Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19618 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2010, (ud. 24/06/2010, dep. 16/09/2010), n.19618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Associazione Infermieri Professionali nursing di Novello D e Rippa

D., elettivamente dom.ta in Roma, via S. Pellico 14, presso lo studio

dell’avv. Guelfi Vera ed Antonio De Simone che la rappresentano e

difendono giusta mandato speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 352/1/06;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. Giovanni Carleo.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il relatore ha depositato la seguente relazione: “La contribuente propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 352/1/06, depositata il 24.10.2006, con la quale è stato accolto l’appello dell’Amministrazione avverso la sentenza di primo grado della CTP di Napoli con cui era stato accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento con cui era stato rettificato per l’anno 1996 il reddito di lavoro autonomo dichiarato. L’Agenzia delle entrate non si è costituita. La ricorrente ha proposto 5 motivi, rispettivamente conclusi con i seguenti quesiti di diritto: 1) “accerti la Corte la palese violazione dell’art. 360, n. 5 perchè la sentenza è priva di motivazione e difetta di logicità.” 2) “accerti la Corte la violazione dell’art. 2697 c.c., correlato all’art. 24, Cost.. 3) “accerti la Corte la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d). 4) “accerti la Corte se vi è stata violazione dell’art. del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2. 5) “accerti la Corte l’errata applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2”. Il ricorso è inammissibile. Ed invero, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, i motivi del ricorso per cassazione, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1), 2), 3), 4), devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità – giusta la previsione dell’art. 375 c.p.c., n. 5 – dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (Sez. Un, n. 23732/07). Il ricorrente deve necessariamente procedere all’enunciazione di un principio di diritto diverso da quello posto a base del provvedimento impugnato e, perciò, tale da implicare un ribaltamento della decisione adottata dal giudice a quo, non profilandosi, conseguentemente, come ammissibile un motivo che “si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo” (Cass. ord. 19892/2007).

In altri termini, il quesito non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della S. C. in ordine alla fondatezza della censura ma deve porre la medesima Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una “regula iuris” che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori. (S.U. n. 3519/208, Cass. 10875/08).

Parimenti, i motivi del ricorso per cassazione, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 devono contenere a pena di inammissibilità un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, oltre a richiedere sia l’indicazione del fatto controverso, riguardo al quale si assuma l’omissione, la contraddittorietà o l’insufficienza della motivazione, sia l’indicazione delle ragioni per cui la motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la decisione (Cass. ord. n. 16002/2007, n. 4309/2008 e n. 4311/2008, Sez. Un. 558/09).

Tutto ciò premesso, in difetto dei requisiti richiesti, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto inammissibile”.

Considerato che il Collegio ha condiviso le considerazioni contenute nella relazione, ritualmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori; ritenuto pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che nessun elemento di segno contrario può essere tratto dal preteso rapporto di eventuale reciproca implicazione tra reddito dell’associazione e reddito dei singoli associati, dedotto dalla ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., poichè l’inammissibilità dell’impugnazione, attenendo alla sussistenza di un presupposto processuale, preclude l’esame del merito dell’impugnazione avanzata; ritenuto che non occorre provvedere sulle spese in quanto la parte vittoriosa, non essendosi costituita, non ne ha sopportate.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

 

 

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