Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19620 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/07/2019, (ud. 18/04/2019, dep. 19/07/2019), n.19620

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5027-2018 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (OMISSIS), in persona del

Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOEZIO 14,

presso lo studio dell’avvocato ITRI GIUSEPPE, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato BARRA ANTONIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7102/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA

PAOLO.

Fatto

CONSIDERATO

Che:

B.G. conveniva la Presidenza del consiglio dei ministri, nonchè i Ministeri dell’economia, dell’università e della salute, esponendo di aver frequentato un corso di specializzazione medica, in tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio, per quattro anni accademici tra il 1985 e il 1989, chiedendo la condanna dello Stato italiano al pagamento di una somma equivalente alla giusta retribuzione non percepita per il periodo di frequenza della scuola, quale infine prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991 n. 257, in tardiva e incompleta attuazione delle direttive CEE n. 75/362, 75/363, 82/76, 93/16;

per quanto qui ancora rileva, il tribunale accoglieva la domanda nei confronti dei soli Ministeri e la corte di seconde cure, pronunciando sul gravame principale delle amministrazioni, che deducevano l’illegittimità dell’applicazione retroattiva del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonchè su quello incidentale avente ad oggetto la richiesta di condanna a titolo e in forma più compiutamente risarcitori, dichiarava:

– la tardività dell’appello incidentale;

– l’inammissibilità dell’appello della Presidenza del consiglio perchè non soccombente in prime cure;

– la fondatezza dell’appello delle amministrazioni ministeriali poichè non era applicabile retroattivamente la disciplina legislativa del 1991 e perchè l’attore non aveva provato la frequenza del corso di specializzazione continua ed esclusiva;

Bianchino proponeva ricorso in sede di legittimità e questa Corte, con la sentenza n. 23603 del 2013, lo accoglieva, osservando che:

– la mancata trasposizione, nel termine prescritto, della direttiva 82/76/CEE, aveva determinato in capo alla Stato italiano e in favore dei soggetti che avessero frequentato corsi di specializzazione medica dal 1 gennaio 1983 sino all’anno accademico 1990-1991, una responsabilità per inadempimento di obbligazione “ex lege”, per non aver assicurato, in relazione alle specializzazioni contemplate negli elenchi degli artt. 5 della direttiva 75/362, le modalità di svolgimento di detti corsi secondo quanto stabilito dalla direttiva 82/76/CEE, in condizioni tali che, se quest’ultima fosse stata tempestivamente e correttamente adempiuta, i frequentanti avrebbero acquisito il diritto all’adeguata remunerazione, sicchè, anche lo specializzando che avesse frequentato il corso di specializzazione nel periodo ricompreso tra la scadenza del termine per l’adeguamento della legislazione nazionale e l’entrata in vigore della normativa del 1991, aveva diritto al risarcimento del danno da mancata remunerazione;

-lo specializzando era inoltre tenuto a dimostrare, quale fatto costitutivo del danno evento costituito dalla perdita dell’adeguata remunerazione, solo la mera frequenza di un corso ricadente negli elenchi predetti, potendo le concrete modalità di svolgimento del corso stesso venire in rilievo, al più, quali circostanze incidenti sulla quantificazione del pregiudizio, sicchè la motivazione della corte di merito sul punto, era erronea oltre che generica e apodittica, al punto da doversi ritenere meramente apparente;

in sede di rinvio la corte territoriale accoglieva la domanda attorea

liquidando, a carico della sola Presidenza del consiglio dei ministri, la somma stabilita, annualmente, dal D.Lgs. n. 257 del 1991 e non quella L. n. 370 del 1999, ex art. 11, come richiesto dalla difesa erariale, in quanto ritenuta domanda nuova;

avverso questa decisione ricorre per cassazione la Presidenza del consiglio dei ministri, formulando tre motivi;

resiste con controricorso B.G..

Diritto

RILEVATO

Che:

con il primo motivo di ricorso si prospetta il vizio processuale in cui sarebbe incorsa la corte territoriale ritenendo nuova la domanda di liquidazione ex L. n. 370 del 1999, poichè la contestazione dell’illegittima applicazione retroattiva del D.Lgs. n. 257 del 1991, effettuata in sede di appello, avrebbe comportato anche la censura sul “quantum”, fermo restando che, in quella fase processuale, era stato dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del consiglio, mentre le altre amministrazioni erano restate vincitrici;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2909, c.c., nonchè del D.Lgs. n. 257 del 1991 e della L. n. 370 del 1999, poichè la corte di appello avrebbe errato nel condannare la Presidenza che invece era stata ritenuta priva di legittimazione passiva senza successiva impugnazione sul punto e, quindi, con giudicato interno ostativo;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116, c.p.c., e art. 2043, c.c., nonchè del D.Lgs. n. 257 del 1991 e della L. n. 370 del 1999, poichè la quantificazione della spettanza, se ritenuta tale, avrebbe dovuto essere parametrata alla normativa del 1999 richiamata, come da costante nomofilachia;

Rilevato che:

va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal controricorrente perchè, in particolare, la difesa erariale non ha riportato specificatamente il contenuto del suo atto di appello, posto che risulta irrilevante all’esito di quanto si sta per dire;

il secondo motivo, da esaminare prioritariamente rispetto agli altri per ragioni logiche, è infondato posto che questa Corte, con la decisione cassatoria del 2013 di cui in parte narrativa, ha statuito la responsabilità dello Stato, che correttamente la corte territoriale ha individuato nella Presidenza del consiglio dei ministri (Cass., Sez. U., 27/11/2018, n. 30649);

il primo e terzo motivo sono fondati per quanto di ragione;

questa Corte ha chiarito, in argomento, che “quanto al criterio di liquidazione del danno…premesso che la C.G.U.E., tanto nella sentenza del 25/2/1999 quanto nella (in gran parte reiterativa) recente sentenza del 24/1/2018, non ha incluso tra i principi interpretativi vincolanti alcun riferimento all’una o all’altra delle due fonti normative interne sopra richiamate, avendo piuttosto rimesso al giudice nazionale la determinazione della misura dell’indennizzo, è sufficiente qui fare rinvio alla giurisprudenza consolidata delle sezioni semplici ed alle ampie motivazioni che la sostengono (cfr. tra molte: Sez.3 n. 3972 del 12; n. 1917 del 12; n. 17682 del 11), convergenti nell’individuare nella “aestimatio” del danno effettuata, sia pure limitatamente a coloro che avevano adito vittoriosamente il giudice amministrativo, dallo Stato italiano con la L. n. 370 del 1999, art. 11, il riferimento normativo più prossimo alla fattispecie in esame. Alla quale non può applicarsi il disposto del D.Lgs. n. 257 del 1991 di trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive in questione, destinato a regolare le situazioni future (a partire dall’anno accademico 1991/1992), peraltro prevedendo condizioni di frequenza dei corsi diverse e più impegnative di quelle al cui rispetto erano stati tenuti …(coloro) che avevano frequentato le scuole nel periodo precedente” (Cass., Sez. U., 27/11/2018, n. 30649, che così riprendono Cass., 10/07/2013, n. 17068, specialmente pag. 11, punto 6.2., e precisano Cass., 31/05/2018, n. 13759);

ciò posto, è evidente che, nell’ipotesi, non vi era necessità di autonomo motivo di appello, posto che, essendo intervenuta la suddetta “aestimatio” legislativa, la correlata quantificazione è un giudizio “in iure” attinente alla misura della fondatezza dell’originaria domanda attorea;

non essendo necessari altri accertamenti, la causa può essere decisa nel merito come da dispositivo;

spese compensate stanti le progressive stabilizzazioni della nomofilachia.

P.Q.M.

La Corte rigetta il secondo motivo, accoglie per quanto di ragione il primo e il terzo, cassa in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie la domanda di B.G. condannando la Presidenza del consiglio dei ministri alla corresponsione in suo favore della somma di Euro 26.927,76, oltre interessi legali dal 29 novembre 1995 al saldo.

Spese compensate per l’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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