Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19589 del 16/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 16/09/2010, (ud. 02/07/2010, dep. 16/09/2010), n.19589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN TOMMASO

D’AQUINO 116, presso lo studio dell’avvocato BORELLO CARLO, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e ROMEO LUCIANA,

giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma del

20/04/06, rep. 70590;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1566/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 30/12/2005 r.g.n. 652/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/07/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato MACRI’ FRANCESCO ANGELO per delega CARLO BORELLO;

udito l’Avvocato RITA RASPANTI per delega LUCIANA ROMEO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 26-10/21-12-2001 il Giudice de lavoro del Tribunale di Vibo Valentia, sul ricorso proposto da D.A. per il riconoscimento del suo diritto a rendita per invalidità conseguita in un infortunio occorsogli in data 26-5-1987, mentre lavorava per l’azienda Bertolami, respingeva la domanda in quanto dalla consulenza espletata era risultata una inabilità dell’11% alla data del 12-9- 2000 e, quindi, i presupposti per il riconoscimento del diritto a rendita non erano sussistenti nè al momento della visita nè a quello del deposito del ricorso introduttivo, non avendo comprovato il ricorrente l’espletamento di attività usurante alla data del riconoscimento della predetta percentuale di inabilità.

Il D. proponeva appello avverso la detta sentenza, con ricorso depositato il 16-5-2002, chiedendo che venisse riformata la sentenza con l’accoglimento della domanda e con vittoria delle spese del doppio grado.

L’INAIL si costituiva resistendo al gravame e chiedendone il rigetto, con la conferma della sentenza impugnata.

La Corte d’Appello di Catanzaro, rinnovata la consulenza, con sentenza depositata il 30-12-2005, respingeva l’appello e compensava le spese.

In sintesi la Corte territoriale, sulle conclusioni del CTU (postumi permanenti nella misura dell’11% a decorrere dal 12-9-2000) confermava la decisione di primo grado, rilevando che “il ricorrente non ha comprovato l’espletamento di attività usurante nell’ambito della sua attività lavorativa alla data del settembre 2000, alla quale il consulente riporta la misura di inabilità che gli darebbe diritto alla rendita.” Per la cassazione di tale sentenza il D. ha proposto ricorso con due motivi.

L’NAIL ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

La causa, trattata dapprima in camera di consiglio, in data 11-2-2010 è stata rimessa alla pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 74 e 215 e L. n. 457 del 1972, art. 5, rileva che nella fattispecie “non v’è dubbio nè sulla gravità dell’infortunio sul lavoro di cui il ricorrente è rimasto vittima, nè sui residui postumi invalidanti e sull’effettiva diminuzione dell’attitudine lavorativa che di tale infortunio sono diretta conseguenza” (11% in base alle risultanze delle CTU di primo e secondo grado).

Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando vizio di motivazione, lamenta che la Corte d’Appello ha omesso di motivare in ordine alla decorrenza del giudizio medico-legale di inabilità espresso dal CTU, senza considerare che “tutte le certificazioni prodotte” tendevano univocamente nel senso di una decorrenza antecedente al 12-9-2000, data della visita medico legale.

Il ricorrente censura, poi, la sentenza della Corte di merito nella parte in cui ha ritenuto “non comprovato l’espletamento di attività usurante … alla data del settembre 2000, alla quale il consulente riporta la misura di inabilità che gli darebbe diritto alla rendita”, deducendone la incongruità (con riferimento al lavoro agricolo) e la irrilevanza nella specie (trattandosi di incapacità lavorativa generica e non specifica).

I motivi non possono essere accolti, anche se la motivazione della sentenza impugnata va in parte corretta ex art. 384 c.p.c..

Come hanno accertato i giudici del merito il D., dall’infortunio subito nel 1987, aveva riportato una contusione- distorsione al ginocchio sinistro, con danno stabilizzato rappresentato da postumi permanenti valutabili nella misura dell’ 11% a decorrere dal 12-9-2000.

Tale decorrenza, espressa dal CTU (che ha confermato il giudizio medico legale già emerso in primo grado) e recepita dalla Corte d’Appello, è stata censurata, sotto il profilo del vizio di motivazione, con i secondo motivo, soltanto attraverso il generico richiamo alle “certificazioni prodotte”, le quali non sono state minimamente riportate nel ricorso, in violazione del principio di autosufficienza dello stesso (v. fra le altre Cass. 1-8-2001 n. 10484, Cass. 20-2-2003 n. 2527, Cass. 5-7-2007 n. 15218).

Al riguardo ripetutamente questa Corte ha affermato il principio secondo cui “il ricorrente che denuncia sotto il profilo di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, l’omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie ha l’onere di indicarne specificamente il contenuto” (v. fra le altre Cass. sez. 117-7-2007 n. 15952, Cass. 20-2-2003 n. 2527, Cass. 25-8- 2003 n. 12468, Cass. sez. 3^ 20-10-2005 n. 2032), essendo “necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi, mediante integrale trascrizione della medesima, la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte di cassazione, alla quale è precluso l’esame diretto degli atti, di delibare la decisività della medesima, dovendosi escludere che la precisazione possa consistere in meri commenti, deduzioni o interpretazioni delle parti” (v. Cass. sez. 3^ 24-5-2006 n. 12362, Cass. sez. 3^ 26-6-2007 n. 14751, Cass. sez. 3^ 26-6-2007 n. 14767).

Per il resto la censura si risolve in un mero dissenso diagnostico, che si traduce in una inammissibile richiesta di revisione del merito del convincimento del giudice” (v. fra le altre Cass. 17-4-2004 n. 7341, Cass. 28-10-2003 n. 16223, Cass. 25-6-2004 n. 11894).

Tanto rilevato, atteso che, nella fattispecie, come ha evidenziato l’istituto controricorrente, i postumi dell’infortunio sono stati valutati nella misura dell’11% di inabilità con decorrenza successiva alla scadenza del decennio dall’infortunio, legittimamente la Corte territoriale ha confermato il rigetto della domanda.

Al riguardo come più volte è stato affermato da questa Corte “il periodo di dieci anni dalla data dell’infortunio durante il quale l’infortunato dichiarato guarito senza postumi permanenti o con postumi inferiori al minimo indennizzabile, può a norma del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, comma 8, chiedere la liquidazione di rendita se a seguito di aggravamento i detti postumi abbiano raggiunto la soglia di indennizzabilità, costituisce un periodo di osservazione entro i (soli) limiti del quale si può tenere conto dei mutamenti dello stato di inabilità del soggetto assicurato, determinandosi dopo il suo decorso una presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi del fatto lesivo. Pertanto solo se la variazione dello stato di inabilità conseguente all’infortunio si sia verificata entro il decennio sorge l’eventuale diritto alla corresponsione della rendita, da esercitare nel termine triennale di prescrizione di cui al successivo art. 112 del citato D.P.R., decorrente dal momento dell’intervenuta variazione, e non già dalla scadenza del decennio” (v. Cass. 18-6-1998 n. 6109, cfr. Cass. 4-8- 1998 n. 7648, Cass. 16-3-2001 n. 3814, Cass. 6-12-2002 n. 17399).

Tanto basta per respingere il ricorso, correggendosi in tal senso la motivazione dell’impugnata sentenza (che, invece, ha fondato la decisione sulla irrilevante considerazione che “il ricorrente non ha comprovato l’espletamento di attività usurante nell’ambito della sua attività lavorativa alla data del settembre 2000”).

Infine, sulle spese non si provvede, ratione temporis, in base al testo originario dell’art. 152 disp. att. c.p.c., vigente anteriormente al D.L. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003, essendo la nuova disciplina applicabile ai soli ricorsi conseguenti a fasi di merito introdotte in epoca posteriore all’entrata in vigore dell’indicato D.L. (2 ottobre 2003) (v. Cass. 30-3-2004 n. 6324, Cass. 12-12-2005 n. 27323).

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2010

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