Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19606 del 30/09/2016

Cassazione civile sez. I, 30/09/2016, (ud. 15/07/2016, dep. 30/09/2016), n.19606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14477-2015 proposto da:

S.A., G.M., in proprio e nella qualità di

genitori dei figli minori S.G.K. e

S.G.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUDOVISI 35,

presso l’avvocato GIULIA PERIR, rappresentati e difesi dall’avvocato

MAURO SONDI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

SINDACO DEL COMUNE DI TRENTO, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA

PRESSO LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE DELLA

REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI TRENTO;

– intimati –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il

13/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/07/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato ALESSANDRO GERARDI, con delega

orale, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ordinanza depositata il 13 novembre 2014 la Corte d’appello di Trento ha dichiarato cessata la materia del contendere, in relazione al reclamo proposto da S.A. e G.M. avverso la decisione di primo grado, che aveva respinto la loro richiesta di rettifica dell’atto di nascita dei minori K. e S.E. mediante attribuzione agli stessi del doppio cognome, con aggiunta di quello materno a quello paterno o, in subordine, con attribuzione agli stessi del solo cognome materno.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che l’intervento, nel corso del procedimento, del provvedimento del Commissario del Governo, con il quale era stata accolta la richiesta principale di attribuzione del doppio cognome, avesse consentito ai reclamanti di conseguire pienamente il bene della vita al cui ottenimento era diretto il reclamo.

3. Avverso tale ordinanza lo S. e la G. in proprio e quali esercenti la potestà sui due minori sopra menzionati, hanno proposto ricorso per cassazione affidato a dieci motivi. I destinatari del ricorso non hanno svolto attività.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., per avere la Corte territoriale dichiarato la cessazione della materia del contendere d’ufficio e senza sollecitare il contraddittorio degli interessati.

La doglianza è infondata.

Questa sezione ha, infatti, condivisibilmente rilevato che la sentenza che decida su di una questione di puro diritto, rilevata d’ufficio, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (cd. terza via), non è nulla, in quanto da tale omissione può solo derivare un vizio di error in iudicando, ovvero di error in iudicando de iure procedendi, la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore sia in concreto consumato (Cass. 16 febbraio 2016, n. 2984).

E, nella specie, per quanto verrà osservato nell’esame del secondo motivo, non si è verificato alcun errore di giudizio.

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., rilevando che il provvedimento del Commissario del Governo aveva realizzato l’effetto perseguito attraverso la richiesta dell’ordine all’ufficiale dello stato civile di rettificare l’atto di nascita dei minori, ma aveva lasciato integro l’interesse dei ricorrenti, rilevante nel caso di futura prole, ad ottenere l’accertamento: a) del loro diritto ad attribuire ai minori il cognome S. G. e b) della violazione conseguita all’iniziale rifiuto opposto dal medesimo ufficiale dello stato civile.

Anche tale doglianza è infondata.

L’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poichè il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri, pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire (v., ad es., Cass. 4 maggio 2012, n. 6749).

D’altra parte, ai fini di tale valutazione, il risultato conseguibile deve essere correlato all’oggetto tipico del procedimento azionato che, nel caso di specie, si identifica nella pretesa. a superare il rifiuto opposto dall’ufficiale dello stato civile all’attribuzione del doppio cognome ai due figli della coppia sopra ricordati.

In tale prospettiva, non assume alcun rilievo il fatto che i ricorrenti possano generare o abbiano generato altri figli, poichè, si ripete, l’interesse ad agire va individuato in relazione allo specifico procedimento del quale si discute.

Neppure è pertinente il richiamo a Corte europea dei diritti dell’uomo, 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo c. Italia.

E’ esatto quanto osservato dai ricorrenti, ossia che la Corte di Strasburgo ha respinto l’eccezione del Governo italiano che aveva sostenuto l’assenza, nel caso di specie, di un pregiudizio significativo, dal momento che il Prefetto aveva autorizzato gli istanti ad aggiungere, per tutti i loro figli minorenni, il cognome della madre al cognome del padre.

E, tuttavia, tale soluzione va apprezzata, tenendo conto dell’oggetto del procedimento in questione, giacchè, ai sensi dell’art. 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, viene denunciata appunto una violazione della Convenzione medesima. Ne discende che coerentemente la Corte europea ha ritenuto, al punto 31 della sentenza, che una decisione o una misura favorevole al ricorrente è in linea di principio sufficiente a revocargli la qualità di “vittima” soltanto se le autorità nazionali hanno riconosciuto, espressamente o sostanzialmente, e poi riparato la violazione della Convenzione, aggiungendo, con specifico riguardo al caso in esame, che i ricorrenti lamentavano di non aver potuto far attribuire alla figlia, fin dalla sua nascita, il cognome della madre, dal momento che le autorità italiane non avevano accettato di iscrivere la figlia nei registri dello stato civile con il cognome della donna e si erano limitate ad autorizzare, dopo circa tredici anni, un cambiamento di cognome in base al D.P.R. n. 396 del 2000, art. 84. Peraltro, tale cambiamento non era consistito nell’attribuire soltanto il cognome della madre, come domandavano i ricorrenti, ma semplicemente nell’aggiungere il cognome della madre a quello del padre.

In tal modo ricostruita la portata della decisione della Corte di Strasburgo, è evidente che essa non dimostra affatto la sussistenza di un interesse dei ricorrenti ad ottenere un accertamento astratto del diritto, una volta conseguita l’utilità perseguita con l’iniziativa giurisdizionale.

3. Le superiori considerazioni comportano l’assorbimento dei restanti motivi, con i quali i ricorrenti, sotto vari profili, insistono nel sostenere la fondatezza della loro pretesa (motivi terzo, sesto e settimo), prospettando, per il caso di non condivisa interpretazione della disciplina vigente nel senso da loro auspicato, questione di legittimità costituzionale degli artt. 237, 262 e 299 c.c., del R.D. n. 1238 del 1939, art. 72 del D.P.R. n. 396 del 2000, artt. 33 e 34 (quarto e quinto motivo), della L. n. 218 del 1995, art. 19, comma 2 (motivi ottavo, nono e decimo).

PQM

Rigetta il ricorso. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati in sentenza. Non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, in quanto dagli atti il processo risulta esente.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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