Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1962 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. II, 28/01/2010, (ud. 26/10/2009, dep. 28/01/2010), n.1962

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul regolamento di competenza d’ufficio proposto da:

Tribunale di Termini Imerese – Sezione Distaccata di Cefalù, con

sentenza n. 219/07 del 18/10/07, depositata il 19/10/07;

nel procedimento pendente tra:

C.K.L.;

PREFETTURA DI PALERMO;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2009 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Alle parti è stata comunicata relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. che giova riportare in parte: Il tribunale di Termini Imerese, adito quale giudice d’appello nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa deciso con sentenza del giudice di pace di Cefalù, si dichiarava incompetente per territorio, ritenendo che in base al foro erariale di cui all’art. 25 cod. proc. civ. fosse competente il Tribunale di Palermo; quest’ultimo ha proposto istanza di regolamento di competenza d’ufficio sul rilievo che ai sensi della L. n. 689 del 1981, art 23, comma 4 anche nei giudizi di appello non troverebbe applicazione l’art. 25 cod. proc. civ..

Nè l’appellante C.K.L., nè la Prefettura di Palermo hanno svolto attività difensiva nel presente procedimento.

La relazione si esprimeva nel senso del rigetto dell’istanza e della conseguente affermazione della competenza del Foro distrettuale. IL Collegio rileva quanto segue.

E’ noto che questa Corte ha ritenuto che “Per le opposizioni alle ordinanze-ingiunzione è funzionalmente competente, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 il giudice del luogo della commessa violazione ed a questo criterio di competenza territoriale non deroga l’art. 25 cod. proc. civ., che prevede la competenza del giudice del luogo ove ha sede l’Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie” (Cass. 14828/06). Tuttavia tale regola non riguarda espressamente il giudizio d’appello, per il quale nessuna disposizione normativa prevede una deroga al disposto dell’art. 25.

Le S.U. con sentenza n. 18036/08, pronunciandosi in ordine alle controversie che, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 51 del 1998, erano attribuite alla competenza del pretore per limiti di valore e ora soggette alle regole processuali del cd. foro erariale di cui all’art. 25 cod. proc. civ. e del R.D. n. 1611 del 1933, art. 6 hanno chiarito che la disciplina del foro erariale “può essere derogata, per effetto di specifiche disposizioni del legislatore (controversie previdenziali, di opposizione a sanzioni amministrative, di disciplina dell’impugnazione, di convalida di sfratto), ogni volta che sia manifesto l’intento di determinare la competenza per territorio sulla base di elementi diversi ed incompatibili rispetto a quelli risultanti dalla regola del foro erariale e, perciò, destinati a prevalere su questa”. Nella specie qui esaminata resta incerto se la deroga desumibile dal disposto della L. n. 689 del 1981 possa concernere sia il giudizio di primo grado, che si svolge davanti al giudice di pace, che il giudizio di appello davanti al tribunale. Va precisato che il problema si pone con frequenza a seguito della modifica del regime di impugnazione delle sentenze rese in materia di sanzioni amministrative, non più immediatamente ricorribili per cassazione, ma soggette ad appello, in forza del disposto del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26 che ha modificato in tal senso la L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23.

Su questo punto la Corte di cassazione non ha avuto ancora modo di pronunciarsi espressamente; si può solo dar conto di Cass. 14520 del 19 giugno 2009, la quale ha ritenuto che la difesa personale della parte, consentita dall’art. 23, comma 4, della stessa Legge è prevista esclusivamente per il giudizio di primo grado, non trovando applicazione anche per il giudizio di appello, per il quale, in assenza di alcuna specifica previsione contraria, si applica la regola generale di cui all’art. 82 cod. proc. civ., comma 3 secondo cui davanti al tribunale e alla corte di appello la parte deve stare in giudizio con il ministero di un procuratore legalmente esercente.

In tal modo si è escluso l’ultrattività in fase di gravame di questa disposizione speciale prevista nel giudizio di primo grado dal rito di cui alla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23.

La giurisprudenza di merito è, a quanto consta, divisa tra coloro che sostengono l’integrale applicabilità del rito ordinario al giudizio di appello e quanti propugnano la tesi che vuole estendere al giudizio di secondo grado il rito di cui alla L. n. 689.

Altrettanto vale per la dottrina, attentamente interrogatasi in argomento.

La prima tesi fa leva principalmente sull’art. 359 c.p.c. che per la disciplina dei procedimenti d’appello rinvia alle norme dettate per i giudizi di primo grado davanti al tribunale; valorizza con articolata argomentazione la portata di norma unificatrice dell’art. 359 c.p.c., cui si fa eccezione, consentendo l’ultrattività del rito adottato in primo grado, solo in caso di errata qualificazione della controversia, che abbia fatto celebrare il giudizio di primo grado con regole inappropriate.

La seconda tesi propende per la “tendenziale continuità” fra rito del processo di primo grado e rito del processo di appello, onde favorire anche in appello l’utilizzazione delle regole speciali dettate per il primo grado, quali in particolare le disposizioni sui poteri istruttori officiosi, la difesa personale delle parti, l’esenzione della controversia dal pagamento delle tasse e imposte dovute normalmente – per le quali identiche esigenze giustificatrici sussisterebbero in grado di appello. Intuitive sono le ricadute delle due tesi in tema di foro erariale; per la seconda tesi l’inapplicabilità del foro della P.A. consegue infatti alla specialità del procedimento di opposizione alle ordinanze – ingiunzione, al pari di quanto si ritiene accada in primo grado (in tal senso Cass. 14828/06; 14057/04 e 14562/02). Per i sostenitori del rito ordinario sembra invece più piana soluzione lasciar spazio all’applicazione dell’art. 25 c.p.c. e concentrare presso la sede distrettuale dell’avvocatura i gravami relativi a controversie in materia di opposizione a sanzione amministrativa.

La questione involge una questione di massima di particolare importanza; comporta ricadute di speciale rilievo in ordine a un elevatissimo numero di controversie; è oggetto di autorevole dibattito dottrinale. Appare quindi opportuno rimettere la causa al primo Presidente, affinchè valuti l’opportunità di un’immediata rimessione alle Sezioni Unite.

P.Q.M.

La Corte dispone rimessione del ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 15 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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