Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19609 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/07/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 19/07/2019), n.19609

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14634-2018 proposto da:

T.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA

TORTOLINI 30, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PLACIDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato UMBERTO FANTIGROSSI;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA (OMISSIS), in persona del procuratore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62,

presso lo studio dell’avvocato VALENTINO FEDELI, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4705/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIANNITI

PASQUALE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. T.P. ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 4705/2017 della Corte di Appello di Milano che, respingendo l’impugnazione da lui proposta, ha integralmente confermato la sentenza n. 12672/2015 del Tribunale di Milano che aveva rigettato la sua domanda risarcitoria nei confronti del Fondo Garanzia Vittime della Strada in relazione all’incidente occorsogli il (OMISSIS).

2. La Società Generali Italia spa, già INA Assitalia spa, ha resistito con controricorso.

3. Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

4.In vista dell’odierna adunanza il ricorrente ha depositato memoria a sostegno del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.II ricorso è affidato a tre motivi.

1.1. Con il primo il T. denuncia nullità della sentenza nella parte in cui la Corte di merito ha argomentato in modo non idoneo a rendere verificabile il ragionamento seguito, rendendo impossibile ogni controllo sulla sua logicità. Sostiene che la Corte territoriale gli ha attribuito la responsabilità esclusiva del sinistro sulla base delle dichiarazioni da lui rese alla Polizia Municipale il 15 aprile 2011 (e cioè poco più di un mese dopo l’incidente), senza considerare che in esse si dava atto della presenza dello scooter che gli aveva tagliato la strada (e che per tale ragione sarebbe stato eziologicamente responsabile del sinistro) e senza rendere verificabile il ragionamento seguito.

1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia falsa applicazione dell’art. 2730 c.c. nella parte in cui la Corte di merito ha valutato la dichiarazione (da lui resa alla Polizia Municipale il 15 aprile 2011 e contenente la verità di un fatto ad esso favorevole; e cioè che, prima, aveva modificato leggermente la propria traiettoria di marcia al fine di evitare il pedone; e, poi, aveva bruscamente frenato per evitare lo scontro con uno scooter, rimasto non identificato, che gli aveva tagliato la strada) come dichiarazione confessoria, e, pertanto, tale da rendere inattendibile la ricostruzione fatta da lui in citazione e dal teste Scrimizzi.

1.3. Con il terzo ed ultimo motivo denuncia violazione dell’art. 2729 c.c., comma 1 nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto provata la sua condotta imprudente per mezzo di due presunzioni (non precise e neppure concordanti e senza alcuna motivazione alla base dell’apprezzamento): la prima riguardante la velocità di guida non consona (in centro abitato e in prossimità di incrocio), che sarebbe stata provata “certamente” dallo scarrocciamento del suo mezzo (per 19,5 metri, come rilevato dalla Polizia); la seconda riguardante una maldestra frenata con il freno anteriore che proverebbe la sua condotta di guida imperita (in quanto idonea a provocare il catapultamento del conducente). Sostiene che dai rilievi eseguiti dalla PM subito dopo il sinistro e dalle dichiarazioni rese dal teste escusso sarebbe risultata provata la dinamica del sinistro rappresentata in citazione (in cui non era stato fatto cenno al pedone, ma soltanto allo scooter che aveva tagliato la strada).

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1. Si premette che la Corte territoriale nella sentenza impugnata ha dato atto che l’odierno ricorrente aveva dato tre diverse ricostruzioni del sinistro:

-la prima, agli agenti della volante di PS che, transitando per caso sul luogo del sinistro, prestarono il primo soccorso, in occasione della quale non aveva fatto alcun cenno alla presenza di uno scooter, ma solo al pedone che stava attraversando la strada;

– la seconda, alla Polizia Municipale di Milano, che lo aveva ascoltato dopo la sua dimissione dell’Ospedale, in occasione della quale per la prima volta aveva accennato alla presenza sul luogo del sinistro dello scooter;

-la terza, riportata in atto di citazione, nella quale aveva attribuito all’ignoto conducente dello scooter la responsabilità del sinistro, per avergli tagliato la strada.

Orbene, la Corte territoriale – dopo aver premesso che il Giudice di primo grado aveva attribuito valore confessorio alle dichiarazioni rese ai verbalizzanti; e dopo aver dato atto che il T., negando il valore confessorio della sua prima dichiarazione, aveva accreditato in comparsa conclusionale valore confessorio alle dichiarazioni rese alla Polizia Municipale – ha ritenuto che da detta seconda versione, letta alla luce dello scarrocciamento rilevato per 19.5 metri dalla Polizia locale, era risultato provato che il sinistro era attribuibile soltanto alla condotta di guida imprudente del T., comprovata dalla velocità non consona e prudenziale in centro abitato e in prossimità di incrocio e dalla maldestra manovra di frenata effettuata con il freno anteriore.

2.2. Tanto premesso, inammissibile è il primo motivo.

Invero, il ricorrente, pur non richiamando espressamente l’art. 132 c.p.c., n. 4, denuncia sostanzialmente un difetto di motivazione, ma tanto fa infondatamente, in quanto, a seguito della riforma operata dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6,. Orbene detto minimo costituzionale, come questa Corte ha più volte precisato (cfr., tra le tante, Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017, Rv. 645828 – 01), è individuabile esclusivamente nelle ipotesi – che non ricorrono nella specie, tenuto conto del sopra indicato percorso motivazionale compiuto dalla Corte di merito – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”.

Inammissibile è anche il secondo motivo.

Come è noto, in caso di denuncia di error in procedendo, è riconosciuto al giudice di legittimità l’esame diretto del fascicolo processuale; detto esame, tuttavia, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura; pertanto, il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso. Orbene, nella specie, il ricorrente denuncia (p. 12) la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha affermato (p. 5) che: “è però poi lo stesso appellante che – nel negare valore confessori alla sua prima dichiarazione – accredita invece tale valore confessorio alla sua deposizione alla Polizia Municipale (riconoscimento espresso a pag. 9 della comparsa conclusionale)”, ma inammissibilmente non ha riprodotto il passo contenuto a pag. 9 della sua comparsa conclusionale, come invece richiesto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, e, così operando, non ha posto questa Corte nella condizione di poter comprendere, senza accedere agli atti, il senso della motivazione censurata, dato che in essa si attribuisce al ricorrente stesso di avere accreditato come “confessorie” le sue dichiarazioni alla Polizia Municipale e, senza contezza del riconoscimento espresso a p. 9 della comparsa conclusionale, risulta incomprensibile il senso dell’uso dell’aggettivo “confessorio”.

Inammissibile è infine il terzo motivo.

Invero, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2729 c.c., comma 1, ma non indica le ragioni per le quali nella specie difetterebbero i requisiti della precisione e della concordanza, limitandosi ad asserire il dato. D’altronde, la sostanza della motivazione (con cui è stata ritenuta non provata la verificazione di un sinistro con coinvolgimento di ignoto conducente di scooter) risiede nella parte (la prima) in cui la Corte territoriale ha fatto leva sull’avere dato il ricorrente tre versioni diverse, dal che ha desunto la non credibilità del teste (addotto dal ricorrente a conferma della terza delle tre versioni date): rispetto alla rilevanza assegnata in sentenza all’esistenza delle sopra richiamate tre diverse versioni dei fatti, le affermazioni che segnerebbero l’uso di presunzioni sono sostanzialmente ultronee.

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.300 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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