Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1961 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 1961 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: CARRATO ALDO

processuale su
novità della
domanda in
appello

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 4436/08) proposto da:

MONTALBETTI LUIGI (C.F.: MNT LGU 34C25 L628F) e SALA ADRIANO (C.F.: SLA DRN
43R03 E734E), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli
Avv.ti Francesco Ciatti e Pio Corti ed elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo,
– ricorrenti –

in Roma, viale Parioli, n. 47;
contro

EDILPERGOLESI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F.: 13052760157), in persona del
liquidatore pro-tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del
controricorso, dagli Avv.ti Carmelo Naso e Ruggero Longo ed elettivamente domiciliata
presso lo studio del secondo, in Roma, via Lungotevere Flaminio, n. 60;
– controricorrente-

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Data pubblicazione: 29/01/2014

Avverso la sentenza n. 2952/07 della Corte di appello di Milano, depositata il 13 novembre
2007 (e non notificata);
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 12 dicembre 2013 dal
Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito l’Avv. Pio Corti per i ricorrenti;

Francesca Ceroni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 11408 del 2006, l’adito Tribunale di Milano respingeva (con
compensazione delle spese giudiziali) la domanda, proposta con atto di citazione del 13
novembre 2002, dai sigg. Montalbetti Luigi e Sala Adriano nei confronti della Edipergolesi
s.r.l. volta all’ottenimento della dichiarazione di trasferimento in capo agli stessi, ai sensi
dell’art. 2932 c.c. ed in virtù di contratto preliminare concluso tra le parti il 25 luglio 2000,
dell’appartamento sito al 1° piano dello stabile di Via E. Ponti, n. 20 di valere — sez.
Morosolo, insistente sul mappale 2100, foglio 4, sez. MO del NCEU di Varese (composto
da tre locali oltre servizi e contraddistinto dal n. 7, nonché del posto auto al piano terreno
indicato con il n. 13), oltre che alla condanna della predetta società convenuta al
risarcimento dei danni conseguenti al rifiuto della stipula del contratto definitivo di
compravendita.
Interposto appello da parte dei predetti attori in primo grado e nella costituzione
dell’anzidetta società appellata (poi posta in liquidazione), la Corte di appello di Milano, con
sentenza n. 2952 del 2007 (depositata il 13 novembre 2007), rigettava il gravame,
compensando per intero fra le parti anche le spese del giudizio di secondo grado.
A sostegno dell’adottata decisione, la Corte territoriale rilevava l’infondatezza del formulato
appello sul presupposto che il giudice di primo grado aveva pronunciato sull’oggetto
contrattuale indicato, nei suoi precisi estremi, nell’atto di citazione (e riprodotto in sede di
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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

precisazione delle conclusioni) e che, quindi, non avrebbe potuto provvedere sulla
domanda avendo riguardo ad un immobile identificato in modo diverso, incorrendo,
diversamente, nella violazione dell’art. 112 c.p.c. . Per la stessa ragione, la medesima
Corte di appello, avendo gli appellanti posto riferimento non più all’immobile riportato
nell’originaria citazione bensì ad una diversa unità immobiliare (sita al 3° piano ed indicata

sigg. Montalbetti e Sala erano incorsi nella violazione dell’art. 345 c.p.c., essendo risultata
proposta un domanda nuova sia con riferimento al “petitum” (trasferimento di proprietà di
un immobile diverso da quello oggetto della domanda originaria) che in relazione alla
“causa petendi” (dovendo rinvenirsi il fatto costitutivo del diritto da loro azionato non più nel
solo preliminare di vendita del 27 luglio 2000, ma anche nell’accordo — avente carattere
novativo — emergente dalla dichiarazione resa dalle parti a verbale nell’udienza del 24
febbraio 2003 del giudizio di prima istanza).
Avverso la suddetta sentenza di appello (non notificata) hanno proposto rituale ricorso per
cassazione i predetti appellanti, articolato in un unico complesso motivo. La società
intimata ha resistito con controricorso. Il difensore dei ricorrenti ha anche depositato
memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’articolato motivo dedotto i ricorrenti hanno denunciato — ai sensi dell’art. 360, nn. 3
e 5, c.p.c. – la supposta violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c.,
asserendo che si era infondatamente ritenuto — con la sentenza impugnata — che fosse
stato operato, nel corso del giudizio, un mutamento della domanda originaria formulata
dagli attori (oggi, per l’appunto, ricorrenti) con l’introduzione di domanda nuova, nonché
deducendosi come errata, insufficiente e, comunque, contraddittoria la motivazione addotta
sul fatto decisivo per il giudizio riconducibile alla negoziale e concorde individuazione
catastale della controversa unità immobiliare operata dalle parti nel corso del giudizio e da
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come “mansardina”, con relativo posto auto), evidenziava che – con il formulato gravame — i

considerarsi tale da non incidere, in alcun modo, sul “petitum” né da indurre a ritenere
mutato l’oggetto della domanda contenuta nell’atto di citazione, costituendo, invece, solo
una migliore descrizione del bene rivendicato.
A corredo della supposta violazione di legge, i ricorrenti hanno formulato – ai sensi dell’art.
366 bis c.p.c. (“ratione temporis” applicabile, risultando l’impugnata sentenza pubblicata in

parzialmente divergente rispetto a quella riportata nell’atto introduttivo del giudizio —
consensualmente e pattiziamente formulata dalle parti in corso di causa ed a seguito di
sopravvenuta nuova determinazione catastale dell’immobile — rappresenti una mera
precisazione descrittiva oppure una immutazíone dell’oggetto del giudizio in una causa
promossa ai sensi dell’art. 2932 c.c. o se possa o meno essere contrastata ai sensi dell’art.
112 c.p.c. o come domanda nuova inammissibile in appello ex art. 345 c.p.c.”.
Quanto al dedotto vizio di motivazione, sempre in virtù dell’art. 366 bis c.p.c., i ricorrenti
hanno chiesto a questa S.C. di decidere se la Corte di appello di Milano poteva, in
presenza di un fatto decisivo quale la differente descrizione catastale di un medesimo bene
immobile, arrogarsi il diritto di dichiarare mutato “in itinere” l’oggetto della domanda
originaria e ciò senza avvalersi di alcuno specifico accertamento in proposito, in assenza di
qualsivoglia elemento probante l’assunto e senza in alcun modo giustificare e/o motivare la
propria affermazione peraltro specificamente contraddetta dalla chiara, concorde e
vincolante volontà al riguardo espressa (all’udienza del 24 febbraio 2003) dalle parti nel
corso del giudizio – e che il giudicante aveva l’obbligo di indagare e di rispettare — ovvero
non avrebbe, invece, dovuto accogliere la loro domanda uniformandosi alle cogenti
risultanze processuali tutte che, pur a fronte di due fra loro parzialmente differenti
descrizioni catastali, portavano in realtà ad identificare l’unico mai mutato bene immobile
degli attori rivendicato per tutto l’arco del processo.

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data 13 novembre 2007) – il seguente quesito di diritto: – “Dica la S.C. se un’indicazione

2.

Rileva il collegio che occorre, innanzitutto, esaminare l’eccezione pregiudiziale di

inammissibilità, proposta nell’interesse della controricorrente, in ordine alla mancata
deduzione, nel caso di specie, del (supposto) vizio riconducibile all’art. 360, comma 1, n. 4,
con riferimento alla prospettata violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. .
Essa è infondata e deve, perciò, essere rigettata.

risolvendo un contrasto di orientamenti, hanno deciso che il ricorso per cassazione va
dichiarato inammissibile, allorché il ricorrente, nel lamentare l’omessa pronuncia in ordine
ad una delle domande od eccezioni formulate, non solo menzioni un motivo non pertinente
ed ometta di menzionare quello di cui all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., in relazione
all’art. 112 c.p.c., ma sostenga altresì che la motivazione sia stata omessa o sia
insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge; mentre il ricorso resta
ammissibile, qualora comunque il motivo, pur senza richiamare il n. 4, faccia
inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dall’omissione.
Sulla scorta del predetto principio, l’eccezione va disattesa, risultando univoca, dallo
svolgimento del motivo, la deduzione della violazione di cui all’art. 360 n. 4 c.p.c.
(malgrado l’errato riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.).
3. Ciò posto, ritiene il collegio che la complessiva censura dedotta nell’interesse dei
ricorrenti (ancorché ammissibile sotto il profilo dell’osservanza del requisito prescritto
dall’art. 366 bis c.p.c.) è, comunque, infondata e deve, pertanto, essere respinta.
Invero, con la sentenza qui impugnata, la Corte territoriale ha — con motivazione logica ed
adeguata (e, perciò, incensurabile in questa sede) – accertato che era stato mutato il
“petitum” della domanda originaria (avuto riguardo all’individuazione in concreto dell’unità
immobiliare dedotta in controversia) ed era stato, altresì, posto riferimento ad una diversa
“causa petendi”, fondata anche sul presunto accordo novativo intervenuto tre le parti in
corso di causa (ancorché le conclusioni precisate in primo grado fossero state riferite allo
5

Infatti, le Sezioni unite di questa Corte, con la recente sentenza n. 17931 del 2013,

stesso bene indicato in citazione). Del resto, l’indicazione del nuovo bene non era solo
“parzialmente divergente” bensì totalmente, poiché la limitazione dell’oggetto della
trascrizione a quello che si era convenuto nell’udienza (in primo grado) del 24 marzo 2003
aveva verosimilmente l’esclusivo scopo di liberare le altre unità immobiliari dalla
trascrizione (che già erano state vendute, come già accertato anche con la sentenza del

a cui riferire il contratto definitivo di alienazione, il quale, tuttavia, era da qualificarsi come
diverso da quello indicato nel contratto preliminare — posto al 1° piano (dello stesso
stabile) – ed al quale era stata rivolta l’originaria domanda ex art. 2932 c.c. .
In tal senso deve, perciò, ritenersi corretta la statuizione del giudice di appello sia nella
parte in cui ha rilevato la legittimità della sentenza del giudice di prima istanza che aveva
giustamente rigettato la domanda originaria sul presupposto della verificatasi violazione
del principio previsto dall’art. 112 c.p.c., avendo gli odierni ricorrenti fatto riferimento
all’emissione di una pronuncia in loro favore del trasferimento di un’unità immobiliare
diversa, per consistenza ed ubicazione (e, perciò, nella sua materialità), da quella dedotta
con l’iniziale atto di citazione, sia perché, avendo gli stessi attori — quali appellanti —
ricondotto il loro gravame alla domanda così come illegittimamente mutata, l’appello non
poteva che ritenersi destituito di fondamento per la corrispondente violazione del disposto
di cui all’art. 345, comma primo, del codice di rito civile.
4. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, il ricorso deve essere
respinto.
Sussistono obiettive e gravi ragioni — avuto riguardo all’oggetto della controversia ed al
complessivo comportamento processuale adottato dalle parti – per disporre l’integrale
compensazione anche delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
6

giudice di prime cure). Per tale ragione era stata scelta la mansardina come nuovo oggetto

La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero le spese del presente giudizio di legittimità.

(f)
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,

Così deciso nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 12 dicembre 2013.

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