Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19586 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/07/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 19/07/2019), n.19586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 460-2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

Contro

I.ME.C. – INDUSTRIE MERIDIONALI CELLULOSA s.r.l., in persona del

legale rappresentante pro tempore, Maria Regano, rappresentata e

difesa, per procura speciale a margine del controricorso, dall’avv.

Tiziana CHIRULLI ed elettivamente domiciliata in Roma, al viale

Mazzini, n. 142, presso lo studio legale dell’avv. Giuseppe GALGANO;

– Controricorrente –

avverso la sentenza n. 1778/13/2017 della Commissione tributaria

regionale della PUGLIA, depositata il 12/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 26/03/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento emesso ai fini IVA, IRES ed IRAP con cui l’amministrazione finanziaria aveva accertato induttivamente maggiori ricavi conseguiti dalla società contribuente nell’anno d’imposta 2009, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Puglia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado per difetto di contraddittorio endoprocedimentale.

2. Per la cassazione della sentenza d’appello ricorre la difesa erariale con due motivi, cui replica l’intimata con controricorso.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale il controricorrente ha depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi preliminarmente per evidenti ragioni di ordine logico – giuridico, la ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, in violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 118disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost..

2. Il motivo è fondato e va accolto.

3. Questa Corte ha più volte affermato che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, omologo art. 36, comma 2, n. 4, (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta allagata et probata; l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti” (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonchè la giurisprudenza ivi richiamata).

3.1. Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).

3.2. Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).

4. Tanto premesso, va rilevato che nella sentenza impugnata la CTR, dopo aver dato atto del principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte in tema di contraddittorio endoprocedimentale nella sentenza n. 24823 del 2015, ha affermato che “nel caso di specie sussisteva, per l’Ageqia, l’obbligo del contraddittorio preventivo con la contribuente in quanto, tra i tributi richiesti con l’atto di accertamento impugnato, vi è l’Iva che è tributo armoniato”.

4.1. Ciò precisato, appare evidente come quella resa dalla CTR è motivazione meramente apparente, non spiegando le ragioni per le quali sarebbe stato obbligatorio per l’amministrazione finanziaria effettuare il contraddittorio con la contribuente sulla base di un principio giurisprudenziale che quell’obbligatorietà espressamente subordina all’esito positivo della c.d. prova di resistenza, ovvero all’accertamento che il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto.

4.2. A ciò aggiungasi che del tutto priva di ragionevolezza è l’annullamento dell’atto impositivo anche con riferimento ai tributi non armonizzati (nella specie, IRAP ed IRES), in relazione alle quali non è prevista alcun obbligo di preventivo contraddittorio con il contribuente.

5. All’accoglimento del motivo in esame consegue l’assorbimento del primo mezzo di cassazione, incentrato sulla violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nonchè la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla competente CTR perchè provveda a riesaminare la vicenda, fornendo adeguata e congrua motivazione, e provveda altresì alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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