Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19613 del 09/07/2021

Cassazione civile sez. III, 09/07/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 09/07/2021), n.19613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29228/19 proposto da:

I.E., elettivamente domiciliata a Spinea, v.le Viareggio n.

3/A, difesa dall’avvocato Massimo Biolo, in virtù di procura

speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia 18.9.2019 n. 7587;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 9

dicembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I.E., cittadina nigeriana, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese per sfuggire alle minacce di morte rivoltele dall’uomo che aveva rifiutato di sposare.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento I.E. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Venezia, che la rigettò con Decreto 18 settembre 2019.

Il Tribunale ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi perché il racconto della richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perché nel Paese di provenienza della richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa perché:

-) la richiedente non era credibile;

-) non aveva allegato né dimostrato l’esistenza di specifiche circostanze idonee a qualificarla come “persona vulnerabile”;

-) la richiedente non aveva raggiunto alcuna integrazione in Italia;

-) la richiedente non aveva problemi di salute.

3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da I.E. con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la ricorrente impugna il decreto del Tribunale nella parte in cui ha reputato non attendibile il suo racconto.

Sostiene che, al contrario di quanto ritenuto dal Tribunale, non vi erano contraddizioni nelle sue dichiarazioni, né vi era diversità tra quanto dichiarato dinanzi la commissione territoriale e quanto dichiarato dinanzi al Tribunale.

1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto censura un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.

In ogni caso esso è infondato, dal momento che il Tribunale ha dedicato ampio spazio ad illustrare per quali ragioni (pagine 7-8) il racconto della richiedente fosse contraddittorio, lacunoso e inattendibile.

La ricorrente censura questa valutazione non già indicando a quale degli obblighi prescritti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, il Tribunale sarebbe venuto meno, ma limitandosi a sostenere che il suo racconto andava interpretato in modo diverso: una censura, dunque, inammissibile in questa sede.

2. Col secondo motivo la ricorrente sostiene che il decreto sarebbe nullo perché fondato su una motivazione solo apparente.

2.1. Il motivo è manifestamente infondato.

La motivazione contenuta nel decreto impugnato non potrebbe essere più chiara: la ricorrente non è attendibile perché il suo racconto è contraddittorio, è lacunoso e comunque la ricorrente ha fornito versioni diverse nelle audizioni dinanzi la commissione e dinanzi al Tribunale.

Si tratta di una motivazione chiara e niente affatto apparente; lo stabilire poi se sia giusta o sbagliata in punto di fatto è questione non sindacabile in questa sede.

3. Col terzo motivo la ricorrente impugna il rigetto della domanda di protezione umanitaria.

Il motivo contiene due censure.

Da un lato sostiene che il Tribunale non ha preso in considerazione “l’età e le condizioni personali, il viaggio la condizione del paese di origine di eventuale rimpatrio”.

Dall’altro la ricorrente deduce che il Tribunale non ha preso in considerazione l’integrazione sociale conseguita in Italia, dove lavora come parrucchiera.

3.1. Il motivo, da qualificare come denuncia dell’omesso esame di fatti decisivi, è inammissibile ed infondato.

E’ innanzitutto inammissibile per estraneità alla ratio decidendi. Il Tribunale infatti ha ritenuto che la ricorrente non avesse “nemmeno allegato” circostanze di fatto idonee a svelarne la vulnerabilità, e tale ratio decidendi non viene impugnata nel ricorso.

E’, altresì, inammissibile in quanto la ricorrente non indica mai, nel proprio ricorso, in che cosa consisterebbe o da quale circostanza di fatto dipenderebbe la propria “vulnerabilità”.

Il motivo sarebbe comunque infondato, dal momento che:

-) il Tribunale ha preso in esame la situazione raggiunta in Italia, reputandola non provata;

-) il Tribunale ha preso in esame la condizione personale e i trascorsi in Libia della ricorrente, affermando – con giudizio di merito non sindacabile in questa sede – che l’odierna ricorrente è persona in buona salute e il passaggio in Libia non ha lasciato strascichi di sorta, e che di conseguenza non sussisteva alcuna condizione di vulnerabilità sotto questi profili.

4. Con la memoria di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c., ricorrente ha dichiarato di voler formulare un quarto motivo di ricorso, deducendo un error in procedendo consistito nel fatto che nel grado unico di merito il collegio giudicante delegò un giudice relatore a procedere alla trattazione della causa, e questi a sua volta delegò l’attività istruttoria ad un giudice onorario di pace, delega nulla perché proveniente non dal collegio, ma dal giudice da quest’ultimo delegato. Aggiunge il ricorrente che tale error in procedendo costituisce una nullità processuale rilevabile d’ufficio.

4.1. La censura è inammissibile, dal momento che è stata proposta solo con la memoria, con la quale è possibile lumeggiare i motivi già proposti, ma non certo introdurne di nuovi.

Ne’ può rilevare la circostanza che il vizio denunciato con la memoria sia rilevabile d’ufficio, dal momento che, in virtù del generale principio di conversione delle nullità in motivi di gravame, qualsiasi vizio procedurale avvenuto nel precedente grado di giudizio resta sanato, se non tempestivamente fatto valere con un mezzo di impugnazione.

5. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

La circostanza che la ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del decreto sopra ricordato (Sez. 6-3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826-01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2021

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