Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19618 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19618 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: DELL’ORFANO ANTONELLA

ORDINANZA

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sul ricorso n. 28998-2011 proposto da:
GIULIANI MARIO, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio
dell’Avvocato BALDASSARRE SANTAMARIA, rappresentato e difeso
dall’Avvocato VINCENZA RANDO giusta procura estesa in calce al ricorso
– ricorrente –

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente
domiciliata in ROMA, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ope legis
– con troricorrente –

avverso la sentenza n. 142/45/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 19.10.2010, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13.6.2018
dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO

Data pubblicazione: 24/07/2018

R.G. 28998/2011

RILEVATO CHE
Mario Giuliani (in qualità di erede di Luigia Anna Casali) ricorre per la
cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione
Tributaria Regionale della Lombardia aveva riformato la sentenza n.
17/04/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Pavia che aveva
accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso accertamento

d’impresa esercitata da Luigia Anna Casali, avente ad oggetto la
valorizzazione di immobili siti nel Comune di Filighera, compravenduti dopo
l’effettuazione di opere di urbanizzazione e lottizzazione senza che il reddito
fosse stato dichiarato come derivante da esercizio d’impresa ma come
«redditi diversi»;
il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due
motivi;
con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma,
n. 5 c.p.c., «omessa , insufficiente e/o contraddittoria motivazione della
sentenza circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (il ritenuto
possesso della qualifica di imprenditore in capo alla sig. Casali)»;
con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per avere la CTR deciso oltre i
limiti della domanda in ordine alla rifusione delle spese di lite;
l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso, deducendo
l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso principale

CONSIDERATO CHE
1.1. sono infondate le censure proposte dal ricorrente con il primo
motivo di ricorso;
1.2. il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione della

sentenza impugnata

in ordine all’assunto che «il

possesso della partita IVA comporti necessariamente l’acquisizione della
qualità di imprenditore», senza tener conto del fatto che «la qualità di
imprenditore presuppone, per le persone fisiche, l’esercizio effettivo
dell’attività economica organizzata), ,.. diretta alla produzione, ovvero allo

IRPEF IRAP annualità 2000 sulla base di contestazioni inerenti attività

R.G. 28998/2011

scambio di beni e servizi svolta con carattere di professionalità», che la
ricorrente non aveva mai «provveduto all’iscrizione del proprio nominativo
all’ufficio del registro delle imprese, … atto preparatorio all’esercizio
dell’attività imprenditoriale obbligatorio per legge» e che «l’attività di
realizzazione di plusvalenze tramite lottizzazione di terreni ed esecuzione di
opere intese a renderli edificabili e la successiva vendita …(non poteva)…

1.3. il motivo di ricorso risulta quindi diretto a contestare, sul piano
della motivazione, la soluzione data dal Giudice del merito ad una questione
di diritto;
1.4. con esso viene infatti lamentata una carenza o contraddittorietà,
nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che ha
indotto la CTR, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento,
quando invece, dalla lettura della sentenza gravata, si evince chiaramente
che si è di fronte alla deduzione del vizio di violazione di legge consistente
nell’erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata
a dettarne la disciplina (cd. vizio di sussunzione), laddove la parte
sostanzialmente lamenta piuttosto la violazione dell’art. 67, comma 1, lett.
a), del DPR n. 917/1986, nonché dell’art. 55 del TUIR, in materia di imposte
sui redditi (così come l’art. 4, D.P.R. n. 533/72 in materia di IVA), relativo
alla nozione tributarista dell’esercizio di imprese commerciali;
1.5. osta, peraltro, alla riqualificazione della sussunzione del motivo di
ricorso entro diversa fattispecie dell’art. 360 c.p.c., comma 1, la circostanza
che, nello sviluppo stesso del motivo, il ricorrente non abbia articolato con
coerenza argomenti a sostegno di una tesi giuridica manifestamente
riconducibile alla fattispecie malamente indicata, non avendo nella sostanza
sviluppato la critica alla sentenza impugnata in termini di violazione di
legge, quindi secondo la previsione di cui al n. 3 della medesima
disposizione codicistica (cfr. Cass. n. 26310/2017; 4036/2014);
1.6. vieppiù occorre evidenziare, con riguardo alle argomentazioni
addotte dalla parte ricorrente a sostegno delle critiche alla sentenza
impugnata in merito ai fatti non valutati dalla CTR, che non è stato
specificamente illustrato in quale grado di giudizio, in quale atto ed in che

essere qualificata in ogni caso quale attività d’impresa»;

R.G. 28998/2011

termini tali fatti sarebbero stati indicati, in violazione così del principio di
autosufficienza;
2. va respinto anche il secondo motivo di ricorso circa la condanna alle
spese di lite anche del primo grado dì giudizio in mancanza di domanda
della parte, atteso che il giudice dì appello, allorché riformi in tutto o in
parte la sentenza impugnata, come nel presente caso, deve procedere

regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito
tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della
soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un
criterio unitario e globale (cfr. Cass. n. 9064/2018);
3. in conclusione il ricorso va integralmente respinto con condanna del
ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese di lite come liquidate in
dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in
favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità,
che liquida in C 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione,

d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo

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