Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19587 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. II, 18/09/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 18/09/2020), n.19587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20343/2019 proposto da:

A.E.D., rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRO PRATICO’;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2179/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 21/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/01/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.E.D., nato in (OMISSIS), ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Torino n. 2179/2018, pubblicata il 21 dicembre 2018, che ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di Torino del 12 febbraio 2018, la quale aveva a sua volta rigettato il ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale per la protezione internazionale di Torino.

2. La Corte d’appello ha confermato il giudizio di non credibilità del racconto dell’appellante, ostativo al riconoscimento dello status di rifugiato; ha escluso la protezione sussidiaria in assenza del rischio oggettivo (area di provenienza del ricorrente non interessata da fenomeni di conflitto armato o violenza indiscriminata) e soggettivo; ha ritenuto insussistente una situazione di vulnerabilità dell’appellante, ai fini della protezione umanitaria.

3. Il ricorso per cassazione è articolato in due motivi. Il Ministero dell’interno non ha svolto difese in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 2 CEDU, carenza di motivazione ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e omesso esame di fatti decisivi.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, artt. 2 e 10 Cost., artt. 2 e 8 CEDU, difetto di motivazione in violazione dell’art. 111 Cost., motivazione generica e omesso esame di elementi decisivi.

3. Dopo aver indicato le censure nei termini sopra riportati, il ricorso contiene l’illustrazione delle doglianze secondo una ripartizione per temi. Sono contestate, nell’ordine, la valutazione di non credibilità del racconto del ricorrente e la valutazione del rischio nel Paese d’origine – entrambe assunte senza esame specifico della situazione dell’area di provenienza, l’Edo State, e delle condizioni soggettive – e in assenza di cooperazione istruttoria da parte del Collegio giudicante; il mancato apprezzamento della condizione di vulnerabilità del ricorrente, anche sotto il profilo della situazione di integrazione raggiunta in Italia, dove il ricorrente avrebbe trovato lavoro sin dal febbraio 2018.

4. Le doglianze sono prive di fondamento ove non inammissibili.

4.1. L’apprezzamento relativo alla non credibilità della narrazione del richiedente protezione sfugge al sindacato di questa Corte se, come nella specie, congruamente motivato, mentre il dovere di cooperazione istruttoria non sorge per il solo fatto che il giudice di merito sia stato investito da una domanda di protezione internazionale, ma è subordinato alla circostanza che il richiedente sia stato in grado di fornire una versione dei fatti quanto meno coerente e plausibile, con la conseguenza che se manca questa attendibilità neppure sorge quel dovere (ex plurimis, Cass. 07/08/2019, n. 21123; Cass. 05/02/2019, n. 3340; Cass. 27/06/2018, n. 16925).

4.2. Quanto alla valutazione dei requisiti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la Corte d’appello ha svolto l’accertamento necessario con riferimento alla situazione esistente nell’area di provenienza dell’appellante, a sud della Nigeria, ed ha rilevato che in base a report attendibili ed aggiornati (è richiamato il sito “(OMISSIS)” della Farnesina) detta area non è interessata dal fenomeno terroristico di matrice islamica attivo al nord-est del Paese, nè da conflitto armato interno o internazionale, tale da esporre i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona. La Corte ha quindi assolto l’onere della verifica officiosa, evidenziando l’assenza del livello di pericolosità che non consente il reimpatrio (cfr. Corte di Giustizia, Meki Elgafaji-Noor Elgafaji c. Staatssecretaris van Justitie, C-465/07, 17 febbraio 2009).

4.3. La Corte d’appello ha escluso il pericolo di grave danno connesso al reimpatrio sotto il profilo soggettivo, evidenziando che l’appellante non aveva dato prova di essere ricercato o comunque sottoposto a procedimento penale, laddove è evidente che il giudizio di non credibilità del racconto relativo alle ragioni della fuga dal Paese d’origine comporta l’irrilevanza di tali vicende anche ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b).

4.4. Immune da censure risulta anche il diniego della protezione umanitaria.

La Corte d’appello ha sottolineato l’insussistenza della condizione di vulnerabilità collegata allo stato di salute dell’appellante, risultato affetto da lesioni dovute a psoriasi, e non bisognoso di cure urgenti, necessarie ed indifferibili.

5. Le doglianze prospettate con riferimento al vizio di motivazione, in assunto apparente ovvero del tutto carente, o comunque censurata per omesso esame di fatti decisivi.

La motivazione esiste ed è comprensibile, e ciò esclude in radice la configurabilità del vizio denunciabile ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (ex plurimis, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053). La denuncia di omesso esame di fatto decisivo è inammissibile per carenza di specificità giacchè il ricorrente non indica quale fatto storico sarebbe stato pretermesso dalla Corte d’appello.

Come costantemente affermato da questa Corte, la parte che intenda denunciare in sede di legittimità l’omessa od inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, anche per far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, è onerato, a pena d’inammissibilità del ricorso, non solo della specifica indicazione del documento e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e dei documenti così da rendere immediatamente apprezzabile dalla Suprema Corte il vizio dedotto (ex plurimis, Cass. 05/08/2019, n. 20914; Cass., 07/06/2017, n. 14107).

6. Al rigetto del ricorso non segue pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva del Ministero dell’intero. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

 

 

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