Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19597 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19597 Anno 2018
Presidente: CRUCITTI ROBERTA
Relatore: CONDELLO PASQUALINA ANNA PIERA

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26387/11 R.G. proposto da:
ECOSYN S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore, rappresentata
e difesa dagli avv.ti Salvatore Capomacchia e Cesare Persichelli, con
domicilio eletto in Roma, via Crescenzio, n. 20;

ricorrente

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., rappresentata e
difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma,
via dei Portoghesi, n. 12;

contro ricorrente

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Friuli
Venezia Giulia n. 86/8/10 depositata in data 21 settembre 2010
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12.6.2018 dal
Consigliere dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello

RITENUTO IN FATTO

Data pubblicazione: 24/07/2018

La società Ecosyn s.r.l. in liquidazione proponeva ricorso avverso il
silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate sulla istanza di rimborso
Ilor relativa al periodo di imposta 1997.
In particolare, rilevava che nella presentazione del mod 760/98 della
dichiarazione dei redditi relativa al 1997 aveva indicato nel quadro RG rigo
42 un credito di imposta di lire 53.709.000, ma, per mero errore materiale,
aveva omesso di riportarlo nel modello 760/99, presentato per il periodo

nell’anno precedente, pari ad euro 25.823,36.
L’Ufficio, costituendosi in giudizio, eccepiva l’intempestività della
istanza di rimborso, in quanto inoltrata in data 13/2/2006, ossia oltre il
termine di 48 mesi previsti dalla legge del 13/5/2009, art. 1, comma 5.
La Commissione Tributaria provinciale, considerato che
l’Amministrazione finanziaria in sede di verifica non aveva proceduto alla
correzione dell’errore materiale, né si era attivata per la restituzione della
somma vantata dalla contribuente, accoglieva il ricorso.
La decisione di primo grado veniva riformata dalla Commissione
tributaria regionale, che, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, osservava
che l’istanza di rimborso era stata presentata oltre il termine di 18 mesi
previsti, a pena di decadenza, dall’art. 38, comma 2, del d.P.R. n. 602/73 e
che nel caso in esame non era invocabile il principio dell’arricchimento senza
causa di cui all’art. 2041 cod. civ., dato che il successivo art. 2042 cod. civ.
ne subordinava il richiamo all’impossibilità da parte del danneggiato di
esercitare altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito.
Avverso la suddetta decisione ricorre per cassazione la società
Ecosyn s.r.l. in liquidazione, con due motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste mediante controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo la contribuente deduce la nullità della sentenza
impugnata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., per
avere la Commissione regionale omesso di pronunciarsi su una questione
determinante ai fini della decisione della controversia.

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d’imposta 1998; aveva, pertanto, richiesto il rimborso del credito maturato

In particolare, la ricorrente, premesso che la questione devoluta al
giudice di secondo grado imponeva di valutare se, nel caso in esame,
ricorressero i presupposti per dare luogo ad un rimborso d’ufficio ai sensi
dell’art.

36 bis

del d.P.R. n. 600/73, che prevede il potere

dell’Amministrazione di rettificare l’errore materiale sfavorevole al
contribuente risultante dalla dichiarazione dei redditi, o se, piuttosto,
ricorressero i presupposti di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 600/73, che impone,

di rimborso per i versamenti effettuati in eccedenza, lamenta che la
Commissione Tributaria regionale ha omesso di pronunciarsi sulla questione
ad essa sottoposta.
1.1. La censura è infondata.
Non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata
decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una
statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. n. 29191 del
06/12/2017).
Infatti, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non
basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario
che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa
indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la
decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla
parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo
ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col
capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con
l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. n. 20311 del
04/10/2011).
1.2. Dall’esame della sentenza impugnata emerge che il giudice di
appello, dopo avere richiamato i motivi di gravame ed illustrato le rispettive
tesi difensive delle parti, ha dichiarato la decadenza del diritto al rimborso,
dato che la relativa istanza era stata presentata oltre il termine di 18 mesi
previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 600/73, riconducendo in tal modo la
fattispecie alla disciplina prevista da tale ultima disposizione normativa e

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invece, al contribuente di proporre, entro un termine decadenziale, istanza

considerando, implicitamente, non fondate le argomentazioni esposte dalla
contribuente.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, con
riferimento agli artt. 36-bis del d.P.R. n. 600/73, 38 d.P.R. n. 602/73 e
2041 cod. civ., per avere la C.T.R. erroneamente affermato l’operatività del
termine decadenziale di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 600/73, non ravvisando
la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina prevista
36-bis

del d.P.R. n. 600/73, che avrebbe comportato il

riconoscimento del diritto al rimborso in capo al contribuente, trattandosi di
diritto esercitabile nel termine decennale di prescrizione.
2.1. Il motivo non è fondato.
L’art. 38 del d.P.R. n. 602/73 dispone che l’istanza di rimborso deve
essere presentata entro il termine di diciotto mesi dalla data del versamento
del quale si chiede la restituzione, sicchè, dalla chiara enunciazione della
norma discende che, per ottenere il rimborso di quanto erroneamente
versato, deve essere presentata apposita istanza nel termine perentorio
indicato dalla legge.
E’ ben vero che, in tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente
evidenzi in dichiarazione un credito di imposta, non occorre da parte sua
altro adempimento, dovendo tale comportamento considerarsi istanza di
rimborso (Cass. n. 21734 del 2014); ma ciò vale per la somma esposta in
dichiarazione e non anche per un importo superiore, che il contribuente
ritiene a lui spettante, ma che non risulta indicato, seppure per mero errore
materiale, nella dichiarazione dei redditi.
Per ottenere il rimborso del maggior importo asseritamente
spettante, ma non esposto in dichiarazione, è infatti necessario presentare
l’istanza di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 600/73, entro il termine prescritto,
che decorre dalla data in cui il versamento è stato effettuato.
Come è stato chiarito dalla

giurisprudenza

di

legittimità,

“nell’ordinamento tributario vige, per la ripetizione del pagamento indebito,
un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di
decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta o, comunque,
in difetto, dalle norme sul contenzioso tributario (art. 16, comma 6, del

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dall’art.

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 e, ora, artt. 19, comma 1, lett. g, e 21,
comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), regime che impedisce, in
linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di
diritto comune. Ne discende che, da un lato, all’istituto del rimborso su
istanza di parte deve riconoscersi carattere di regola generale in materia
tributaria- idonea, come tale, ad orientare anche l’interprete- e, dall’altro, le
norme che contemplano l’istituto del rimborso ufficioso (che, ove

eccezionale, vanno considerate di stretta interpretazione” (Cass. n. 16551
del 28/7/2011).
Ciò comporta che, qualora il contribuente abbia evidenziato nella
dichiarazione dei redditi un credito d’imposta, non occorre, da parte sua,
alcun altro adempimento per ottenere il rimborso, dovendo solo attendere
che l’Amministrazione finanziaria eserciti un controllo sui dati esposti in
dichiarazione secondo la procedura di liquidazione delle imposte prevista
dall’art. 36-bis del d.P.R. n. 600/73 o attraverso lo strumento della rettifica
della dichiarazione; nel caso, invece, in cui il contribuente sia incorso in
errore, per avere omesso di indicare nella dichiarazione il credito di imposta,
tale errore non può essere considerato rilevabile

ictu °cui/

dalla

Amministrazione finanziaria in quanto, oltre a non emergere direttamente
dalla dichiarazione, non può essere automaticamente considerato produttivo
di una discrepanza tra imposta dichiarata ed effettivamente versata che
evidenzia l’obbligo dell’Amministrazione di procedere al rimborso sul
presupposto della chiara ed inequivoca intenzione della contribuente di far
valere il suo credito di imposta (Cass. n. 16551 del 28/7/2011).
2.2. Nel caso in esame risulta pacifico, sulla base di quanto esposto
nello stesso ricorso, che la contribuente non aveva indicato in dichiarazione
il credito di cui essa chiede il rimborso, con la conseguenza che dalla
dichiarazione non poteva derivare l’obbligo, a carico dell’Amministrazione, di
effettuare di ufficio il rimborso.
Poiché la istanza di rimborso della maggior somma spettante rispetto
a quella esposta in dichiarazione è stata presentata solo in data 13/2/2006,

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applicabile, esclude ovviamente l’operatività del primo), data la loro natura

risulta evidente che essa è stata tardivamente inoltrata oltre il termine
perentorio di diciotto mesi previsti dall’art. 38 del d.P.R. n. 600/73.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore

in euro 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in camera di consiglio il 12 giugno 2018

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dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida

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