Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1962 del 29/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/01/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 29/01/2020), n.1962

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. DI NAPOLI Marco – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21165/2014 R.G. proposto da:

INTERNATIONAL COMS s.p.a. in persona del suo legale rappresentante

pro tempore rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv.

prof. Gianfranco Gaffuri (con indirizzo PEC

gianfranco.gaffuri.cert.ordineavvocatimilano.it) e dall’avv. prof.

Francesco D’Ayala Valva (con indirizzo PEC

francescodayalavalva.ordineavvocatiroma.org) con domicilio eletto

presso il quest’ultimo in Roma, viale Parlò n. 43;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 1417/34/14 depositata il 19/03/2014, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/11/2019 dal Consigliere Roberto Succio;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto

Procuratore Generale Tommaso Basile che ha chiesto il rigetto del

ricorso;

udito l’avvocato prof. Gianfranco Gaffuri che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso e l’avvocato dello Stato Valenzano

Emanuele che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con distinti avvisi di accertamento per gli anni 2006, 2007 e 2008 l’Ufficio rettificava le corrispondenti dichiarazioni della società ricorrente richiedendo le maggiori imposte IRES ed IRAP, i connessi interessi e le conseguenti sanzioni di legge.

Le pretese dell’Ufficio si fondavano sulle risultanze di una verifica fiscale della GdF scaturita a seguito di indagini penali nei confronti di G.G.; a seguito dei rapporti con costui riteneva l’Amministrazione Finanziaria che la società avesse annotato nella propria contabilità e conseguentemente esposto in conto economico e nella dichiarazione reddituale fatture per operazioni inesistenti emesse dalla società FIBERT GMBH.

Gli avvisi di accertamento, impugnati dalla società contribuente, erano annullati dalla CTP di Milano.

L’Erario appellava di fronte alla competente CTR, che accoglieva il gravame e confermava la legittimità degli atti impugnati.

Ricorre a questa Corte la società con atto affidato a otto motivi e debitamente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del principio che ne deriva secondo il quale l’Ufficio e il giudice non possono prescindere dal contenuto dell’atto impugnato nè integrarlo, con conseguente violazione e falsa applicazione anche del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, commi 1, 2 e 3, convertito in L. n. 44 del 2012, in riferimento alla distinzione di disciplina ed effetti tra la inesistenza soggettiva e quella oggettiva delle fatture e delle prestazioni contestate dall’Erario, per avere la CTR ritenuto autonomamente che nel presente caso di trattasse di inesistenza oggettiva, integrando così in modo inammissibile l’atto impugnato.

Il motivo è inammissibile.

Invero, per consentire a queste Corte di verificare adeguatamente in quali termini sia stata contestata (se oggettiva o soggettiva) l’operazione oggetto di controllo, era onere del ricorrente – nel rispetto del canone dell’autosufficienza – trascrivere in ricorso l’avviso di accertamento; nondimeno andavano trascritte le parti del ricorso di primo grado di fronte alla CTP nel quale la questione era posta e delle controdeduzioni in appello onde dar conto della tempestiva formulazione dell’eccezione.

In alternativa, poteva indicarsi per ciascuno degli atti ridetti il locus processuale del suo ingresso nella causa.

Sul punto, questa Corte è ferma nel ritenere (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; conf. Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 18679 del 27/07/2017) che il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione.

In ogni caso, il motivo è anche infondato, avendo la CTR con accertamento di fatto chiarito come risulti dall’avviso di accertamento che la contestazione dell’Agenzia delle Entrate e la difesa della contribuente riguardassero, in concreto, un caso di operazioni ritenute oggettivamente inesistenti.

Il secondo motivo censura la sentenza della CTR per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 16 del 2014, art. 8, (rectius 2012) convertito in L. n. 44 del 2012 per avere il giudice dell’appello ritenuto oggettivamente inesistenti le fatture contestate, da un lato, disconoscendo la deduzione dei costi, senza peraltro, dall’altro lato, escludere la rilevanza imponibile dei ricavi e del reddito conseguentemente derivatone.

Il motivo è privo di fondamento.

Ed infatti, occorre infatti evidenziare che non c’è simmetria, nè automatismo biunivoco tra costi per acquisti inesistenti e ricavi dichiarati. Ai sensi del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 2, convertito in L. n. 44 del 2012 (secondo il quale “non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati”), disposizione sopravvenuta ma applicabile retroattivamente in quanto più favorevole del previgente art. 4 bis della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, spetta al contribuente provare la specifica relazione di diretta afferenza tra i componenti positivi (ricavi) ed i componenti negativi relativi a beni non effettivamente scambiati (sul punto, vedasi già Cass. sentenza n. 7896 del 20/04/2016).

Il terzo motivo si incentra sulla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 20 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1 e art. 12, comma 2, per avere erroneamente la CTR ritenuto noti al contribuente i termini fondanti la pretesa di maggiori imposte, interessi e sanzioni per effetto del procedimento penale a carico dei soci, legali rappresentanti della società.

Il motivo è privo di fondamento.

Come è agevole desumere dalla lettura della sentenza impugnata, il giudice meneghino di secondo grado ha per vero ritenuto (1 capoverso di pag. 4) che i documenti utili per la difesa della società contribuente erano inclusi nel PVC, il quale è stato regolarmente notificato).

Pertanto, non risponde a verità che solo tramite il procedimento penale la società, tramite i propri legali rappresentanti, sia venuta a conoscenza di quanto oggetto del controllo, avendo la stessa formalmente correttamente ricevuto la notifica dal PVC, oltre che dell’avviso di accertamento con il quale la pretesa era pure altrettanto formalmente e qui in ogni aspetto, anche motivazionale – compiutamente manifestata.

Il quarto motivo di ricorso censura la gravata sentenza per violazione e falsa applicazione del principio desumibile dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, relativo all’insufficienza probatoria di qualsiasi dichiarazione resa da terzi, per avere la CTR fondato la propria decisione sulle dichiarazioni rese nel corso del procedimento penale dal G..

Tal mezzo è strettamente connesso sia con il quinto motivo, incentrato sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., con il quale si censura la pronuncia di secondo grado per non aver indicato, oltre alle dichiarazioni del G., altre circostanze di fatto probatoriamente rilevanti, sia con il sesto motivo che denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo dedotto nei giudizi precedenti, vale a dire l’avvenuta produzione di un dossier documentale contenente gli ordini delle forniture, le conferme d’ordine, le lettere di vettura internazionali emesse da trasportatori terzi, i cartellini delle pesature, i mezzi di pagamento bancari e talune lettere di contestazione riguardanti peso e qualità della merce: sostiene qui il contribuente che la CTR non avrebbe in alcun modo – pure riconoscendo che sarebbe bastato poco per fornire un principio di prova contrario – esaminato tal documentazione, il cui contenuto era tale da divenire decisivo ai fini della risoluzione della controversia.

Dal loro esame congiunto, i motivi quarto, quinto e sesto risultano all’evidenza fondati.

Va premesso che il contenuto di alcuni documenti è correttamente trascritto in ricorso ai fini dell’autosufficienza a pag. 36, 37, 38, nelle quali si riporta adeguatamente la parte di ricorso introduttivo del giudizio di primo grato che li illustrava in quella sede processuale.

Invero, la CTR non risulta minimamente, e neppure implicitamente, essersi confrontata con tali documenti – costituenti certo non prova ma altrettanto certamente informativa e dichiarazione di terzi – dei quali invero da un lato si attendeva la produzione (sottolineando come sarebbe stato non complesso nè eccessivamente oneroso rispondere sul piano probatorio alle deduzioni dell’Ufficio) e di fronte ai quali – una volta versati essi in atti – non ha minimamente preso posizione, neppure implicitamente, dimostrando quindi di averne illegittimamente e completamente ignorato l’esistenza, pretermettendo un fatto processuale la cui disamina ben avrebbe potuto portare un giudice attendo a conclusioni del tutto opposte.

Invero, come questa Corte ha ritenuto (e pluribus Cass. n. 5374/2017) la prova presuntiva presuppone una valutazione analitica delle risultanze processuali, che impone anche il precedente esame – necessariamente altrettanto analitico – del “quadro indiziario”.

Il settimo motivo censura la gravata sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c. per non avere la CTR deciso sulla scorta delle produzioni documentali del contribuente, per giunta non contestate dall’Ufficio. Il motivo è infondato.

Com’è noto, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all’apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la -sua scienza personale (Cass. 11 ottobre 2016, n. 20382, seguita da Cass. 28 febbraio 2018, n. 4699). Nel caso in esame, come si è già detto, la CTR ha esclusivamente preso in considerazione la documentazione prodotta dall’Ufficio mentre ha totalmente – e parrebbe anche programmaticamente – omesso di scrutinare tutta la documentazione prodotta dal contribuente. Il giudice del merito è totalmente venuto meno al proprio compito di porre a fondamento della decisione le prove offerte dalle parti, in relazione ai caratteri della fattispecie dedotta in giudizio.

Conseguentemente, la sentenza va cassata limitatamente ai motivi oggetto di accoglimento e rinviata alla Commissione meneghina di seconde cure per nuovo esame.

Alla luce della decisione sui motivi che precedono, l’ottavo motivo di ricorso risulta assorbito in quanto divenuto irrilevante ai fini del decidere.

P.Q.M.

accoglie il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso; rigetta il primo, il secondo, il terzo e il settimo motivo di ricorso; dichiara assorbito l’ottavo motivo; cassa la sentenza impugnata limitatamente ai motivi accolti e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020

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