Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19585 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/09/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 18/09/2020), n.19585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16234-2019 proposto da:

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PODESTI 16, presso lo

studio dell’avvocato FERNANDA FIORINI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., P.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5837/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

18/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Unipolsai Assicurazioni S.P.A ricorre per la cassazione della sentenza n. 5837/2019 del Tribunale di Roma, pubblicata il 18 marzo 2018 e notificata il 21 marzo 2018, articolando un solo motivo.

Nessuna attività difensiva è svolta dagli intimati.

C.A. conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Roma, P.R. e la sua impresa assicuratrice per la responsabilità civile automobilistica, la Fondiaria Sai S.p.a., per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni cagionati alla vettura di cui era proprietario da una manovra impropria di P.F. alla guida dell’auto di proprietà di P.R.: danni quantificati in Euro 3.700,00 per la riparazione, oltre al fermo tecnico, agli interessi legali ed alla rivalutazione.

La Fondiaria Sai, costituitasi in giudizio, contestava in fatto e in diritto le pretese attoree, oltre ad eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva.

Il Giudice di Pace, con sentenza n. 19475/2017, dopo avere disposto una CTU sull’auto, accoglieva la domanda risarcitoria, condannava in solido i convenuti al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese di lite.

La Fondiaria, ora Unipolsai Assicurazioni, proponeva appello, chiedendo la riforma integrale della sentenza, in primo luogo, lamentando: a) la nullità della pronuncia, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 4, e art. 156 c.p.c., comma 2, per assenza di motivazione; b) il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’attore. In via subordinata, censurava la quantificazione del danno, perchè le spese per la riparazione erano risultate superiori al valore commerciale dell’auto danneggiata, perchè il danno da fermo tecnico era stato liquidato in assenza di prova, perchè erano stati cumulati rivalutazione ed interessi. Chiedeva, inoltre, che C.A. fosse condannato alla restituzione di quanto percepito in esecuzione della sentenza impugnata e condannato al pagamento delie spese di lite.

Il Tribunale accoglieva parzialmente l’appello, condannava l’odierna ricorrente e P.R., in solido, al pagamento di Euro 1895,00, condannava C.A. al pagamento in favore di Unipolsai di metà delle spese del giudizio d’appello.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo formulato, la ricorrente deduce la nullità parziale della sentenza di appello per omessa pronuncia sulla domanda di restituzione delle somme pagate in virtù della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – art. 112 c.p.c..

UnipolSai, riportando il punto 6 della parte motiva dell’atto di appello e le conclusioni del medesimo (p. 8 del ricorso) nonchè rinviando al doc. n. 3 dell’atto di appello per la prova, versata in atti, dei pagamenti effettuati in esecuzione della sentenza di prime cure, pari ad Euro 4.659,17, e deducendo che la controparte, costituitasi in giudizio, nulla aveva eccepito in merito, chiede la cassazione della sentenza impugnata per non aver disposto la restituzione delle somme pagate in esecuzione della decisione di prime cure, non potendosi utilizzare la riforma della pronuncia di primo grado agli effetti di quanto previsto dall’art. 474 c.p.c., come condanna implicita.

Il motivo è fondato.

Pacifico che nell’atto d’appello il ricorrente avesse domandato, oltre alla riforma della sentenza impugnata, anche la condanna della controparte alla restituzione della somma corrisposta in esecuzione della pronuncia di primo grado, ricorrendo con ciò i presupposti per la pronuncia in sede di gravame (cfr. al riguardo Cass. 12387/2016; Cass. 18062/2018), si osserva che questa Corte ha affermato che “incorre nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice che, accogliendo l’appello avverso sentenza provvisoriamente esecutiva, ometta di ordinare la restituzione di quanto corrisposto in forza della decisione riformata, pur essendo stata ritualmente introdotta con l’atto di impugnazione la relativa domanda restitutoria, non potendosi utilizzare la riforma della pronuncia di primo grado, agli effetti di quanto previsto dall’art. 474 c.p.c., nonchè dall’art. 389 c.p.c., per le domande conseguenti alla cassazione, come condanna implicita” (cfr. Cass. 2662/2013; Cass. 8639/2016).

2. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto e deve essere riaffermato il seguente principio di diritto: “Nelle ipotesi in cui, a seguito della riforma della sentenza di primo grado con la quale una parte è stata condannata a corrispondere all’altra una somma di danaro od altre utilità, 1a parte appellante vittoriosa ha domandato la restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della pronuncia di primo grado ed il giudice d’appello ha omesso di pronunciarsi su tale specifica istanza, potrà essere proposto ricorso per cassazione per ottenere una pronuncia che ponga rimedio alla nullità della sentenza sulla specifica domanda, in relazione alla quale ricorre la violazione dell’art. 112 c.p.c”.

3. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata in relazione al motivo proposto e la controversia viene rinviata al Tribunale di Roma in persona di diverso magistrato appartenente al medesimo Ufficio giudiziario.

4. Nulla deve essere liquidato per le spese del presente giudizio di legittimità, non essendo stata svolta in questa sede attività difensiva dalla parte intimata.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia al Tribunale di Roma in persona di diverso magistrato appartenente al medesimo Ufficio Giudiziario.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

 

 

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