Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19612 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 16/09/2010), n.19612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

RAMA, spa, Azienda di trasporto, con sede in (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

dall’avv. Perrone Leonardo e dall’avv. Gianmarco Tardella, presso i

quali è elettivamente domiciliata in Roma in via Giacomo Puccini n.

9;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 3/27/07, depositata il 17 febbraio 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26 maggio 2010 dal Relatore Cons. Dr. Antonio Greco.

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“La Rama spa, azienda di trasporto propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 3/27/07, depositata il 1^ febbraio 2007, che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di (OMISSIS), ha negato ad essa, società di trasporto pubblico locale di persone, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per l’anno 2001 sul contributo annuale erogato dalla Regione Toscana in funzione di ripianamento dei disavanzi di gestione del servizio di trasporto pubblico locale.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Il ricorso contiene quattro motivi, che rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Con il primo ed il terzo motivo la ricorrente censura la sentenza, oltre che per vizio di motivazione, per violazione di legge, assumendo che i contributi erogati alle società esercenti attività di trasporto pubblico per ripianare le perdite di esercizio nel periodo precedente il 1^ gennaio 2003 non concorrevano alla determinazione della base imponibile dell’IRAP ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 11, comma 3, e art. 11 bis e della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 5, comma 3, disposizione quest’ultima non considerabile alla stregua di norma interpretativa; con il secondo motivo la ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale della L. n. 289 del 2002, art. 5, in quanto norma “pseudo-interpretativa”, in riferimento all’art. 3 Cost., art. 53 Cost., comma 1, art. 97 Cost., comma 1, nonchè all’art. 10 dello statuto del contribuente, per violazione dei principi della ragionevolezza e dell’affidamento nella sicurezza giuridica, per la totale assenza dell’elemento della prevedibilità della “nuova” imposizione cui si pretenderebbe dare valenza retroattiva; con il quarto motivo, denunciando violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., si duole dell’omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità del motivo di appello erariale concernente la concreta regolamentazione del rapporto concessorio tra la Regione Toscana ed essa RAMA, spa, ovvero circa la natura delle somme effettivamente percepite, in quanto motivo proposto dall’ufficio, in violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, per la prima volta in sede di gravame.

Secondo il principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte, “in tema di IRAP, il D.L. 24 settembre 2002, n. 209, art. 3, comma 2 quinquies, (introdotto dalla Legge Di Conversione 22 novembre 2002, n. 265), nell’includere nella base imponibile, con decorrenza dal 1 gennaio 2003, i contributi erogati a norma di legge, ivi compresi quelli non assoggettati alle imposte sui redditi, dispone esclusivamente per il futuro, eliminando ogni dubbio in ordine alla debenza dell’imposta, e non costituisce pertanto interpretazione autentica del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 11, comma 3, (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 506, art. 1, comma 1, lett. b)), la quale è stata invece fornita dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 5, comma 3, nel senso che sono soggetti all’imposta in questione anche i contributi esclusi dalla base imponibile delle imposte sui redditi, salvo diverse disposizioni delle leggi istitutive dei singoli contributi o altre disposizioni di carattere speciale. Ne consegue che i contributi erogati a norma di legge, ivi compresi quelli versati – prima dal Fondo nazionale trasporti, poi dalle regioni – alle imprese esercenti il trasporto pubblico locale al fine di ripianare i disavanzi di esercizio, debbono essere inclusi nel calcolo per la determinazione della base imponibile dell’IRAP, anche se erogati in epoca anteriore al 31 dicembre 2002” (Cass. sez. unite, 14 ottobre 2009, n. 21749;

cfr. altresì Cass. n. 4838 e n. 7893 del 2007).

Quanto all’eccepita illegittimità costituzionale della L. n. 289 del 2002, art. 5, comma 3, come ricordato da Cass., sez. unite, n. 21749 del 2009 appena richiamata, “è costante l’affermazione della Corte costituzionale secondo cui la norma contenuta nella legge di interpretazione autentica non può ritenersi irragionevole ove si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario (da ultimo, sentenze n. 168 del 2004, nn. 39, 135 e 274 del 2006, n. 234 del 2007)”.

In ordine al quarto motivo, questa Corte ha più volte affermato che nel processo tributario, quando il contribuente, come nella specie, impugni il silenzio rifiuto formatosi su una istanza di rimborso, deve dimostrare che, in punto di fatto, non sussiste nessuna delle ipotesi che legittimano il rifiuto, e l’amministrazione finanziaria può, dal canto suo, difendersi quindi “a tutto campo”, non essendo vincolata ad una specifica motivazione di rigetto. Ne consegue che le eventuali “falle” del ricorso introduttivo possono essere eccepite in appello dall’amministrazione a prescindere dalla preclusione posta dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, in quanto, comunque, attengono all’originario “thema decidendum” (sussistenza o insussistenza dei presupposti che legittimano il rifiuto del rimborso), fatto salvo il limite del giudicato (il principio che precede è stato affermato dalla S.C. ai sensi dell’art. 363 cod. proc. civ., comma 3, come sostituito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 4, pur essendo stati dichiarati improcedibili il controricorso ed il ricorso incidentale nei quali l’amministrazione svolgeva le difese in parola, non in grado, pertanto, di scalfire le statuizioni contro le quali si appuntavano, coperte dal giudicato)” (Cass. n. 11682 del 2007 e n. 133 del 2009).

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere rigettato;

che la circostanza che gli orientamenti giurisprudenziali di riferimento hanno preso corpo successivamente alla proposizione del ricorso legittima la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

 

 

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