Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1962 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 1962 Anno 2014
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 8587-2008 proposto da:
GEMSAUTO

S.r.l.,

P.Iva

02438670750,

in

persona

dell’Amministratore Unico e Legale rappresentante
Dott. Emanuele DE MARIA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE ADRIATICO 23, presso lo studio
dell’avvocato RICCI RENATO, rappresentata e difesa
dall’avvocato DE MARINI MARCELLO;
– ricorrente contro

MAURO CLAUDIO, LUNA FERNANDO, Amministrazione del
fallimento di COSTA AURELIO, in persona del Curatore,;

Data pubblicazione: 29/01/2014

- intimati

avverso la sentenza n. 690/2007 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 30/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

MAZZACANE;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto dell’11-4-1997 Claudio Mauro, premesso di avere acquistato in data 15-2-1996 dalla s.r.1
Gemsauto l’autovettura Lancia Tema TD SW tg. TN535009 per il prezzo interamente corrisposto di
lire 10.500.000, esponeva di aver appurato, a distanza di qualche mese, in occasione di alcune

quello originale; aggiungeva che il mezzo era stato sottoposto a sequestro dalla P.S. di Gallipoli il
10-3-1997 in quanto il “numero del motore 2209 — 148A con il tipo di motore N8144 non

corrispondeva ai numeri siti sulla carta di circolazione”.

L’attore conveniva quindi in giudizio la Gemsauto dinanzi al Pretore di Lecce chiedendo dichiararsi
la risoluzione del contratto ricorrendo la fattispecie delraliud pro alio”, condannarsi la convenuta
alla restituzione del prezzo ed al risarcimento del danno avuto riguardo sia all’acquisto, rivelatosi
inutile, di pezzi di ricambio per le accennate riparazioni, sia alla mancata fruizione del mezzo.

Costituendosi in giudizio la convenuta assumeva di aver venduto l’autovettura al Mauro quale
procuratrice di tale Fernando Luna, dal quale le era stata consegnata in occasione dell’acquisto da
parte di costui di un’altra autovettura nuova, donde la sua estraneità al fatto addebitatole, di cui
semmai era responsabile il Luna che, autorizzata dal giudice, chiamava in causa per l’eventuale
rivalsa.

Il Luna, costituitosi in giudizio, eccepiva preliminarmente la prescrizione dell’azione per decorrenza
del termine di cui all’art. 1495 c.c. e, premesso nel merito di avere ceduto alla Gemsauto la Lancia
Tema in permuta, deduceva la propria estraneità alla vicenda.

Autorizzato dal giudice, il Luna chiamava a sua volta in causa per garanzia e per manleva Aurelio
Costa (e per questo il Fallimento di Costa Aurelio) dal quale aveva acquistato l’autoveicolo, e che
rimaneva contumace.
i

riparazioni effettuate presso l’officina F.11i Padovano, che il veicolo montava un motore diverso da

Il Tribunale di Lecce con sentenza dell’8-7-1003 dichiarava la risoluzione del contratto stipulato tra
il Mauro e la Gemsauto per inadempimento di quest’ultima, che condannava alla restituzione della
somma di euro 5.422,80 oltre interessi e rivalutazione ed al risarcimento del danno nell’importo di
euro 2.816,66 oltre interessi e rivalutazione sulla somma di euro 800,00, e rigettava la domanda

quest’ultimo.

Proposto gravame parte della Gemsauto cui resistevano il Mauro ed il Luna mentre il Fallimento di
Costa Aurelio restava contumace la Corte di Appello di Lecce con sentenza del 30-10-2007 ha
accolto l’impugnazione per quanto di ragione nei confronti del Mauro e, per l’effetto, ha eliminato
la condanna dell’appellante al pagamento della somma di euro 2.016,66 in favore del Mauro ed
ha rigettato l’appello nei confronti del Luna.

Per la cassazione di tale sentenza la società Gemsauto ha proposto un ricorso affidato a cinque
motivi; nessuna delle parti intimate ha svolto attività difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, deducendo omessa decisione ed omessa motivazione, assume
che il giudice di appello ha omesso di pronunciarsi sulla eccezione formulata dall’appellante

di

acquiescenza del Mauro al fatto che l’autovettura acquistata dall’esponente aveva un motore non
corrispondente a quello originale riportato sul libretto di circolazione, avendo egli provveduto a far
eseguire le riparazioni su di essa ed avendola utilizzata per ragioni lavorative e familiari.

La censura è inammissibile.

Invero, poiché la questione prospettata, che implica un accertamento di fatto, non risulta trattata
dalla sentenza impugnata, la ricorrente, al fine di evitare una sanzione di inammissibilità per novità
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della Gemsauto nei confronti del Luna, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata da

della censura, aveva l’onere — in realtà non assolto — non solo di allegare l’avvenuta deduzione
della questione dinanzi al giudice di appello, ma anche di indicare in quale atto del giudizio
precedente lo avesse fatto, per dar modo a questa Corte di controllare “ex actis” la veridicità di
tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’esponente, all’atto della permuta
dell’autovettura per cui è causa conclusa con il Luna, non avrebbe potuto non verificare la
condizione del motore e, correlativamente riscontrare, ove sussistenti, le anomalie sulla superficie
della rivettatura, evidenziate nella relazione del P.M. e negli allegati fotografici; la Gemsauto
sostiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare se un semplice controllo di una vecchia
auto ritirata in permuta per pochi soldi potesse consentire di rilevare il numero di matricola del
motore senza smontarlo completamente; l’accertamento della estrema improbabilità di tale
evenienza avrebbe comportato un ben diverso esito del giudizio ed il coinvolgimento in rivalsa del
Luna.

Il motivo è inammissibile.

Invero nella fattispecie, in presenza di una sentenza impugnata depositata il 30-10-2007, trova
applicazione “ratione temporis” l’art. 366 “bis” c.p.c. che prescrive a pena di inammissibilità per
ciascun motivo, nel caso previsto dall’art. 360 primo comma numero 5 c.p.c., una esposizione
chiara e sintetica del fatto controverso — in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria — ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la
motivazione a giustificare la decisione.

Orbene il motivo in oggetto con il quale, come sopra esposto, sono stati denunciati vizi di
motivazione, è del tutto privo di un momento di sintesi del fatto controverso (essendo invece
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Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando insufficiente e contraddittoria motivazione,

corredato da un “quesito di diritto” del tutto inconferente rispetto alla natura dei vizi denunciati),
cosicché esso è inammissibile ai sensi dell’art. 366 “bis”c.p.c.

Con il terzo motivo la Gemsauto, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto,
assume che erroneamente il giudice di appello ha affermato che la vendita di una autovettura non

“aliud pro alio”; invero nella fattispecie

l’autovettura era perfettamente efficiente e rispondente alla destinazione naturale, come
confermava il fatto che il Mauro l’aveva utilizzata per un anno; del resto il libretto di circolazione
non fornisce la matricola del motore ma il tipo, che era stato comunque rispettato; inoltre la
sostituzione del motore di una autovettura con altro del medesimo tipo è perfettamente legittima

e non va comunicata alla motorizzazione.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata ha affermato che la sostituzione del motore dell’autovettura per cui è
causa rappresentava un fatto pacifico tra le parti, riscontrato dalla P. S. di Gallipoli ed appurato in
sede penale dal consulente del P. M. che, infatti, aveva verificato che la targa TN53007 (già
BZ42435) era dotata del telaio motore n. 072209 non rinvenuto sulla predetta autovettura, e che
neppure il codice sinottico rinvenuto su di essa era originale.; ha quindi ritenuto ricorrente
l’ipotesi delraliud pro alio”, atteso che una autovettura con dati contraffatti non è idonea alla
circolazione e non è pertanto in grado di conseguire il risultato suo proprio.

Il convincimento espresso è pienamente condivisibile, considerato che in tema di compravendita si
ha consegna di “aliud pro alio” qualora il bene compravenduto si riveli funzionalmente inidoneo
ad assolvere la destinazione economico — sociale della “res” venduta e, quindi, a fornire l’utilità
richiesta; tale ipotesi inoltre ricorre non solo quando la cosa consegnata è completamente
difforme da quella contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso, ma anche quando è
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fornita del motore originale integra una ipotesi di

assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni
dell’acquirente, o abbia difetti che la rendano inservibile, ovvero risulti compromessa la
destinazione del bene all’uso che abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto
(Cass. 11-11-2008 n. 26953, che ha espresso tale principio in un caso, analogo a quello oggetto del

sequestro penale in quanto munito di un motore rubato); ed invero è evidente che una
autovettura priva del motore originario e caratterizzata da elementi contraffatti non è idonea alla
circolazione – come appunto è avvenuto nella fattispecie, dove l’autovettura acquistata dal Mauro
era stata sottoposta a sequestro penale – e quindi non può svolgere la sua funzione naturale in
relazione alla quale è stata acquistata.

Con il quarto motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e
1218 c.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che il Mauro aveva provato la non
originalità del motore ed il pagamento del prezzo, mentre la Gemsauto non aveva provato di aver
consegnato l’autovettura fornita del motore originale; in realtà l’onere probatorio incombente a
Mauro non riguardava soltanto la circostanza che al momento del sequestro dell’autovettura il
motore su di essa montato non fosse, a distanza di 14 mesi dall’acquisto, quello originario, ma
anche che tale mancanza di qualità preesistesse al momento dell’acquisto e che dunque non era
stato lui stesso a procedere alla sostituzione di quel motore.

La censura è inammissibile.

Invero il motivo in oggetto è corredato da un quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 “bis”c.p.c. così
articolato: “l’onere probatorio che incombeva all’attore Mauro non si limitava a provare che al
momento del sequestro il motore montato sulla sua autovettura non fosse, a distanza di 14 mesi
dall’acquisto, quello originario; il Mauro doveva altresì fornire prova che tale mancanza di qualità
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presente giudizio, di consegna, da parte del concessionario, di un veicolo poi sottoposto a

preesisteva al momento dell’acquisto e che dunque non era stato lui stesso a procedere alla
sostituzione di quel motore. Quest’ultimo onere egli non ha assolto, che anzi risulta dimostrato, sia
a mezzo testi che attraverso la fattura prodotta, che quelle riparazioni, che il Mauro nega, furono
realmente e regolarmente eseguite. La Corte avrebbe dovuto rigettare la domanda perché

previsto dall’art. 366 “bis”c.p.c., che in effetti deve costituire una sintesi logico — giuridica della
questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regola juris” suscettibile di
trovare applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; la
ricorrente, invece, si limita inammissibilmente a sottolineare l’onere probatorio a suo dire
gravante sul Mauro nella controversia in oggetto, senza fare alcun riferimento alla enunciazione
della questione giuridica da sottoporre a questa Corte.

Con il quinto motivo la ricorrente, deducendo contraddittoria motivazione, sostiene che
erroneamente la Corte territoriale ha affermato sostanzialmente che il Padovano (presso la cui
officina il Mauro aveva portato l’autovettura per cui è causa per delle riparazioni) avrebbe potuto
sostituire la testata del motore senza avvedersi che il motore, che è distinto dalla testata, non era
quello originario; in realtà il Padovano non avrebbe potuto montare sul motore una testata
qualsiasi, bensì solo quella costruita per quel tipo e per quella serie.

La censura è inammissibile.

Come invero già evidenziato in sede di esame del secondo motivo di ricorso, in presenza di una
sentenza impugnata depositata il 30-10-2007, trova applicazione “ratione temporis” l’art. 366 “bis”
c.p.c. che prescrive a pena di inammissibilità per ciascun motivo, nel caso previsto dall’art. 360
primo comma numero 5 c.p.c., una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso — in

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infondata”; orbene è evidente che tale formulazione è del tutto estranea al quesito di diritto

relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria — ovvero delle ragioni per le
quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

Orbene il motivo in oggetto con il quale, come sopra esposto, è stato denunciato un vizio di
motivazione, è del tutto privo di un momento di sintesi del fatto controverso (essendo invece
“quesito di diritto” del tutto inconferente rispetto alla natura del vizio

denunciato), cosicché esso è inammissibile ai sensi dell’art. 366 “bis” c.p.c.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato; non occorre procedere ad alcuna statuizione in ordine
alle spese di giudizio non avendo le parti intimate svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 13-12-2013

Il Consigliere estensore

corredato da un

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