Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19587 del 09/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 09/07/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 09/07/2021), n.19587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23937/2017 proposto da:

CONSORZIO EUROPA S.c.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata, in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA

3, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLA TURINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO PASETTO;

– ricorrente –

contro

O.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DARIO MINELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 617/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/04/2017 R.G.N. 1746/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 14.4.2017, respingeva il gravame proposto dal Consorzio Europa SCPA avverso la decisione resa dal Tribunale della stessa sede, che aveva rigettato la domanda avanzata dal Consorzio nei confronti di Ot.Gi. per l’accertamento e la declaratoria dell’inadempimento del medesimo, con condanna al risarcimento del danno derivatone, quantificato nella misura di Euro 456.274,79, o nella diversa misura ritenuta di giustizia;

2. la Corte ripercorreva la vicenda oggetto di causa, riferita alla rilevazione, da parte del Consorzio, della diminuzione dei contributi promozionali percepiti, in seguito alla quale aveva conferito a società esterna di procedere ad una verifica, che aveva condotto all’accertamento che il Consorzio non aveva percepito contributi promozionali per complessivi Euro 1.160.487,00, dei quali la società Pay Back aveva poi recuperato Euro 704.232,21, trattenendo per sé la somma di Euro 456.254,79;

3. il Consorzio aveva evidenziato di avere infatti pagato per tale attività accertativa tale ultimo importo a titolo di onorario ed aveva osservato che, poiché nell’ambito delle funzioni assegnate all’ O. rientrava quella di gestire in via esclusiva i rapporti con i fornitori, di determinare l’ammontare dei contributi promozionali maturati dal Consorzio e di provvedere al relativo recupero, sul predetto gravava, per effetto dell’inadempimento in cui era incorso, il risarcimento pari alla somma versata dalla società Pay Back Group Italia s.r.l. per l’attività di verifica svolta; l’ O. aveva, invece, negato che tra i propri compiti di Direttore commerciale rientrassero tali incombenze;

4. la Corte d’appello, in conformità a quanto già osservato dal Tribunale, rilevava che era onere del datore di lavoro fornire la prova che l’evento dannoso fosse da riconnettere ad una condotta colposa del lavoratore per violazione degli obblighi di diligenza, in rapporto di derivazione causale con tale condotta; osservava che l’appellante non aveva allegato alcunché in ordine alla fonte contrattuale da cui sarebbe disceso l’anzidetto onere a carico dell’ O. e neppure aveva prodotto il CCNL applicato;

5. neanche poteva ritenersi ammissibile la prova testimoniale dedotta ed articolata, in quanto afferente a valutazioni non demandabili ai testi e generica, né poteva farsi ricorso a poteri officiosi per colmare lacune istruttorie, posto che non erano emersi dalle risultanze di causa significativi elementi di indagine che giustificassero il ricorso a tale iniziativa officiosa;

6. infine, il giudice del gravame evidenziava come era mancata ogni allegazione circa la necessità di fare ricorso all’attività accertativa di società esterna, iniziativa che pertanto era da ritenere del tutto discrezionalmente assunta, e come non era stata fornita prova in ordine agli eventi dannosi costituiti dal mancato incasso dei contributi promozionali ed al nesso causale con la condotta tenuta dall’appellato;

7. di tale decisione domanda la cassazione il Consorzio, affidando l’impugnazione a sei motivi, illustrati nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., cui resiste, con controricorso l’ O..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo, il Consorzio ricorrente denunzia violazione dell’art. 24 Cost., comma 1, art. 111 Cost., comma 6, violazione dell’art. 115 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), dell’art. 414c.p.c., commi 1, 3 e 4, art. 421c.p.c., comma 2, art. 437 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, osservando come i documenti di cui era stata richiesta l’acquisizione erano indispensabili per provare l’esistenza del rapporto e per giustificare la facoltà del Consorzio di proporre nuovi mezzi di prova, resisi necessari in relazione all’inaspettata contestazione sollevata dall’ O. nel costituirsi in giudizio; assume che gli ulteriori documenti erano stati prodotti in replica a quanto affermato dall’ O. nella memoria difensiva;

1.1. il Consorzio rileva che non sia stata compiuta una valutazione di indispensabilità degli stessi e circa la possibilità di proporre nuovi mezzi di prova, valutazione, invece, necessaria quando la contestazione altrui sia incontestata, o la produzione documentale sia giustificata per lo sviluppo del giudizio;

2. con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 24 Cost., comma 1, art. 111 Cost., comma 6, artt. 112,115 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), art. 421 c.p.c., comma 2, art. 437 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, adducendo che sull’ottavo motivo di gravame, con il quale si era illustrata la rilevanza dei mezzi di prova dedotti in appello e di quelli già indicati nel ricorso di primo grado, indispensabili ai fini della decisione della causa, il giudice di secondo grado aveva omesso di pronunciarsi;

3. con il terzo motivo, il Consorzio si duole della violazione degli stessi articoli di cui al precedente motivo, adducendo che, laddove la Corte aveva motivato nel senso che il Consorzio “non ha fornito allegazioni in ordine alla fonte contrattuale da cui sarebbe disceso l’anzidetto onere a carico dell’ O. e neppure ha prodotto il contratto collettivo applicato” ha confuso gli oneri di allegazione con quelli relativi alla prova, dovendo la carenza delle allegazioni condurre all’inammissibilità del ricorso. In particolare, assume, poi, che erroneamente sia stata ritenuta la correttezza della decisione di primo grado in punto di inammissibilità, per il ritenuto contenuto valutativo della stessa, della prova per testi dedotta al capitolo n. 3 del ricorso introduttivo, teso a dimostrare in concreto, sia sotto il profilo temporale che spaziale, l’attività svolta dall’ O. presso il Consorzio, con riferimento nello specifico all’attività di individuazione e determinazione dell’ammontare dei contributi promozionali maturati dal Consorzio nei confronti dei fornitori alla chiusura di ogni esercizio sociale, con incarico di provvedere al loro recupero, ciò che avrebbe dovuto condurre a ritenere che nelle mansioni relative al suo rapporto rientrassero anche tali compiti;

4. violazione degli stessi articoli indicati nei precedenti motivi è dedotta con il quarto motivo, sull’assunto che, nel libero interrogatorio, l’ O. aveva riferito circostanze che denotavano la sua responsabilità in merito alla mancata riscossione dei contributi promozionali. Si assume di avere nel secondo e terzo motivo di gravame contestato la sentenza di primo grado e che la contestazione atteneva alla mancata considerazione di circostanze emerse anche nel corso dell’interrogatorio libero dell’attuale controricorrente;

5. con il quinto motivo, si ascrive alla decisione impugnata violazione, oltre che dell’art. 24 Cost., comma 1 e art. 111 Cost., comma 6, artt. 1218,1223,1227 e 2697 c.c., violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere la Corte distrettuale omesso ogni pronunzia sull’eccezione di violazione da parte del Tribunale dell’art. 112 c.p.c., per ultrapetizione, sulla ritenuta mancanza di prova in ordine alla necessità di conferire l’incarico di controllo ad una terza società;

6. il sesto motivo attiene alla denunzia di violazione delle stesse norme della Costituzione e degli articoli in tema di responsabilità contrattuale, nonché sulla dedotta violazione l’art. 101 c.p.c., comma 2, art. 112 c.p.c., art. 115 c.p.c., comma 1, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), in relazione al difetto di motivazione in merito alla derivazione degli eventi dannosi costituiti dal mancato incasso dei contributi promozionali ed al nesso causale con la condotta tenuta dall’appellato;

7. il primo motivo è inammissibile, perché nel corpo dello stesso non si trascrive il contenuto dei documenti richiamati, e, benché nella parte espositiva, che precede la formulazione dei motivi, ne viene descritta in parte la riferibilità ad un giudizio pendente tra le parti dinanzi al Tribunale di Pavia, non vengono, tuttavia, precisati elementi idonei a consentire di verificare la correttezza della valutazione del giudice del merito in termini di violazione delle norme evocate;

7.1. non si comprende perché la contestazione da parte del resistente non potesse essere prevista in sede di costituzione, dandosi per scontato che i fatti allegati in ricorso potessero essere pacifici, senza considerare che la produzione di documentazione,della quale era stata richiesta l’acquisizione tardivamente in realtà era più propriamente di supporto ad allegazioni che in punto di assunto inadempimento del lavoratore erano, nella ripartizione degli oneri di allegazione e probatori, a carico del datore che deduceva l’inadempimento degli obblighi lavorativi;

7.2. ciò senza considerare che “nel rito del lavoro, l’attivazione dei poteri istruttori d’ufficio del giudice non può mai essere volta a superare gli effetti derivanti da una tardiva richiesta istruttoria delle parti o a supplire ad una carenza probatoria totale, in funzione sostitutiva degli oneri di parte, in quanto l’art. 421 c.p.c., in chiave di contemperamento del principio dispositivo con le esigenze di ricerca della verità materiale, quale caratteristica precipua del rito speciale, consente l’esercizio dei poteri ufficiosi allorquando le risultanze di causa offrano già significativi dati di indagine, al fine di superare lo stato di incertezza dei fatti costitutivi dei diritti di cui si controverte;

ne consegue che tale potere non può tradursi in una pura e semplice rimessione in termini del convenuto tardivamente costituito, in totale assenza di fatti quantomeno indiziari, che consentano al giudicante un’attività di integrazione degli elementi delibatori già ritualmente acquisiti” (cfr. Cass. 7.10.2020 n. 23605); peraltro, nello stesso rito, “la produzione di documenti successivamente al deposito degli atti introduttivi è ammissibile solo nel caso di documenti formati o giunti nella disponibilità della parte dopo lo spirare dei termini preclusivi ovvero se la loro rilevanza emerga in ragione dell’esigenza di replicare a difese altrui; peraltro, l’acquisizione documentale può essere disposta d’ufficio, anche su sollecitazione di parte, se i documenti risultino indispensabili per la decisione, cioè necessari per integrare, in definizione di una pista probatoria concretamente emersa, la dimostrazione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui sussistenza o insussistenza, altrimenti, sarebbe destinata ad essere definita secondo la regola sull’onere della prova” (cfr., Cass. 17.12.2019 n. 33393);

7.3. nella specie non viene dedotta una situazione che potesse ritenersi idonea a delineare una pista probatoria giustificativa del ricorso ai poteri istruttori, né viene indicata una situazione riferita ad imprevisto evolversi della vicenda processuale che avrebbe reso necessaria la tardiva produzione;

8. con riguardo al secondo motivo, è sufficiente osservare che il mancato esame, da parte del giudice del merito, di una questione puramente processuale non può dar luogo ad omissione di pronuncia, configurandosi quest’ultima nella sola ipotesi di mancato esame di domande o eccezioni di merito” (cfr. Cass. 10.11.2015 n. 22952, Cass. 12.1.2016 n. 321, Cass. 6.12.2017 n. 29191); in particolare, è stato affermato che non è configurabile il vizio di omesso esame di una questione (connessa ad una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o sollevabile d’ufficio), quando debba ritenersi che tali questioni od eccezioni siano state esaminate e decise implicitamente; peraltro, il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale non può dar luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito, e non può assurgere quindi a causa autonoma di nullità della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullità (propria o derivata) della decisione, per la violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte;

8.1. quanto al vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova, lo stesso può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento (cfr. Cass. 17.6.2019 n. 16214);

9. in ordine al terzo motivo, va evidenziato che oneri di allegazione e di asseverazione sono stati considerati correttamente dalla Corte distrettuale in relazione alla posizione assunta dalle parti con riguardo ad un giudizio in cui è la parte che assume l’inadempimento contrattuale altrui e chiede il risarcimento del danno derivatone a dovere non solo provare, ma prima ancora allegare le circostanze che integrano l’inadempimento, che nel caso specifico dovevano porre riferimento ad obblighi contrattuali discendenti dal CCNL in relazione alla qualifica e mansioni di Direttore commerciali attribuite all’ O. (cfr. tra le altre, Cass. 16.3.2018 n. 6618).

9.1. quanto alla contestazione della delibazione compiuta dalla stessa Corte in tema di ammissione della prova orale, esclusa con riguardo a circostanze ritenute di contenuto valutativo, è vero che, in materia di ricorso per cassazione, l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito – e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa, o meno, del fatto che si intende provare – non è mai sindacabile in sede di legittimità (Cass. 24.10.2018 n. 270339, Cass. 14.3.2006 n. 5479, Cass. 30.7.2010 n. 17915, Cass. 17.5.2005 n. 10357). Tuttavia, il principio affermato è da intendersi nei giusti termini, non potendo condurre a sostenere l’inammissibilità di una prova dedotta che avrebbe al contrario consentito di dare spazio ad un’attività istruttoria in una prospettiva di corretta asseverazione da parte dei testi di circostanze di fatto allegate dalla parte. Nella specie si assumeva che il lavoratore avesse svolto determinate attività, i cui contenuti, con riguardo al mero articolarsi del lavoro espletato, ben potevano essere oggetto della deposizione dei testi indicati;

9.2. deve allora, fermo quanto innanzi, ritenersi fondato il motivo scrutinato, nei limiti precisati, alla luce dell’effettiva violazione, da parte della Corte d’appello, delle norme in tema di ammissione delle prove orali (per testi – cfr. di seguito);

9.3. in particolare, i capitoli di prova per testi non ammessi trascritti ritualmente nel ricorso – sono i nn. 1 e 3 del ricorso di primo grado, corredati, come pure indicato in ricorso, dalle indicazioni dei nominativi dei testi e delle ragioni per le quali essi erano in grado di conoscere la verità; la Corte d’appello non considera in alcun modo, nella sentenza impugnata, che, in relazione all’attività di Direttore Commerciale del Consorzio, non contestata, la prova tendeva a far emergere l’effettiva consistenza della detta attività, come riferita o meno anche all’individuazione, alla determinazione ed al recupero dei contributi promozionali;

9.4. la motivazione assunta della Corte distrettuale di per sé realizza violazione delle norme in tema di ammissione delle prove, avendo espunto dal giudizio elementi validamente acquisibili riferiti al tempo ed al modo di svolgimento dell’incarico da parte dell’ O.;

9.5. in tal modo, il giudice del gravame si è posto contro la disposizione dell’art. 244 c.p.c., che richiede solo la formulazione “specifica” dei “fatti” in “articoli separati”, nella specie effettuata in conformità ai dettami di legge, ritenuti, al contrario, violati dalla Corte, con evidente lesione del diritto delle parti alla prova; peraltro, non va mancato di osservare che sia per la prova per testi, sia per l’interrogatorio formale, come già osservato da questa Corte, è consentito al giudice domandare chiarimenti e precisazioni (cfr. Cass. 6.5.2019 n. 11765, con riferimento ad un caso assimilabile);

9.6. nella richiamata pronuncia di legittimità è stato evidenziato come l’esigenza di specificazione dei fatti sui quali i testimoni devono deporre o le parti essere interrogate formalmente deve ritenersi soddisfatta se, come affermato ad es. da Cass. n. 12642 del 28/08/2003 (conforme n. 25013 del 10/10/2008), “ancorché non precisati in tutti i loro minuti dettagli, i fatti stessi siano esposti nei loro elementi essenziali, per consentire al giudice di controllare l’influenza e la pertinenza della prova offerta e per mettere in grado la parte contro la quale essa è diretta di formulare un’adeguata prova contraria, dal momento che l’indagine sui requisiti di specificità e rilevanza dei capitoli formulati dalla parte istante va condotta non soltanto alla stregua della letterale formulazione dei capitoli medesimi, ma anche ponendo il loro contenuto in relazione agli altri atti di causa ed alle deduzioni dei contendenti, nonché tenendo conto della facoltà di chiedere chiarimenti e precisazioni affidata alla diligenza del giudice istruttore e dei difensori” (così in massima);

10. quanto ai successivi tre motivi, ciascuno di essi presenta profili di inammissibilità connessi al relativo confezionamento come motivo composito, simultaneamente volto a denunciare violazione di legge e vizio di motivazione, avuto riguardo al principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. 23 giugno 2017, n. 15651; Cass. 28 settembre 2016, n. 19133; Cass. 23 settembre 2011, n. 19443 e, da ultimo Cass. 23.10.2018 n. 26874, nei termini riportati);

10.1. in particolare, con riguardo alle censure avanzate con il quarto motivo, nelle stesse non si precisa in quali termini i vizi rilevati erano stati veicolati con precisi e puntuali motivi d’appello ed anche la critica avanzata nella presente sede pecca di specificità e si pone in contrasto con i principi reiteratamente affermati da questa Corte secondo cui una censura formulata in tal guisa deve ritenersi inammissibile; il vizio di inammissibilità che deve ravvisarsi nella formulazione dei motivi è bene evidenziato nella recente decisione a ss.uu. di questa Corte, che ha sancito il principio alla cui stregua “in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa” (cfr. Cass. ss.uu. n. 23745 del 28/10/2020);

11. per il quinto motivo, valgono i rilievi di inammissibilità quanto al carattere composito del motivo, nonché le considerazioni svolte con riguardo al secondo motivo quanto all’inconfigurabilità, con riguardo alla denunzia di mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale del vizio di omessa pronunzia, ed in ogni caso la questione relativa alla prova gravante sul responsabile del danno ex art. 1227 c.c., comma 2, è palesemente assorbita, in ragione della sua consequenzialità rispetto all’esame da compiersi da parte del giudice del rinvio ed alla eventualità di una diversa ricostruzione della fattispecie in tema di imputabilità del danno asseritamente subito dal consorzio;

12. il sesto motivo, è privo di fondamento, per avere la Corte motivato al riguardo e prima ancora assorbito per le stesse considerazioni indicate con riguardo al precedente motivo;

13. pertanto, in accoglimento del terzo motivo, nei limiti anzidetti, la sentenza impugnata va cassata, essendo rimesso al giudice del rinvio, designato in dispositivo, di attenersi al principio di diritto richiamato;

14. il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla determinazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo, dichiara inammissibili gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere alla determinazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2021

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