desumersi “il periodo temporale dei predetti lavori al piu’ collocabili alla fine del 1992, ma sicuramente non nel 1989, come affermato dalla controparte.

Il giudice di appello, nell’escludere, contro l’evidenza, che i lavori erano stato eseguiti ed i relativi crediti non prescritti, sarebbe anche incorso nel malgoverno delle risultanze testimoniali, non tenendo conto di quelle addotte dalla parte attrice, tra cui quella di tale Ra., ed attribuendo credito solo a quelle procurate dalla convenutala cui quella resa da tale P.F., la cui valutazione d’inattendibilita’ espressa dal primo giudice era motivata dal contrasto con tutte le altre testimonianze, mentre quella resa da tale V.Q. era inattendibile, perche’ proveniente da un socio della s.a.s convenuta. Il mezzo d’impugnazione e’ inammissibile sotto ogni profilo.

Con riferimento all’assunto malgoverno del principio di corrispondenza tra domanda e decisione, dettato dall’art. 112 c.p.c., le censure, palesemente generiche ed in massima parte in conferenti, non attaccano l’essenziale ratio decidendi esposta dal giudice di appello, il quale ha evidenziato, con riferimento a specifici atti e comportamenti processuali dell’attore come la domanda fosse stata proposta e ribadita con precisa ed esclusiva attinenza, nell’ambito dei pur risalenti e continuati rapporti di lavoro tra le parti, ad opere eseguite nel corso del 1993, sicche’ l’accoglimento della pretesa di pagamento, a fronte di prove relative a prestazioni eseguite in epoca antecedente, si sarebbe inevitabilmente risolta nel vizio di extrapetizione, finendo con l’attribuire alla parte istante un pagamento dei crediti non azionati in quella sede.

Conseguentemente sterili, oltre che in fatto, laddove propongono la valutazione di elementi presuntivi da cui far discendere che, comunque, i lavori sarebbero stati eseguiti nel 1993, risultano i profili di censura con i quali si lamenta che il giudice di appello avrebbe dovuto interpretare ed accogliere con maggiore elasticita’ la domanda, con l’evidente rischio, oltretutto, di attribuire somme gia’ pagate o relative a crediti prescritti.

Le esposte considerazioni esimono pertanto dalla disamina delle rimanenti parti del mezzo d’impugnazione, laddove con richiamo alle risultanze testimoniali e documentali (peraltro non puntualmente riportate, come prescritto da principio di autosufficienza), si pretenderebbe un riesame in questa sede degli accertamenti di fatto, gia’ adeguatamente compiuti in sede di merito in funzione di causali di pagamento diverse,anche se analoghe, rispetto a quelle dedotte nell’originaria domanda.

Il ricorso va conclusivamente respinto, con conseguente condanna del soccombente alle spese.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della resistente, delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.500,00 di cui 200,00 per esborsi.

Cosi’ deciso in Roma, il 29 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2010

 

 

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