Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19591 del 27/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19591 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 4188-2008 proposto da:
FONDIARIA SAI S.P.A. 00818570012 (gia’ SAI SOCIETA
ASSICURATRICE INDUSTRIALE S.P.A.), in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 44,
presso lo studio dell’avvocato PERILLI MARIA
2013
1116

ANTONIETTA, che la rappresenta e difende giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

DEMETRIO BRUNO, DEMETRIO CONCEZIO;

1

Data pubblicazione: 27/08/2013

-

intimati

avverso il provvedimento n. 32/2007 del TRIBUNALE DI
SE2(0KJE
TERAMO
DISTACCATA DI ATRI, depositata il

[112

aur

26/03/2007 R.G.N. 752/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato CARLA SILVESTRI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del 1 0 e 2 ° motivo e accoglimento del 3 °
motivo di ricorso.

2

udienza del 17/05/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Concezio Demetrio e Bruno Demetrio, nelle rispettive
qualità di conducente e proprietario, citavano a giudizio,
davanti al Giudice di pace di Notaresco, la SAI s.p.a., nella
qualità di impresa designata ai sensi dell’art. 19 della legge

danni conseguenti ad un sinistro stradale con un veicolo
rimasto non identificato, verificatosi lungo la strada statale
16 in territorio di Roseto degli Abruzzi.
Il Giudice di pace respingeva la domanda.
2. Gli attori proponevano appello e il Tribunale di Teramo,
Sezione distaccata di Atri, con sentenza del 26 marzo 2007, in
riforma della pronuncia di primo grado condannava la SAI s.p.a.
a pagare a Concezio Demetrio la somma di euro 1.822 a titolo di
danno morale ed a Bruno Demetrio la somma di euro 3.181 per
danni all’autovettura, il tutto con rivalutazione ed interessi
e con compensazione delle spese del grado.
Osservava il Tribunale che il Demetrio aveva provveduto a
denunciare il sinistro poche dopo che lo stesso si era
verificato e che la Polizia stradale aveva compiuto le
verifiche

in loco

alcuni giorni dopo, sicché ogni traccia

dell’incidente era ormai andata perduta. Dall’espletata c.t.u.,
però, era emerso un quadro dei danni riportati dalla vettura di
proprietà di Bruno Demetrio compatibili con la dinamica
dell’incidente descritta da Concezio Demetrio, sia pure in un
ordine di probabilità di circa il 60 per cento. Anche le

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24 dicembre 1969, n. 990, per chiedere il risarcimento dei

lesioni refertate a quest’ultimo presso l’ospedale di Atri
risultavano compatibili con quanto dal medesimo riferito.
3. Avverso la sentenza d’appello propone ricorso la
Fondiaria SAI s.p.a., con atto affidato a tre motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo

di

ricorso si lamenta, ai sensi

dell’art. 360, primo comma, nn. 3) e 5), cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 19, lettera a), della
legge n. 990 del 1969, degli artt. 2054, 2697 e 2700 cod. civ.
e dell’art. 116 cod. proc. civ., oltre a vizio di motivazione.
Rileva la società ricorrente che la richiesta di
risarcimento avanzata nei confronti del Fondo di garanzia delle
vittime della strada non esime il danneggiato dall’onere di
provare che il sinistro si è verificato per fatto doloso o
colposo di altro veicolo; oltre a questo, il danneggiato è
tenuto a collaborare con le autorità competenti, anche con
presentazione di denuncia o querela, onde consentire
l’identificazione del responsabile.
Nel caso specifico, il Demetrio ha presentato denuncia otto
ore dopo il presunto incidente, fornendo alla Polizia la
propria versione dell’accaduto. L’accertamento dei danni
riportati dalla vettura, analogamente all’ispezione dei luoghi,
sono stati svolti solo una settimana dopo, tanto che il verbale
della Polizia dà conto della sostanziale impossibilità di

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sede.

ricostruire la dinamica dell’incidente. Anche la relazione del
c.t.u. nominato nel giudizio di primo grado, poi, si presenta
in termini altamente dubitativi, in quanto pone in evidenza che
i danni patiti dalla vettura erano compatibili con l’urto
contro un altro mezzo, ma anche con l’urto contro un ostacolo

Il motivo è supportato dai seguenti quesiti di diritto:
«nell’ipotesi di sinistro cagionato da veicolo non
identificato costituisce onere probatorio a carico del
danneggiato la dimostrazione della presenza e della condotta
colposa o dolosa del conducente dell’altro veicolo rimasto
sconosciuto?
L’efficacia di piena prova fino a querela di falso di un
verbale di accertamento di un incidente stradale redatto da
organi di polizia sussiste riguardo ai meri giudizi valutativi
espressi dal pubblico ufficiale redigente?
La c.t.u. costituisce un mezzo di prova o uno strumento di
valutazione della prova già acquisita agli atti?
In ogni caso, la c.t.u. può essere intesa come un mezzo
sostitutivo dell’onere della prova incombente sulla parte?
La presunzione di pari responsabilità ex art. 2054 cod.
civ. è applicabile anche nel caso di sinistro cagionato da
veicolo non identificato?»
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione
e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 del codice civile.

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fisso.

flA)/

Si rileva, a sostegno, che la sentenza del Tribunale ha
riconosciuto che le lesione riportate da Concezio Demetrio sono
perfettamente compatibili con l’evento dannoso in questione. In
realtà, invece, il Demetrio si è recato presso gli uffici della
Polizia stradale circa otto ore dopo l’accaduto, senza fare

giorni dopo egli è andato all’ospedale di Atri dove gli è stato
diagnosticato un trauma contusivo pregresso al gomito destro e
la presenza di un corpo estraneo nell’occhio sinistro. Osserva
la società ricorrente che un simile referto, per di più redatto

menzione alcuna delle lesioni asseritamente subite; solo due

due giorni dopo il presunto incidente, non può costituire prova fiAik.,C
dell’esistenza di un danno alla salute conseguente al fatto per
cui è causa, mancando la prova del nesso di causalità.
Il motivo è supportato dal seguente quesito di diritto:
«il danneggiato da incidente stradale deve fornire la
prova, oltre che dell’esistenza del danno lamentato, anche del
nesso di causalità tra tale danno ed il comportamento doloso o
colposo del danneggiante, cioè della riconducibilità del danno
al fatto del danneggiato?»
3. Rileva il Collegio che il presente ricorso si colloca,
ratione temporis, nel periodo di vigenza dell’art. 366-bis cod.
proc. civ., il quale imponeva che ciascun motivo di ricorso
fosse concluso dalla formulazione di un quesito di diritto e
che, in relazione alla censura di vizio di motivazione, venisse
fornita chiara indicazione del fatto controverso in relazione

6

al quale si assumeva che la motivazione fosse mancante,
insufficiente o contraddittoria.
3.1. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il
quesito di diritto deve essere formulato in termini tali da
costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così

iuris

suscettibile di ricevere applicazione anche in casi

ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. È
inammissibile, perciò, il motivo di ricorso per cassazione il
cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di

da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula

carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione IfUC
sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla
fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta
utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non
potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o
integrare il primo con il secondo (Sez. Un., sentenza 11 marzo
2008, n. 6420). Il quesito di diritto deve essere risolutivo
del punto della controversia e non può risolversi nella
richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di
principio da parte del giudice di legittimità (sentenza 3
agosto 2007, n. 17108); esso, infatti, dovendo assolvere alla
funzione di integrare il punto di congiunzione tra la
risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio
giuridico generale, non può essere meramente generico e
teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per
mettere la Corte in grado di comprendere dalla sua sola lettura

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l’errore asseritamente compito dal giudice di merito e la
regola applicabile (sentenza 7 marzo 2012, n. 3530).
3.2. Quanto, invece, alle censure di cui all’art. 360,
primo comma, n. 5), cod. proc. civ., questa Corte ha in più
occasioni rilevato l’inammissibilità della censura di omessa,

formulazione del c.d. quesito di fatto, in ossequio alla

ratio

che sottende la disposizione indicata, secondo cui la Corte di
legittimità deve essere posta in condizione di comprendere,
dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal
giudice di merito (sentenza 18 novembre 2011, n. 24255). Tale
motivo di ricorso per cassazione, perciò, deve contenere un
momento di sintesi omologo al quesito di diritto, costituente
una parte che si presenti a ciò specificamente e
riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i
limiti in maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (Cass., S.U., 18 giugno 2008, n. 16528, seguita,
fra le altre, di recente, dalle sentenze 4 dicembre 2012, n.
21663, e 18 dicembre 2012, n. 23363).
4. Alla luce dei criteri ora richiamati, i primi due motivi
di ricorso sono inammissibili.
Essi, infatti, contengono, in relazione alle censure di
violazione di legge, quesiti che non sono tali, poiché si
risolvono nella formulazione di domande la cui risposta è ovvia
in senso affermativo, ma che non sono di alcuna utilità ai fini

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insufficiente o contraddittoria motivazione per mancata

della decisione, perché non valgono a scardinare la motivazione
della sentenza impugnata. Tali quesiti, in realtà, mascherano
una richiesta di riesame del merito che è evidentemente
preclusa in sede di legittimità, alla luce della giurisprudenza
di questa Corte secondo cui in tema di responsabilità derivante

ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente ed al
comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso
coinvolti si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta
insindacabile in sede di legittimità quando sia adeguatamente
motivato ed immune da vizi logici e da errori giuridici, e ciò
anche per quanto concerne il punto relativo alla prova
liberatoria di cui all’art. 2054 cod. civ. (sentenza 10 agosto
2004, n. 15434, ribadita dalle sentenze 23 febbraio 2006, n.
4009, e 25 gennaio 2012, n. 1028).
Quanto alla censura in termini di vizio di motivazione,
manca del tutto il necessario momento di sintesi idoneo a
circoscrivere il punto sottoposto al giudice di legittimità.
5.1. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione
dell’art. 19 della legge n. 990 del 1969 e dell’art. 113 cod.
proc. civ., in relazione al tipo di danno per il quale il
Tribunale ha riconosciuto il risarcimento.
La sentenza impugnata, infatti, contravvenendo al chiaro
dettato del menzionato art. 19, ha riconosciuto non solo il
risarcimento dei danni alla persona, ma anche di quelli alla

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da sinistri stradali, l’apprezzamento del giudice di merito in

vettura, mentre il testo della legge prevede, in caso di
responsabilità dell’impresa designata dal Fondo di garanzia,
che il risarcimento sia limitato ai danni personali.
5.2. Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata, infatti, con evidente violazione di

di proprietario del veicolo incidentato, il risarcimento del
danno alla vettura nella misura di euro 3.181.
Alla luce del chiaro testo dell’art. 19, secondo comma,
della legge n. 990 del 1969, invece, in caso di sinistro
cagionato da veicolo non identificato la responsabilità del
Fondo di garanzia delle vittime della strada, attraverso
l’impresa a ciò designata, è limitata ai danni alla persona,
sicché non poteva in alcun modo essere riconosciuto il
risarcimento del danno alla vettura. Simile disposizione, tra
l’altro, è stata sostanzialmente riprodotta nell’art. 283,
comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, oggi
vigente.
6. In conclusione, vanno dichiarati inammissibili il primo
ed il secondo motivo di ricorso, mentre va accolto il terzo.
La sentenza impugnata è cassata per quanto di ragione e,
poiché non sono necessari, sotto questo profilo, ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito,
ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.,
rigettando la domanda di risarcimento danni all’autovettura
proposta da Concezio Demetrio e Bruno Demetrio. La sentenza

10

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legge, ha disposto in favore di Bruno Demetrio, nella qualità

d’appello, peraltro, va confermata sotto il profilo della
compensazione integrale delle spese. Quanto al giudizio di
cassazione, Bruno Demetrio, siccome soccombente in riferimento
all’odierna decisione, deve essere condannato al pagamento
delle medesime, liquidate in conformità ai soli parametri

sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte

dichiara inammissibili

motivo di ricorso,

accoglie

il primo ed il secondo

il terzo,

cassa

la sentenza

impugnata per quanto di ragione e, decidendo nel merito,
rigetta la domanda di risarcimento dei danni all’autovettura
proposta da Concezio Demetrio e Bruno Demetrio; compensa
integralmente le spese del giudizio di appello; condanna Bruno
Demetrio al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
che liquida in complessivi euro 1.500, di cui euro 200 per
spese, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 17 maggio 2013.

introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140,

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