Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19607 del 04/08/2017
Cassazione civile, sez. I, 04/08/2017, (ud. 04/04/2017, dep.04/08/2017), n. 19607
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27242/2015 proposto da:
Schiaffini Travel S.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via A. Mordini n. 14,
presso l’avvocato Bellinzoni Silvano, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato Bellinzoni Filippo, giusta procura in calce
al ricorso;
– ricorrente –
contro
Rossibus S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Via Lutezia n. 8, presso
l’avvocato Nucci Maurizio, che la rappresenta e difende, giusta
procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 19547/15 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di
ROMA, depositata il 30/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/04/2017 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità, in
subordine rigetto del ricorso;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato Bellinzoni Silvano che si
riporta; udito, per la controricorrente, l’Avvocato Nucci Maurizio
che si riporta.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1.1. Con ricorso ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., la Schiaffini Travel s.p.a. ha chiesto che sia revocata per errore di fatto ex art. 395 c.p.c., n. 4, l’ordinanza 19475 del 30.9.2015 con la quale questa Corte ha dichiarato inammissibile l’istanza per il regolamento di competenza da essa promosso avverso la sentenza di incompetenza pronunciata dal Tribunale di Roma in data 5.2.2015 in ordine all’ingiunzione di pagamento notificata dalla S. ad una propria consociata.
1.2. Nella specie la Corte si era indotta all’adozione della pronuncia revocanda sul presupposto che, discendendo l’impugnata declaratoria dalla clausola compromissoria presente nella scrittura privata regolante i rapporti tra le parti e potendo la sua interpretazione essere censurata solo per violazione dei canoni legali di interpretazione, oltre che per vizio di motivazione, l’istante “non aveva fatto alcun riferimento o richiamo alla errata applicazione dei canoni ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c.”, aveva omesso di “riportare il testo delle varie clausole rilevanti” e “non aveva fatto neppure riferimento ad altre norme di legge” asseritamente violate.
1.3. Il ricorso oggi proposto per la revocazione della detta ordinanza si vale di un solo motivo, seguito da memoria ex art. 378 c.p.c., al quale resiste con controricorso l’intimata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con l’unico motivo di ricorso la S. imputa all’ordinanza revocanda di aver omesso di valutare la violazione di legge dedotta e motivata dal ricorrente in via principale con riferimento all’art. 10 c.p.c.: “si tratta di un errore percettivo grave e decisivo che legittima la revocazione dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 e impone che la decisione del regolamento di competenza sia presa valutando anche il motivo sul quale la Corte non si è pronunciata”.
1.2. Il motivo è inammissibile.
Premesso che secondo il costante indirizzo di questa Corte la configurabilità dell’errore di fatto in guisa del quale si rendono applicabili l’art. 395 c.p.c., n. 4 e art. 391-bis c.p.c., presuppone che la decisione appaia fondata, in tutto o in parte, esplicitandone e rappresentandone la decisività, sull’affermazione di esistenza o inesistenza di un fatto che, per converso, la realtà effettiva induce, rispettivamente, ad escludere od affermare, così che il fatto in questione sia percepito e portato ad emersione nello stesso giudizio di cassazione, nonchè posto a fondamento dell’argomentazione logico-giuridica conseguentemente adottata dal giudice di legittimità (Cass., Sez. U, 30/10/2008, n. 26022; Cass., Sez. U, 23/01/2009, n. 1666; Cass., Sez. 3, 9/07/2009, n. 16136), non costituisce manifestamente errore percettivo rilevante l’errore di diritto, l’errore che cade non già su un fatto in senso storico-naturalistico, ma l’errore che riguarda le norme giuridiche “atteso che la falsa percezione di queste, anche se indotta da errata percezione di interpretazioni fornite da precedenti indirizzi giurisprudenziali, integra gli estremi dell'”error iuris”, sia nel caso di obliterazione delle norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia nel caso di distorsione della loro effettiva portata (riconducibile all’ipotesi della violazione” (Cass., Sez. 6-5 29/12/2011, n. 29922), sicchè esso non sussiste laddove, come qui, si assuma che la Corte abbia male compreso i motivi di ricorso, “omettendo di valutare e nemmeno menzionando la violazione di legge dedotta”.
2. Va dunque dichiarata l’inammissibilità del proposto ricorso con ovvio riflesso sulle spese di lite.
Ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 10200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 4 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2017