Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19604 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/07/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 19/07/2019), n.19604

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20300/2017 R.G. proposto da:

c.p.R. Engineering S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Alfredo

Cortesi, con domicilio eletto in Roma, via Luigi Giuseppe Faravelli,

n. 22, presso lo studio del Prof. Avv. Arturo Maresca;

– ricorrente –

contro

C.N. T. Costruzioni S.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna, n. 255/2017,

depositata il 30 gennaio 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2019

dal Consigliere Dott. Iannello Emilio.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato c.p.R. Engineering S.r.l. al pagamento in favore di C.N. T. Costruzioni S.r.l. dell’importo di Euro 34.000, oltre interessi legali dalla domanda, a titolo di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c..

Trattavasi di somme che, secondo la prospettazione dell’attrice/appellante C.N. T. Costruzioni S.r.l. (soccombente in primo grado), erano state consegnate, con assegni bancari, a titolo di caparra e acconto sul corrispettivo convenuto, in base a preliminare, per la realizzazione di un immobile successivamente alienato a terzi dalla promittente.

La Corte d’appello, confermato il rigetto della domanda principale di risoluzione del preliminare e di conseguente condanna di c.p.R. Engineering S.r.l. alla restituzione delle predette somme e al risarcimento del danno, ha tuttavia ritenuto fondata la subordinata pretesa di indennizzo ex art. 2041 c.c., rilevando che: a) l’esborso della predetta somma, con somme tratte da conto corrente bancario intestato alla C.N. T., risultava provata dalla documentazione in atti; b) diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, i documenti prodotti (e in particolare una lettera di C.N. T. del 2/8/2005) non dimostravano che detta somma fosse mai stata restituita.

2. Avverso tale decisione c.p.R. Engineering S.r.l. propone ricorso

per cassazione con tre mezzi.

L’ente intimato non svolge difese nella presente sede.

3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, con la quale è stata prospettata una causa di improcedibilità del ricorso per essere stata prodotta copia della sentenza impugnata corredata da “dichiarazione di conformità” (“alla copia informatica presente nel fascicolo informatico della Corte d’appello, dal quale è stata estratta”) sottoscritta, in data 31/7/2017, non dall’avvocato officiato del ricorso per cassazione, ma dal precedente difensore costituito nel giudizio di appello (Avv. Alessandra Ravazzoni) (sul punto v. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10941 del 08/05/2018).

Tale proposta è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione del combinato disposto di cui agli artt. 2041 e 2042 c.c., in relazione alla disposizione di cui all’art. 2033 c.c.”.

Rileva in sintesi che la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare improponibile l’azione di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c., per difetto del requisito di sussidiarietà, essendo nella specie la pretesa restitutoria tutelabile attraverso l’azione di ripetizione di indebito art. 2033 c.c..

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di motivazione inesistente o solamente apparente, per avere la Corte d’appello omesso di fornire giustificazione alcuna della ritenuta sussistenza dei presupposti dell’azione di ingiustificato arricchimento.

3. Con il terzo motivo infine la ricorrente denuncia, ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio attinente alla carenza, rilevabile d’ufficio, di titolarità passiva del rapporto controverso.

Premette di avere sempre evidenziato, fin dalle prime difese, che gli importi pretesi in restituzione erano portati da assegni intestati ed incassati da soggetto giuridico (tale S.G.) diverso da essa convenuta.

Afferma trattarsi di circostanza documentale e pacifica, ammessa dalla stessa appellante a pag. 5 dell’atto d’appello.

Lamenta quindi che sul punto, rilevante in quanto afferente alla titolarità passiva del rapporto dedotto in giudizio, la Corte d’appello ha totalmente omesso di pronunciarsi.

3. Mette conto preliminarmente rilevare che la notifica del ricorso, benchè non indirizzata presso la cancelleria della Corte d’appello, dove controparte risultava aver eletto domicilio, deve comunque ritenersi validamente effettuata e perfezionata negli altri luoghi alternativi indicati dall’art. 330 c.p.c., comma 1, ossia presso il procuratore costituito e nella sede della società.

4. A prescindere dalla causa di improcedibilità rilevata nella proposta, il ricorso deve essere rigettato.

Tutti i motivi si appalesano infatti carenti di indicazione specifica degli atti sui quali si fondano.

Il primo, in particolare, lo è perchè non fornisce l’indicazione specifica dei fatti costitutivi della domanda, sicchè non consente di comprendere in che termini essa fosse stata proposta.

La sentenza impugnata ha espressamente escluso che vi fosse stata stipula di un contratto e il primo giudice aveva rigettato l’azione di arricchimento.

In tale contesto non è dato sapere – e la ricorrente omette ogni indicazione al riguardo – se la qualificazione dell’azione (come di ingiustificato arricchimento e non come ripetizione di indebito) fosse stata oggetto di discussione ed esigesse pertanto, o all’opposto non lo fosse stato e pertanto non lo esigesse, che fosse proposto appello incidentale.

Il secondo motivo è poi infondato, sia perchè risente dell’omessa specificazione del tenore della domanda e delle prospettazioni delle parti, che erano la misura del dovere di motivazione, sia perchè omette di considerare tutta la motivazione esposta in sentenza con riferimento alle ragioni che sono ritenute idonee a fondare la domanda di ingiustificato arricchimento (v. sentenza impugnata, pagg. 4 – 5).

Il terzo motivo si appalesa infine anch’esso inammissibile perchè carente nella illustrazione e comunque palesemente inosservante dell’onere di specifica indicazione dell’atto su sui si fonda, imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6.

5. Non avendo l’intimata, come detto, svolto difese nella presente sede, non v’è luogo a provvedere sulle spese.

Ricorrono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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