Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19588 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19588 Anno 2018
Presidente: LOCATELLI GIUSEPPE
Relatore: GIUDICEPIETRO ANDREINA

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5341/2011 R.G. proposto da
Delli Camini Domenico ed Annamaria, in proprio e nella qualità di eredi di Delli Camini
Antonio, rappresentati e difesi dall’avv. Andrea Amatucci, con cui
elettivamente domiciliati in Roma, viale Camillo Sabatini n.150 presso l’avv.
Antonio Cepparulo;
-ricorrenti contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata
dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
e
Equitalia Polis S.p.A., in persona del I.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv.
Antonio Sciaudone, con cui elettivamente domicilia in Roma al viale delle
Milizie n.22 presso l’avv. Andrea Del Vecchio;
-controricorrenti-

Data pubblicazione: 24/07/2018

avverso la sentenza n.442/01/2010 della Commissione Tributaria Regionale
della Campania, emessa il 12/7/2010, depositata il 19 luglio 2010 e non
notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 maggio 2018 dal
Consigliere Andreina Giudicepietro;

1. Delli Carpini Domenico ed Annamaria, in proprio e nella qualità di eredi di Delli
Carpini Antonio, ricorrono con cinque motivi contro l’Agenzia delle Entrate ed
Equitalia Polis S.p.A. per la cassazione della sentenza n.442/01/2010 della
Commissione Tributaria Regionale della Campania, emessa il 12/7/2010,
depositata il 19 luglio 2010 e non notificata, che ha rigettato l’appello dei
contribuenti, in controversia concernente l’impugnativa della cartella di
pagamento n. 028 2000 00575443 16 (con rispettivi numeri di riferimento
0280000057544316501 Delli Carpini Domenico e 0280000057544316502
Delli Carpini Annamaria), notificata il 17/7/07, riguardante l’iscrizione a
ruolo per l’ammontare di euro 101.479,75 a titolo di Irpef, Dor, add. Irpef
ed accessori per gli anni di imposta 1984, 1985 e 1986;
2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Campania riteneva sanato
ogni vizio attinente alla notifica della cartella di pagamento, l’esistenza di
una sufficiente motivazione della cartella esattoriale, l’infondatezza
dell’eccezione di nullità per l’omessa indicazione della data di esecutività del
ruolo, prevista solo a decorrere dal 1 luglio 2001, e del responsabile del
procedimento, prevista solo per i ruoli consegnati all’agente delle
riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008, l’infondatezza altresì
dell’eccezione di nullità relativa alla mancata sottoscrizione della cartella,
che non è prevista per la validità dell’atto, nonché la sufficiente indicazione
nell’atto della C.T.P. territorialmente competente per un eventuale ricorso;
3.

i ricorrenti chiedono la cassazione della sentenza d’appello, sul

presupposto dell’insanabilità del vizio di notifica della cartella, nonché della
nullità della stessa per la mancata indicazione della data di esecutività del
ruolo e del responsabile, l’omessa sottoscrizione e la carente motivazione;

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RILEVATO CHE:

il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 31 maggio 2018,
ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo
come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv.
in legge 25 ottobre 2016, n.197;
4. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate e l’Equitalia Polis S.p.A.
si sono costituite, resistendo con controricorso;
l’Agenzia delle Entrate proponeva, inoltre ricorso incidentale

chiedendo accertarsi il proprio difetto di legittimazione passiva;

CONSIDERATO CHE:
1.1. con il primo motivo, i ricorrenti denunziano la violazione e falsa
applicazione dell’art.26 d.P.R. n. 602/73, dell’art. 60 d.P.R. n.600/73 e
dell’art.137 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3, c.p.c.;
secondo i ricorrenti, la notifica a mezzo posta della cartella di
pagamento sarebbe radicalmente inesistente ed insuscettibile di sanatoria,
perché priva della relata in calce alla copia dell’atto notificato;
1.2. il motivo è infondato;
1.3. ed invero, questa Corte ha già chiarito che “in tema di riscossione
delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai
sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973,
mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con
avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio
postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982” (Cass. sent. n.
12083/16);
la notifica a mezzo posta effettuata direttamente dal concessionario non
richiede, quindi, la compilazione della relata di notifica;
inoltre, nel caso in esame, con accertamento in fatto insindacabile in
sede di legittimità, il giudice di appello ha rilevato che le cartelle, spedite a
mezzo posta dal concessionario ai contribuenti, risultano pervenute ai
destinatari, per cui, anche a voler ritenere nulla la notifica per eventuali vizi
formali, questi ultimi sarebbero comunque sanati, ai sensi degli artt.156 e
160 c.p.c., dal raggiungimento dello scopo dell’atto, avendo i ricorrenti
ricevuto la notifica ed impugnato tempestivamente l’atto anche nel merito;

N
3

5.

invero, poiché la notifica è una mera condizione di efficacia e non un
elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, essa
non attiene alla sua validità bensì, appunto, alla sua efficacia (si vedano ex
multis, Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 917/16 e Sezioni Unite,
sentenza n. 19704/15);
ne consegue che il vizio di nullità della notifica è del tutto irrilevante,

che si presume viziato, entro il termine di decadenza concesso all’ente per
adottare e notificare il provvedimento amministrativo di imposizione
tributaria;
2.1. con il secondo motivo, i ricorrenti denunziano la violazione e falsa
applicazione dell’art.25 d.P.R. n.602/73 e dell’art. 12 d.P.R. n.602/73, in
relazione all’art.360, comma 1, n.3, c.p.c.;
secondo i ricorrenti, la mancata indicazione della data in cui sono stati
resi esecutivi i ruoli, prevista già dall’art. 12 d.P.R. n.602/73, renderebbe
nulla la cartella esattoriale;
2.2. il motivo è infondato;
2.3. a prescindere dalla sussistenza o meno della suddetta indicazione
(questione di fatto, insindacabile in sede di legittimità), ai sensi dell’art.25
d.P.R. n.602/73, che si riferisce al contenuto della cartella esattoriale,
l’obbligo di inserire nella cartella l’indicazione della data in cui il ruolo è
stato reso esecutivo è stato introdotto dall’art.8, comma 1, lett. b), d.lgs. n.
32/01 e, come correttamente ritenuto dal giudice di appello, si applica ai
ruoli resi esecutivi successivamente alla data del 1/7/2001;
nel caso di specie il giudice di appello ha accertato che il ruolo è stato
reso esecutivo in data 6 luglio 2000 e consegnato all’esattore il successivo
25 luglio 2000, per cui non vi era l’obbligo di indicazione della data di
consegna nella cartella esattoriale;
è anche il caso di rilevare che, nell’esposizione del motivo, il ricorrente
fa riferimento alla mancata indicazione della data di consegna del ruolo al
concessionario, dato che non deve essere riportato nella cartella di
pagamento, come risulta implicitamente dall’art.25 d.P.R. n.602/73 ed
esplicitamente dall’ art.6 del regolamento approvato con d.m. n.321 del

u_\
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ove essa abbia raggiunto lo scopo per avere il destinatario impugnato l’atto,

1999 (sul contenuto minimo della cartella di pagamento del ruolo, che
esclude che la cartella debba contenere la data di consegna del ruolo);
3.1. con il terzo motivo, i ricorrenti denunziano la violazione e falsa
applicazione dell’art.7 L. n.212/00, dell’art.21

septies

ed

octies

L.

n.241/1990, in relazione all’art.360, comma 1, n.3, c.p.c.;
secondo i ricorrenti, la cartella di pagamento, priva dell’indicazione del

dell’art.21 septies ed octies L. n.241/1990, per violazione dell’art. 7 L.
n.212/00, norma “rinforzata” di attuazione costituzionale;
3.2. il motivo è infondato;
3.3. come è stato chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte,
“l’indicazione del responsabile del procedimento negli atti
dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dall’art. 7 della legge 27
luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente), a pena di nullità, in
quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento
dall’art. 36, comma 4-ter, del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con
modificazioni, nella legge 28 febbraio 2008, n. 31, applicabile soltanto alle
cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere
dal 1 giugno 2008”. (Cass. S.U. sent. m.11722/2010);
l’art. 36, comma 4-ter, del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248 (convertito
dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31), che ha previsto tale sanzione solo in
relazione alle cartelle di cui all’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602
riferite ai ruoli consegnati a decorrere dal 1 giugno 2008, è stato ritenuto
legittimo dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 58 del 28 gennaio
2009;
inoltre, non è invocabile alcuna violazione della

disposizione di cui

all’art. 7 della legge n. 212 del 2000, che è priva di sanzione e non incide
direttamente sulla tutela dei diritti costituzionali del destinatario (Cass. sent.
n.4516/2012);
invero, “le norme della legge 27 luglio 2000, n. 212, emanate in
attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione e qualificate
espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono
idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione

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responsabile del procedimento, sarebbe annullabile, ai sensi dell’art.

finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti
nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme
tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge
ordinaria e, conseguentemente, non possono fungere da norme parametro
di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in
asserito contrasto con le stesse, per cui l’efficacia retroattiva delle rendite

convertito in legge 24 novembre 2006, n. 286, non è preclusa dall’art. 3
della citata legge” (Cass. sent. n. 696/2015);
4.1. con il quarto motivo, i ricorrenti denunziano la violazione e falsa
applicazione dell’art.21

septies ed octies L. n.241/1990, in relazione

all’art.360, comma 1, n.3, c.p.c.;
secondo i ricorrenti, la cartella di pagamento, tempestivamente
impugnata, sarebbe insanabilmente nulla, ai sensi dell’art. dell’art.21
septies ed octies L. n.241/1990, per la mancanza di sottoscrizione;
4.2. il motivo è infondato;
4.3. come è stato più volte ribadito da questa Corte, non è necessario
che il ruolo e la relativa cartella di pagamento siano sottoscritti, ai fini della
loro validità;
invero, “secondo il costante insegnamento di questa Corte, il difetto di
sottoscrizione del ruolo da parte del capo dell’ufficio non incide in alcun
modo sulla validità della iscrizione a ruolo del tributo, poiché si tratta di atto
interno e privo di autonomo rilievo esterno, trasfuso nella cartella da
notificare al contribuente (conformi Cass. 26053/15, 6199/15, 6610/13);
costituisce ius receptum il principio per cui, in mancanza di una sanzione
espressa (e quindi diversamente dall’avviso di accertamento, che a norma
degli artt. 42, d.P.R. n. 600/73 e 56, d.P.R.n. 633/72, è nullo se non reca la
sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva
da lui delegato), opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto
amministrativo all’organo da cui promana, sicché, atteso il principio di
tassatività delle nullità, tale sanzione non può trovare applicazione” (Cass.
n. 24492/15);
inoltre, la Corte ha chiarito che “in tema di riscossione delle imposte, la

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catastali, prevista dall’art. 2, comma 34, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262,

mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del
funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in
dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacché
l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto
amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi
dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella va predisposta secondo il

la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione” (Cass. sent. n.
26053/2015);
in conclusione, “il difetto di sottoscrizione del ruolo da parte del capo
dell’ufficio — al pari della mancanza di sottoscrizione della cartella di
pagamento, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da
cui promana — non incide in alcun modo sulla validità dell’iscrizione a ruolo
del tributo” (cfr. Cass. n. 19761 del 2016, che richiama Cass. n. 26053/15,
n. 6199/15, n. 6610/13, nonché Corte cost. n. 117 del 2000, secondo cui
costituisce “diritto vivente” il principio in base al quale «l’autografia della
sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi
previsti dalla legge, ed è regola sufficiente che dai dati contenuti nel
documento sia possibile individuare con certezza l’autorità da cui l’atto
proviene»);
alla luce dell’ampia giurisprudenza citata, da cui si evince che la
mancanza della sottoscrizione (ove provata) non è causa di nullità del ruolo
e della cartella di pagamento, emessa in conformità con il modello
ministeriale, il motivo di ricorso in esame risulta infondato;
5.1. con il quinto motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa
applicazione dell’art. 7 L.n.212/00, dell’art. 3 L. n.241/90 e dell’art.24
Cost., in relazione all’art.360, commal, n.3, c.p.c.;
secondo i ricorrenti, la cartella esattoriale presenta una motivazione
carente, che non è idonea a chiarire in maniera adeguata le ragioni
dell’avvenuta iscrizione ed, in particolare, risulta priva del riferimento
preciso agli estremi identificativi della sentenza della C.T.P.;
5.2. il motivo è inammissibile;
5.3. in primo luogo, la C.T.R. della Campania riconduce la doglianza alla

h.,
7

modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede

mancata

indicazione

nella

cartella

della

Commissione Tributaria

territorialmente competente a decidere dell’eventuale ricorso;
sul punto, i ricorrenti non contestano alcuna omissione di pronuncia, per
cui deve ritenersi che il profilo di doglianza oggetto del quarto motivo di
ricorso in Cassazione non sia stato sollevato con i motivi di appello e sia
inammissibile in sede di legittimità;

ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il
ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto
il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di
un avviso di accertamento (nella specie, risultante “per relationem” ad un
processo verbale di constatazione) è necessario, a pena di inammissibilità,
che il ricorso ne riporti testualmente i passi che si assumono erroneamente
interpretati o pretermessi, al fine di consentirne la verifica esclusivamente
in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto
processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente
integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche
poste a suo fondamento” (Cass. sent. n. 9536/13);
il principio, espresso dalla Corte in tema di motivazione dell’avviso di
accertamento ed applicabile anche alla sintetica motivazione della cartella
esattoriale, comporta l’inammissibilità del motivo di ricorso che, deducendo
la carenza motivazionale dell’atto impositivo, non ne riporti il contenuto in
maniera completa, in modo da consentirne l’esame;
nel caso di specie, la cartella di pagamento non è riportata
integralmente nel ricorso, che risulta carente ai fini dell’autosufficienza;
infine, non può non rilevarsi che la denunciata carenza del riferimento
preciso agli estremi identificativi della sentenza della C.T.P. , in presenza del
richiamo agli avvisi di accertamento impugnati (come è pacifico tra le parti),
non evidenzia alcuna carenza motivazionale in grado di invalidare l’atto;
invero, “il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia
rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza
indicarne i relativi estremi in modo esatto, non può condurre alla
dichiarazione di nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal

8

inoltre, “nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del

contribuente, il quale abbia dimostrato, in tal modo, di avere piena
conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente
contestati” (Cass. sent. n. 2373/13);
6.1. il ricorso incidentale condizionato proposto dall’Agenzia delle
Entrate, per la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 19 d.lgs.
n.546/92„ in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, è inammissibile;

carenza di legittimazione passiva, per essere legittimato passivamente il
solo concessionario, vertendo l’impugnativa avverso cartelle di pagamento
emesse a seguito di avvisi di accertamento divenuti definitivi;
sul punto, questa Corte ha già avuto modo di rilevare che “in tema di
giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso
incidentale condizionato, allorché proponga censure che non sono dirette
contro una statuizione della sentenza di merito, ma sono relative a questioni
sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato, ritenendole assorbite,
atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza, che
costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facoltà di riproporre le
questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della
sentenza” (Cass. sent. n. 22095/2017);
nella fattispecie in esame, la censura oggetto del ricorso incidentale
riguarda una questione non esaminata dal giudice di merito, perché
assorbita dal rigetto dei motivi di appello dei contribuenti;
non è ravvisabile, quindi, il requisito della soccombenza in capo
all’Agenzia delle Entrate sulla questione oggetto del ricorso incidentale, che
per tale motivo risulta inammissibile;
7.1. per quanto fin qui detto, il ricorso principale va rigettato ed il
ricorso incidentale dell’Agenzia va dichiarato inammissibile;
i ricorrenti in via principale vanno condannati in solido al pagamento
delle spese del giudizio di legittimità in favore delle parti controricorrenti,
secondo la liquidazione effettuata in dispositivo;

P.Q.M.

u\
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6.2. in particolare, l’Agenzia delle Entrate ha chiesto dichiararsi la sua

la Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso
incidentale; condanna i ricorrenti Delli Carpini Domenico ed Annamaria in
solido al pagamento in favore di parti controricorrenti delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00 ciascuna, oltre eventuali
spese prenotate a debito in favore dell’Agenzia delle Entrate ed oltre il 15%
per spese generali ed accessori di legge in favore dell’Equitalia Polis S.p.A..

Così deciso in Roma il 31/5/2018

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