Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1960 del 29/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/01/2020, (ud. 09/04/2019, dep. 29/01/2020), n.1960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GILOTTA Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al N. R.G. 11930 proposto da:

M.F., rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuele

Pomponi del foro di Siena e Alessandro Bozza del foro di Roma,

presso quest’ultimo domiciliato in via Nazionale 204;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– controricorrente –

per l’annullamento della sentenza n. 305/1/12 emessa inter partes il

5.12. 2012 dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana,

che, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia

delle Entrate contro la sentenza 33/05/11 della Commissione

Tributaria Provinciale di Siena, ha ritenuto ricavo occulto – e

quindi confermato nella parte corrispondente l’accertamento

dell’Ufficio – il versamento di Euro 37.000,00 eseguito in data

31.12.2004.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con avviso di accertamento n. (OMISSIS) l’Agenzia delle Entrate di Siena ha contestato – fra l’altro – a M.F. l’omessa contabilizzazione di ricavi per Euro 37.000,00 quale importo corrispondente alla registrazione del 31.12.2004 di un versamento nel conto “Cassa” motivato come “restituzione a c-titolare in Cassa”, ritenuto privo di adeguata giustificazione contabile.

Impugnato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Siena, l’accertamento è stato annullato.

Su appello dell’Agenzia delle Entrate la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, l’accertamento è stato sul punto confermato, in forza del rilevo secondo cui “i versamenti dell’operatore economico sul conto dell’impresa si presumono, anche in caso di impresa individuale, provenienti dal reddito dell’impresa stessa e compete al contribuente dimostrare che si tratta di fondi di altra provenienza, il che hel caso di specie non è avvenuto essendosi limitato ad asserzioni prive di riscontro adeguato”.

Il contribuente ricorre per la cassazione della sentenza con tre motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo il ricorrente denuncia “violazione o falsa applicazione di una norma di diritto (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett d)), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” rinnovando l’eccezione di inammissibilità dell’accertamento in presenza di una contabilità aziendale riscontrata regolare nella registrazione e nella conservazione.

Il motivo è palesemente infondato.

Oggetto del presente ricorso è la rettifica dei ricavi d’impresa operata dall’ufficio a seguito di accesso effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33. Detta rettifica è stata eseguita sulla base della contabilità del contribuente e dell’imputazione a ricavi di un versamento, risultante dalla stessa contabilità, dove risultava motivato “restituzione a c-titolare in Cassa”. L’Ufficio ha, quindi, operato in base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), prima parte.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “violazione o falsa applicazione di una norma di diritto (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 55, 57,58 e 88) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, invocando la giurisprudenza che esclude che le anticipazioni fatte dal titolare in favore dell’azienda personale costituiscano ricavi o plusvalenze (Cass., 21511/2010; Cass., 17954/2012).

Anche questo motivo è palesemente infondato.

La res iudicanda infatti non è l’assimilazione dell’anticipazione effettuata dal titolare alla sua azienda personale alla base imponibile, ma l’imputazione a reddito di un versamento effettuato in conto cassa dal titolare dell’azienda individuale in termini di ricavo occulto. Sul punto, e a fortiori, è applicabile la disciplina prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, per le risultanze dei conti correnti, la portata della quale è peraltro estensibile anche ai redditi delle persone fisiche (Cass., 1519/2017).

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riguardo alla dimostrazione della provenienza dei fondi utilizzati per effettuare il versamento del 31 dicembre 2004”, in relazione ai documenti già prodotti che dimostravano che il versamento era stato effettuato a titolo di rimborso a fronte di prelevamenti per oltre settantacinque mila Euro risalenti agli anni precedenti e a seguito della riscossione di due polizze, avvenuto nel luglio precedente, e relative a se stesso e a sua moglie.

Il motivo è inammissibile.

Su questa questione, che è di puro merito, la Commissione Tributaria Regionale si è pronunciata ritenendo “prive di riscontro adeguato” le asserzioni del contribuente.

Il contribuente la riproduce sussumendola nel vizio dell’omessa o dell’insufficiente motivazione, laddove innanzi tutto la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (applicabile essendo stata emessa la sentenza impugnata il 5 dicembre 2012) non contempla il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione; in secondo luogo l’esame del fatto addotto (dell’imputazione del versamento alla parziale estinzione di una precedente obbligazione) è avvenuto al pari dell’esame delle polizze, di alcuni mesi antecedenti, dalle quali sarebbe derivata la provvista occorrente.

Ne deriva, in conclusione, il rigetto del ricorso.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere, all’Agenzia delle Entrate, le spese del procedimento, che liquida in Euro 3.800,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020

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