Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19584 del 27/08/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 19584 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 25030-2007 proposto da:
FILOSA

ERMANNO

(c.f.

FLNRNN41B01H224P),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO
MIRABELLO 23, presso l’avvocato CRISCI SIMONETTA,
rappresentato e difeso dall’avvocato RICCIO
RAFFAELE, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2013

1098

contro

MILANO SERRAVALLE – MILANO TANGENZIALI S.P.A. (C.F.
00772070157), in persona del legale rappresentante

Data pubblicazione: 27/08/2013

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
M. PRESTINARI 15, presso l’avvocato SCOZZAFAVA
OBERDAN TOMMASO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SAVI GIAN PAOLO, giusta
procura a margine del controricorso;

contro

TEVISIO GIOVANNI, GRASSO LUCIANO, GALLI GIANLUIGI,
BOSONE DANIELE, ROBOTTI ERNESTO, FIAMMINGHI
GIOVANNI, MAZZA GIANCARLO;

avverso la sentenza n.

intimati

490/2007 della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 20/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 20/06/2013 dal Consigliere
Dott. SERGIO DI AMATO;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato PATRIZIA
MARINO, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso (e deposita nota spese);

– controricorrente –

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 7 aprile 1994 la s.p.a. Autostrada
Serravalle-Milano-Ponte Chiasso (successivamente
denominata “Milano Mare – Milano Tangenziali” e poi

“Milano Serravalle – Milano Tangenziali) conveniva in
giudizio innanzi al Tribunale di Milano Ermanno Filosa,
Giovanni Fiamminghi, Luciano Grasso, Luigi Galli, Daniele
Bosone, Giancarlo Mazza, Giovanni Tevisio ed Ernesto
Robotti, il primo già presidente e gli altri già
componenti del suo consiglio di amministrazione,
proponendo nei loro confronti azione di responsabilità ex
artt. 2392 e 2393 c.c. In particolare, l’attrice chiedeva
la condanna dei convenuti in via solidale al risarcimento
dei danni ad essa cagionati da atti di

mala gestio,

consistiti in due inutili incarichi di consulenza, che
erano stati conferiti dal Filosa senza che gli altri
consiglieri esercitassero la doverosa vigilanza, e nel
pagamento con fondi della società di fatture per
prestazioni professionali di procuratore rese
nell’interesse personale degli ex amministratori (escluso
solo il Robotti). Ermanno Filosa, alla cui posizione, per
quanto ancora interessa, va in linea di massima limitata
la narrazione della vicenda processuale, si costituiva
chiedendo il rigetto della domanda; il giudizio nei
confronti del medesimo veniva dichiarato estinto a
3

seguito dell’intervenuta costituzione della società
attrice nel procedimento penale avviato, in relazione
agli stessi fatti posti a fondamento della domanda, per i
reati di abuso d’ufficio e di truffa; veniva, invece,
sospeso il giudizio nei confronti degli altri

consiglieri. Dopo la conclusione del procedimento penale
con sentenza ex artt. 444 e 469 c.p.p. di applicazione
della pena in relazione al reato di truffa e di
dichiarazione di estinzione per prescrizione in relazione
al reato di abuso d’ufficio, la società Autostrada
Serravalle riproponeva l’originaria azione di
responsabilità nei confronti del Filosa in un nuovo
giudizio, che veniva riunito a quello già riassunto nei
confronti dei componenti del consiglio di amministrazione
e nel quale il Filosa restava contumace.
Con sentenza del 17 gennaio 2004 il Tribunale di
Milano condannava i convenuti in via solidale al
risarcimento dei danni, dichiarando che gli stessi erano
tenuti al pagamento in via paritaria ex art. 2055, comma
3, c.c.
Per la riforma della sentenza interponevano appello
Giovanni Fiamminghi, Ernesto Robotti, Luigi Galli,
Giovanni Tevisio e Luciano Grasso con distinti atti che
davano luogo a distinti procedimenti riuniti ai sensi
dell’art. 335 c.p.c. Nel procedimento introdotto dal
Fiamminghi, e riunito a quelli introdotti dagli altri
4

appellanti (escluso quello introdotto dal Grasso, che
veniva riunito solo successivamente), Ermanno Filosa
contestava la sua responsabilità con appello incidentale
tardivo proposto nella comparsa di risposta depositata in
cancelleria il 16 marzo 2005, anteriormente alla seconda

udienza fissata per il 6 aprile 2005.
Con sentenza del 20 febbraio 2007 la Corte di appello
di Milano dichiarava l’inammissibilità dell’appello
incidentale proposto da Ermanno Filosa in quanto alla
data del deposito della comparsa di risposta che lo
conteneva (16 marzo 2005) era decorso il termine lungo
d’impugnativa di un anno e quarantasei giorni decorrente
dalla data di pubblicazione della sentenza impugnata (17
gennaio 2004), senza che nella fattispecie potesse
trovare applicazione l’art. 327, comma 2, c.p.c. poiché
il Filosa era rimasto volontariamente contumace sia nel
giudizio riproposto nei suoi confronti dalla società
Autostrada Serravalle, sia nei giudizi riassunti da detta
società nei confronti degli altri ex amministratori; in
ogni caso, secondo la Corte territoriale, il deposito
della comparsa di risposta era avvenuto non solo dopo la
prima udienza del procedimento promosso dall’appellante
Fiamminghi, ma anche oltre il termine di venti giorni
prima della seconda udienza.
Nella specie, secondo la Corte di appello, non
ricorreva alcuna delle ipotesi nelle quali l’art. 334
5

c.p.c.

consente l’impugnazione incidentale tardiva.

Infatti, il Filosa aveva proposto il proprio appello
incidentale a seguito della notifica dell’atto di
impugnazione di Giovanni Tevisio (che aveva dato luogo a
procedimento riunito insieme ad altri a quello promosso

da Giovanni Fiamminghi), disposta ai soli fini della
litis denuntiatio ex art. 332 c.p.c., considerato che il

gravame non conteneva alcuna domanda nei confronti del
Filosa e che le cause generate dagli atti di appello
avevano carattere scindibile. Sotto quest’ultimo profilo
si doveva escludere la sussistenza non solo di un
litisconsorzio necessario, ma anche di un litisconsorzio
processuale in quanto se l’accertamento della
responsabilità dei componenti del consiglio di
amministrazione per omissione di vigilanza presupponeva
l’accertamento di una responsabilità per mala gesti° del
Filosa, non era vero il contrario.
Affermata l’inammissibilità dell’appello incidentale
del Filosa, la Corte territoriale ne esaminava comunque
il merito per “ragioni di opportunità” e concludeva che i
due esborsi per attività di consulenza (dell’importo
complessivo di lire 5.250.000.000) rappresentavano atti
di mala gestio posti in essere dal Filosa in quanto non
avevano avuto alcuna concreta giustificazione e si erano
tradotti in un gravissimo danno per la società Autostrada
Serravalle.
6

La Corte di appello passava, poi, accogliendoli in
parte, all’esame degli appelli degli altri componenti del
consiglio di amministrazione. In particolare, la Corte
riduceva l’ammontare dei danni dei quali questi dovevano
rispondere e, nell’ambito di quella che definiva come una

azione di accertamento di regresso anticipato, rimodulava
nei rapporti interni tra gli obbligati solidali il
riparto di responsabilità, ragguagliando all’80% del
totale quella del Filosa, al 5% per ciascuno quella dei
consiglieri Galli e Robotti ed al 2% per ciascuno quella
degli altri consiglieri.
Ermanno Filosa propone ricorso per cassazione,
deducendo tre motivi. La Milano Serravalle – Milano
Tangenziali s.p.a. resiste con controricorso illustrato
anche con memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità
della sentenza allegando che le notificazioni degli
appelli, non precedute da una notificazione della
sentenza di primo grado e da una elezione di domicilio,
erano inesistenti in quanto effettuate presso l’avvocato
che aveva assistito il Filosa nel giudizio conclusosi con
la dichiarazione di estinzione e nei giudizi che erano
stati sospesi, senza considerare che il convenuto era
rimasto contumace dopo la riproposizione in nuovo
giudizio della domanda nei suoi confronti e dopo la
7

riassunzione del giudizio nei confronti degli altri
amministratori. Per la stessa ragione doveva ritenersi
inesistente la notifica, ai sensi dell’art. 332 c.p.c.,
dell’impugnazione di Giovanni Tevisio disposta dalla
Corte di appello. Erroneamente, inoltre, la Corte di

appello aveva ritenuto scindibili e “indipendenti” le
cause generate dagli appelli poiché l’evocazione in
giudizio di tutti i pretesi coobbligati risponde
all’esigenza di una valutazione onnicomprensiva dei fatti
loro addebitati, per evitare il rischio di
incompatibilità tra i rapporti decisi con la sentenza di
secondo grado e quello deciso con la sentenza di primo
grado; a sostegno di tale assunto il ricorrente deduce
non solo che l’appellante principale Giovanni Fiamminghi
aveva contestato (con riferimento alla questione del
pagamento delle prestazioni professionali di procuratore)
la sussistenza di pretesi aspetti della mala ‘gesti° e in
subordine, così come altri appellanti, aveva chiesto la
riquantificazione del danno risarcibile, ma anche che
tutti gli appellanti avevano chiesto una rideterminazione
della percentuale di responsabilità ascritta pro quota.
Il motivo è infondato. Si deve premettere che
l’esistenza di un vincolo di solidarietà passiva tra più
convenuti in distinti e riuniti giudizi di risarcimento
dei danni genera una ipotesi di litisconsorzio
processuale, per dipendenza della causa da quella
8

promossa dall’attore, soltanto quando uno o più convenuti
chiedano al giudice di accertare la responsabilità
esclusiva di altro convenuto ovvero chiedano di
rideterminare, nell’ambito di una azione di regresso
anticipato, la percentuale di responsabilità ad essi
così presupponendo, sia pure in

ascrivibile pro quota,

via eventuale e subordinata, la corresponsabilità
affermata dall’attore (conf. Cass. 11 aprile 2000, n.
4602). Nella specie, pertanto, la richiesta subordinata
di tutti gli appellanti di rideterminare la percentuale
di responsabilità ad essi ascrivibile atteneva a causa
certamente dipendente da quelle promosse dall’attore nei
confronti di ciascuno dei convenuti, ivi compreso il
Filosa nei cui confronti il contraddittorio doveva essere
integrato in caso di inesistenza della notificazione ad
esso diretta.
Tuttavia, la costituzione in appello dell’odierno
ricorrente avrebbe sanato, quantomeno con efficacia
nunc (e plurimis

ex

Cass. 17 maggio 2005, n. 10358), il

preteso vizio dell’inesistenza tanto delle notificazioni
delle impugnazioni quanto della notificazione disposta ex
art. 332 c.p.c. dal consigliere istruttore. Inoltre, il
preteso vizio era inidoneo ad incidere sulla tempestività
dell’appello principale e degli appelli incidentali
autonomi degli altri convenuti, considerato che
l’inesistenza delle notificazioni avrebbe soltanto reso
9

del
una
integrazione
necessaria
u”……~e^
t
p udtAZ
rc?
gnazione
i mpu g
tfrre±±j-aiTrt5″rr3——dl

«

contraddittorio
41.44.
vtempestivamente

notificata alle altre parti. D’altro canto, si deve anche
escludere qualsiasi incidenza della pretesa inesistenza
sulla decisione della Corte di appello poiché neppure è

stato dedotto che essa sia dipesa da attività svoltesi
prima della costituzione del Filosa, avvenuta il 6 marzo
2005, tra la prima e la seconda udienza, con il deposito
in cancelleria della comparsa di costituzione. In
conclusione, nella specie dalla pretesa inesistenza delle
notificazioni così come dalla iniziale violazione
dell’integrità del contraddittorio, entrambe sanate dalla
costituzione del Filosa, non potrebbe mai conseguire la
nullità della sentenza. Resta perciò assorbita ogni
considerazione sulla riconducibilità alla nullità
piuttosto che alla inesistenza della notificazione
dell’impugnazione al difensore che aveva assistito il
Filosa, prima della sospensione, nei procedimenti
promossi nei confronti degli altri componenti del
consiglio di amministrazione e che, dopo la riassunzione,
erano stati riuniti a quello promosso nei confronti dello
stesso Filosa (nel senso della nullità e non inesistenza
della notificazione al procuratore costituito nella fase
anteriore alla riassunzione v. Cass. s.u. ord. 29 aprile
2008, n. 10817; Cass. ord. 25 luglio 2006, n. 16952;
Cass. 20 ottobre 2006, n. 22529).
10

Con il secondo subordinato motivo il ricorrente deduce
che, nell’ipotesi in cui l’inesistenza delle
notificazioni delle impugnazioni sia ritenuta sanata
dalla costituzione in giudizio, la Corte di appello aveva
erroneamente ritenuto inammissibile l’appello incidentale

tardivo di esso ricorrente, cui non poteva imputarsi il
mancato rispetto del termine ex art. 343 c.p.c.
Il motivo è infondato. Il ricorrente ha espressamente
rinunciato a provare il fatto di essere rimasto contumace
senza colpa nel giudizio di primo grado ed ha, invece,
sostenuto che, a causa del vizio dedotto, non aveva
potuto acquisire conoscenza degli atti notificati
(appelli e notificazione

ex

art. 332 c.p.c.) e del

conseguente processo.
Ciò comporta che non è configurabile una ipotesi di
deroga al termine lungo

ex

art. 327 c.p.c. e che

l’ammissibilità dell’appello deve essere valutata solo
sotto il profilo dell’art. 334 c.p.c. Nella specie,
tuttavia, come esattamente affermato dalla difesa della
controricorrente, si deve escludere che l’interesse ad
impugnare l’affermazione di responsabilità nei confronti
della Milano Serravalle – Milano Tangenziali s.p.a. possa
ritenersi sorto soltanto dopo l’impugnazione proposta
dall’appellante principale o dopo quella incidentale
autonoma proposta dagli altri convenuti. Infatti, nel
caso in cui la sentenza impugnata abbia affermato la
11

responsabilità solidale dei convenuti nei confronti
dell’attore ed abbia anche accertato la percentuale di
responsabilità

ascrivibile

a

ciascuno

di

essi,

l’interesse di tutti i convenuti a contestare
l’affermazione della loro responsabilità nei confronti

dell’attore sorge direttamente per effetto della sentenza
e non per effetto dell’appello con cui alcuni di essi
abbiano chiesto al giudice di rideterminare le colpe di
ciascuno. Invero, sebbene non sia dubbio che una diversa
determinazione del grado di responsabilità possa dare, a
seguito del regresso, un diverso contenuto economico
all’affermazione di responsabilità nei confronti
dell’attore, si deve, tuttavia, rilevare che si tratta di
una conseguenza di mero fatto che non muta i termini
dell’affermazione della responsabilità solidale nei
confronti dell’attore, rispetto alla quale, in caso di
pluralità di responsabili, è del tutto indifferente la
graduazione delle colpe.
L’odierno ricorrente, pertanto, non può fondare un
proprio interesse ad appellare sulla circostanza che i
coobbligati avevano chiesto con i loro appelli una
diversa regolazione dei rapporti interni. Da tale
richiesta, infatti, poteva sorgere eventualmente la
decisione di non accettare più il paritario grado di
responsabilità affermato dal Tribunale, ma non anche
l’interesse ad una contestazione della affermazione della
12

responsabilità che discendeva già dalla sentenza di primo
grado che aveva visto, nei rapporti tra il Filosa e la
Milano Serravalle – Milano Tangenziali s.p.a., il primo
totalmente soccombente e la seconda totalmente
vittoriosa.

Con il terzo subordinato motivo il ricorrente,
premesso che la Corte di appello, pur dichiarando
l’inammissibilità del suo appello incidentale, aveva
comunque affrontato temi di merito trattati nei motivi di
detto appello, deduce che la relativa pronunzia, ove non
la si consideri emessa in carenza di potere, non aveva,
comunque, affrontato alcune specifiche questioni poste
con i motivi di appello.
Il motivo è inammissibile. Infatti, come ipotizza lo
stesso ricorrente,

«qualora il giudice, dopo una

statuizione di inammissibilità

(o declinatoria di

giurisdizione o di competenza), con la quale si è
spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al
merito della controversia, abbia impropriamente inserito
nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte
soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare;
conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si
rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è
viceversa inammissibile, per difetto di interesse,
l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato
anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad
13

abundantiam” nella sentenza gravata» (Cass. s.u. 20
a

febbraio 2007, n. 3840).
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano

come in dispositivo.
P . Q . M .

delle spese di lite liquidate in C 15.200,00=, di cui
200,00 per esborsi, oltre IVA e CP.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20
giugno 2013.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA