Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19581 del 24/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19581 Anno 2018
Presidente: LOCATELLI GIUSEPPE
Relatore: FEDERICI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 18265-2011 proposto da:
DELFINET BV IN LIQUIDAZIONE in persona del liquidatore
e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo
studio dell’avvocato PAOLO FIORILLI, rappresentato e
difeso dagli avvocati FRANCESCO PISTOLESI, MARCO
MICCINESI giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 24/07/2018

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente nonchè contro

AGENTE RISCOSSIONE PROVINCIA DI LUCCA EQUITALIA SRT
SPA;

avverso la sentenza n. 139/2010 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 14/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/04/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
FEDERICI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto con inammissibilità del 5 ° motivo di ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato PISTOLESI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato CANTALUPO che
ha chiesto il rigetto.

– intimata –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La DELFINET B.V. in liquidazione, con sede legale in Olanda, ha proposto ricorso
per la cassazione della sentenza n. 139/25/10, depositata il 14.12.2010 dalla
Commissione Tributaria Regionale della Toscana.
Ha premesso che sin dalla sua costituzione ha posseduto la totalità delle
partecipazioni della società lussemburghese Delfinet s.a.r.I., la quale negli anni
1998/2001 conseguiva utili nella misura di circa 36.000.000 C, derivanti dalla attività

Branch; in data 21.12.2001 la controllata deliberava la distribuzione di utili per
l’importo di C 30.800.000,00, riportando poi nel bilancio chiuso il 31.12.2001 dividendi
pari ad C 27.956.000 ed un utile di esercizio di C 27.888.744,00. Con pvc del
24.07.2003 la GdF considerava la Delfinet B.V. fiscalmente domiciliata in Italia,
contestando l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da partecipazione
conseguiti nel 2001. Con distinto pvc del 29.09.2003 la GdF considerava fiscalmente
domiciliata in Italia anche la controllata società lussemburghese, parimenti
contestando l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.
In data 13.06.2003 la Delfinet s.a.r.l. lussemburghese presentava istanza di
condono per la regolarizzazione dei redditi conseguiti all’estero e per la
regolarizzazione delle scritture contabili ex art. 8, co. 5, ed art. 14 della I. n. 289 del
2002, provvedendo tempestivamente al versamento dell’imposta sostitutiva.
In data 20.04.2004 anche la ricorrente presentava istanza di condono per la
regolarizzazione delle scritture contabili, e poiché per l’adesione al condono il software
della Agenzia delle Entrate richiedeva obbligatoriamente la previa presentazione della
dichiarazione relativa alla sanatoria dei redditi conseguiti all’estero, era costretta a
presentare anche l’istanza ,ex art. 8, co. 5 cit. Al solo fine di regolarizzare le proprie
scritture contabili indicava pertanto nel rigo A121 della dichiarazione integrativa
l’importo dei redditi (27.888.744,00) e l’importo dell’imposta sostitutiva (C
1.673.325,00). Tale dichiarazione integrativa era preceduta e seguita da memorie
depositate presso l’Ufficio di Lucca, in cui evidenziava che la compilazione relativa ai
redditi ed all’imposta sostitutiva era solo strumentale alla regolarizzazione delle
scritture contabili.
In data 10.03.2008 l’agente della riscossione per la Provincia di Lucca notificava
alla ricorrente una cartella di pagamento dell’imposta sostitutiva relativa alla
dichiarazione integrativa da lei presentata, per l’importo di C 2.439.358,80,
comprensiva di interessi e sanzioni.
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C
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economica esercitata dalla stabile organizzazione svizzera Delfinet s.a.r.l. Swiss

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La ricorrente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di
Lucca, sollevando varie eccezioni e lamentando la violazione del divieto di doppia
imposizione, nei confronti della società controllante e nei confronti della società
controllata, pur essendo identica l’imposta, identico il presupposto ed irrilevante
l’elemento soggettivo. All’esito del giudizio il giudice di primo grado, con sentenza del
30.11.2009, accoglieva il ricorso.
L’Agenzia adiva la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, che con la

Dopo il deposito della sentenza del giudice regionale la società riferisce di aver
avuto conoscenza dell’intervenuto sgravio da parte dell’Ufficio degli importi iscritti a
ruolo ed oggetto di causa.
La Delfinet B.V., censura la sentenza con sette motivi.
con il primo per violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. o 46 del d.lgs.
n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. per non aver dichiarato
estinto il giudizio, per l’ipotesi che l’annullamento in autotutela sia intervenuto dopo
l’appello, o per non aver dichiarato l’inammissibilità dell’appello, per l’ipotesi che
questo sia successivo all’annullamento in autotutela;
con il secondo motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 67 del d.P.R. n.
600 e dell’art. 163 del d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3
c.p.c., per aver erroneamente escluso la violazione del divieto di doppia imposizione;
con il terzo motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 5 e 8, della I.
n. 289 del 2002, in relazione all’art. 360 co. 1, n. 3, c.p.c., per aver erroneamente
negato l’estensione dell’efficacia della domanda di condono presentata dalla società
controllata alla società controllante;
con il quarto motivo per insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi
per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., per non aver tenuto conto
delle memorie per chiarimenti presentate all’Ufficio di Lucca a giustificazione dello
scopo della presentazione della dichiarazione integrativa;
con il quinto motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis co. 4, del
d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360 co. 1, n. 3 c.p.c., per aver
erroneamente applicato al caso di specie la disposizione che prevede l’assimilazione
dei dati risultanti dalla liquidazione della dichiarazione presentata dal contribuente ai
dati dichiarati dal medesimo contribuente;
con il sesto motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 6, co. 5, della I. n.
212 del 2000, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., per non aver proceduto alla
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Con
re et. Federici
u-

sentenza ora impugnata accoglieva l’appello.

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preventiva notifica di un avviso bonario pur in presenza di incertezze interpretative su
aspetti rilevanti della dichiarazione;
con il settimo motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c, in
relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia sulla iscrizione a ruolo
della sanzione, nonostante le obiettive incertezze su portata e ambito applicativo delle
norme applicate.
Ha chiesto dunque la cassazione della sentenza.

motivo, comunque evidenziando che lo sgravio della cartella è avvenuto non in
autotutela ma solo per dare esecuzione alla sentenza di primo grado, che accoglieva il
ricorso, senza con questo rinunciare al diritto e all’appello per la riforma della
medesima sentenza, ed ,ha insistito sulla correttezza del suo operato e sulla
infondatezza degli altri motivi di ricorso, di cui ,né ha chiesto il rigetto.
L’Agente per la riscossione, Equitalia SRT, non si è costituita.
All’udienza pubblica del 27 aprile, dopo la discussione, il P.G e le parti hanno
concluso e la causa è stata riservata per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di autosufficienza. La
ricorrente afferma di aver appreso dello sgravio della cartella, senza specificare altro,
sul quando ciò sia avvenuto, sulle ragioni dello sgravio. Non è stato menzionato e
riprodotto alcun provvedimento in tal senso. D’altronde l’Agenzia ha negato la
circostanza che se sgravio vi è stato questo sia avvenuto in autotutela e non invece in
esecuzione della sentenza di primo grado, che accoglieva il ricorso della contribuente.
Ne discende che in assenza di ogni elemento di riscontro, che peraltro avrebbe dovuto
avere cura ed interesse la Stessa società a produrre, il motivo è inammissibile.
Esaminando il secondo, terzo e quarto motivo, che possono essere trattati
unitariamente perché, sotto diversi aspetti, sono tutti rivolti ad evidenziare i vizi da cui
è affetta la pronuncia impugnata per aver ritenuto comunque la società obbligata
verso l’erario al pagamento degli importi indicati nella dichiarazione integrativa, la
contribuente censura il non aver identificato nella fattispecie impositiva una ipotesi di
violazione del divieto di doppia imposizione, per aver negato l’estensione alla società
controllante della efficacia della domanda di condono presentata dalla società
controllata, per non aver sufficientemente esaminato la documentazione che a detta
RGN 18265/2011
Con
re est. Federici
i. •

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Si è costituita l’Agenzia delle Entrate, che ha sostenuto l’inammissibilità del primo

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della contribuente spiegava all’Ufficio impositore lo scopo effettivo della presentazione
della dichiarazione integrativa.
Esaminando allora la sentenza, questa, dopo aver riportato le posizioni difensive
delle parti, ed in particolare dopo aver sintetizzato le ragioni della contribuente secondo cui la partecipazione integrale nel capitale della lussemburghese Delfinet
s.a.r.l. costituiva manifestazione del “possesso effettivo” del reddito della società
controllata, sicchè l’adesione da parte di quest’ultima al condono escludeva ogni

ipotesi di doppia imposizione- e le ragioni della Amministrazione -secondo cui non si
stava procedendo al recupero del reddito 2001 ma solo delle eccedenze non versate
emergenti dalla dichiarazione integrativa presentata dalla stessa società in esecuzione
e per gli effetti previsti degli artt. 8 e 14 della I. n. 289/2002-, così statuisce:
<>.
Il giudice regionale dunque sostiene le ragioni dell’erario affermando, in sintesi,
che il debito tributario esulava dalla verifica del rapporto tra società lussemburghese
controllata e società olandese controllante ai fini del riconoscimento del “possesso
effettivo” del reddito, e trovava invece causa nella presentazione della dichiarazione
integrativa, nel versamento di € 6.000,00, eseguito in riferimento al promosso
procedimento di condono per il conseguimento degli effetti a questo riconducibili, ed al
consequenziale obbligo della Amministrazione di intervenire per richiedere il
RGN 18265/2011
Con
e e t. Federici

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pretesa a carico della controllante sullo stesso reddito, altrimenti incorrendosi in

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pagamento di quanto dichiarato e non versato, non potendo avere altra condotta
l’ufficio a fronte del richiesto condono. In altre parole, quando il contribuente ha
aderito al condono al fine di conseguirne gli effetti, compreso quello della
regolarizzazione delle scritture contabili, ed ha eseguito il primo pagamento,
l’Amministrazione era tenuta ad assicurare il completamento di tale procedimento cui
volontariamente la società aveva aderito,

«non essendo ex lege diversamente

consentito se non intervenire».

di adesione alle forme di definizione agevolata degli obblighi fiscali.
In particolare è stato reiteratamente affermato, con riferimento alle varie leggi
disciplinanti la definizione agevolata di rapporti tributari, che la dichiarazione
integrativa presentata dal contribuente è irrevocabile, non costituendo una
dichiarazione di scienza, come tale modificabile, ma un atto volontario, che il
contribuente non può contestare se non per errore materiale, che deve essere
manifesto e riconoscibile e consistere nella discordanza, immediatamente rilevabile nel
testo, tra l’intendimento dell’autore e la sua materiale esteriorizzazione (Cass., sent.
n. 20790 del 2016, a proposito della disciplina regolata dalla I. n. 289 del 2002).
Essa costituisce un atto vincolante, che quando previsto al fine della definizione
delle pendenze, resta indifferente alla circostanza che per uno specifico periodo
d’imposta il contribuente abbia o meno conseguito un reddito. Non è infatti rilevante,
in tema di condono fiscale, ad esempio con riferimento alla disciplina dettata dalla I. n.
413 del 1991 -che prevedeva come la dichiarazione integrativa per definizione
automatica dovesse contenere a pena di nullità la richiesta di definizione per tutte le
imposte e per tutti i periodi d’imposta in relazione ai quali non erano scaduti i termini
per l’accertamento di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973- quale possa essere
stato il concreto comportamento del contribuente (e quindi anche delle sue
dichiarazioni, dovute o meno che fossero), quanto invece il parametro del tutto
oggettivo, rappresentato dall’arco dei periodi d’imposta in relazione ai quali non si
fossero esauriti i poteri di accertamento dell’amministrazione costituenti il periodo di
riferimento per valutare la completezza e la legittimità della dichiarazione integrativa.
Ne conseguiva pertanto che per la definizione automatica dei periodi d’imposta per i
quali non era stata presentata la dichiarazione dei redditi dovesse in ogni caso essere
versata quella determinata somma prevista dalla legge per ciascuno dei periodi stessi
(Cass., ord. n. 17919 del 2014; 3301/2014; 1153/2008).
RGN 18265/2011
Con
ere est. Federici
(A-

La motivazione è coerente con i principi enunciati dalla giurisprudenza in materia

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L’irrevocabilità della dichiarazione è affermata anche con riferimento alla disciplina
sul condono prevista dal d.l. n. 429 del 1982, convertito con modificazioni dalla I. n.
516 del 1982, tanto da sostenere che la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 16
della predetta normativa, nella parte in cui consentiva la notifica di accertamenti in
rettifica o d’ufficio sino alla data di presentazione della dichiarazione integrativa,
anziché fino all’entrata in vigore del d.I., non determina automaticamente l’invalidità
degli avvisi di accertamento notificati dopo la predetta data, né quella dell’iscrizione a

della dichiarazione integrativa (cd. condono automatico o tombale) presentata dal
contribuente in riferimento all’imponibile accertato dall’Ufficio, stante l’irrevocabilità
della dichiarazione stessa (Cass., ord. n. 3172 del 2018; 1273/2014; 9955/2008).
Dunque il recupero dell’importo dichiarato nella dichiarazione integrativa si
riconduce propriamente agli effetti di tale dichiarazione, che la società Delfinet ebbe a
depositare, e nessun rilievo può attribuirsi ai chiarimenti che la contribuente sostiene
di aver trasmesso prima e dopo all’Ufficio competente per spiegare la concreta finalità
della adesione alla regolarizzazione dei redditi all’estero, prevista dall’art. 8, co. 5
della I. 289 cit. A parte che tali memorie non accompagnano affatto la dichiarazione
integrativa, per essere rispettivamente anteriori di otto mesi l’una (con contenuto ben
diverso dai predetti chiarimenti) e successiva di un mese l’altra rispetto all’inoltro
telematico della dichiarazione, e pertanto del tutto slegate dalla stessa, la
contribuente provvide al versamento dell’importo di C 6.000,00, quale prima quota
dell’imposta sostitutiva liquidata secondo la percentuale prevista dalla normativa
(6%).
Coerentemente dunque con la disciplina e con i principi somministrati dalla
giurisprudenza di legittimità la Commissione Regionale ha riconosciuto le ragioni
erariali e gli obblighi tributari della Delfinet in considerazione della presentazione della
dichiarazione integrativa e del versamento della somma di C 6.000,00, escludendo
ogni rilevanza nella vicenda de quo alla denunciata violazione del divieto di doppia
imposizione così come negando rilevanza alla pretesa estensione degli effetti del
condono presentato dalla società controllata alla controllante.
D’altronde, costituisce un dato neppure contestato dalla ricorrente che le due
società non si identificassero, escludendosi pertanto ogni ipotesi di interposizione
fittizia tra di esse, così come altrettanto incontestato è che alla identità serbata da
entrambe le società conseguisse la possibilità di essere sottoposte ad accertamento se
non avesse, ciascuna, aderito alla disciplina premiale del condono. Ed è altrettanto
RGN 18265/2011
Consi iiit. e etederici

ruolo e delle cartelle esattoriali formate e notificate sulla base

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incontestabile che vi fosse una specifico e autonomo interesse della società olandese
controllante a regolarizzare le proprie scritture contabili. Per far questo occorreva
accedere alla disciplina nella sua interezza, atteso che la suddetta regolarizzazione era
funzionalmente e temporalmente legata all’istanza di condono, nonché subordinata
alla compilazione del prospetto descrivente le specifiche variazioni dei valori contabili
che si intendeva apportare, così garantendo il controllo del nesso funzionale tra
modificazioni contabili e dichiarazione integrativa e della congruità del versamento

18237 del 2016).
Deve in conclusione ritenersi che i motivi esaminati sono infondati.
Infondato è il quinto motivo, con il quale si lamenta l’errore di diritto nella
applicazione dell’art. 36 bis, co. 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 per aver erroneamente
applicato al caso di specie la disposizione che prevede l’assimilazione dei dati risultanti
dalla liquidazione della dichiarazione presentata dal contribuente ai dati dichiarati dal
medesimo contribuente.
La sentenza in merito sostiene che «…va anche….affermato il principio per il
quale la dichiarazione integrativa presentata ex art. 8 L. 289/2002, mentre preclude
attività accerta tive da parte della Amministrazione, lascia salvi, pur nei limiti di cui ai
commi 6° e 7°, gli effetti della liquidazione resa ex art. 36, commi bis e ter Dpr
600/73 e tanto solo considerando come la stessa dichiarazione integrativa adottata
dal contribuente sia, ratione legis, atto perfettamente attua tivo e coerente della
…legge tributaria e che ex sé produce un effetto liquidativo…>>.

Sul punto è sufficiente ribadire quanto già affermato dalla giurisprudenza di
legittimità, secondo cui in materia di condono fiscale, la dichiarazione integrativa degli
imponibili per gli anni pregressi, prevista dall’art. 8 della I. n. 289 del 2002 preclude
l’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, ma non la liquidazione delle
imposte né l’attività di “controllo formale”, in quanto il legislatore – con scelta
discrezionale non irragionevole poiché l’attività di cui all’art. 36 ter, pur non
strettamente liquidatoria come quella di cui all’art. 36 bis, si esaurisce nell’esame
testuale dei dati della dichiarazione raffrontati con documentazione (anche) esterna a
questa, senza profili di tipo valutativo o interpretativo – ha costantemente fatto salvi
gli art. 36 bis e ter del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, distinguendoli
dall’accertamento vero e proprio e accomunandoli nello stesso regime (cfr. Cass.,
sent. n. 17631 del 2014; 1264 del 2017; 17239 del 2017; con riferimento alla legge
sul condono n. 413 del 1991, cfr. sent. n. 1113 del 2013, motivata sul principio
RGN 18265/2011
Consi l’ere est. Federici

dell’imposta sostitutiva, pari al 6% del valore della rettifica apportata (Cass., sent. n.

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secondo cui la dichiarazione tributaria è atto direttamente attuativo della legge
tributaria, e produce di per sè un effetto di liquidazione dell’imposta, rispetto al quale
l’eventuale ulteriore liquidazione dell’ufficio, a seguito dell’esercizio del potere di
accertamento formale automatizzato ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, non
innova se non per la correzione degli errori materiali e di calcolo, tanto è vero che il
quarto comma dello stesso articolo adotta il principio dell’imputazione diretta della
liquidazione al dichiarante). A fronte di questi principi, ribadire ancora una volta che la

quella di consentire l’accesso alla regolarizzazione delle scritture contabili è privo di
rilievo e del tutto infondato per quanto già chiarito in motivazione sulla natura e sugli
effetti delle dichiarazioni integrative in tema dì condono.
Con il sesto motivo la società denuncia la violazione dell’art. 6 co. 5 della I. 212
del 2000 perché nonostante le incertezze normative l’Ufficio non aveva provveduto a
notificare un avviso bonario al contribuente. La censura è infondata quando non
inammissibile. La sentenza infatti ha ritenuto che nel caso di specie non ci si trovasse
dinanzi a una fattispecie implicante incertezze normative, tenendo conto della
dichiarazione integrativa resa ex art. 8 della I. n. 289 cit. ed esulando l’ipotesi da
quelle prospettate dalla contribuente. Si tratta di una valutazione di fatto, più
correttamente collocabile nel vizio motivazionale che non in quello di diritto, perché il
giudice regionale non ha errato nel configurare quando debba farsi ricorso al
preventivo avviso bonario, ma nel caso concreto ne ha ritenuto in fatto insussistenti i
presupposti. A fronte di questa valutazione concreta è inibito al giudice di legittimità
rivalutare nel merito la questione. In ogni caso, anche sul piano dell’errore di diritto,
l’esame della vicenda, per quanto già chiarito, esclude la sussistenza di una ipotesi
nella quale l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere all’avviso bonario, attesa
l’insussistenza di incertezze normative.
Con il settimo e ultimo motivo la Delfinet lamenta l’omessa pronuncia sulla
domanda di annullamento dell’iscrizione a ruolo della sanzione tributaria, invocando la
causa di non punibilità eX art. 6, co. 2, d.lgs. n. 472 del 1997 per le obiettive
condizioni di incertezza della disciplina applicabile. Anche questo motivo è infondato.
Sebbene infatti non vi sia una espressa pronuncia sul punto, la sentenza impugnata
aveva già espressamente ritenuto non tenuta l’Amministrazione a notificare l’avviso
bonario perché non riconosceva incertezze sulla portata e ambito applicativo della
normativa. Se ne può dunque trarre la conclusione che non ci si trovi dinanzi ad una
omessa pronuncia, ma dinanzi ad una implicita motivazione di rigetto.
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consigIf
est Federici
I-

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finalità per la quale la dichiarazione integrativa era stata presentata era stata solo

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In conclusione il ricorsO va rigettato e all’esito del giudizio segue la soccombenza
della ricorrente nelle spese processuali, che si liquidano nella misura indicata in
dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la Delfinet B.V. alla rifusione in favore
dell’Agenzia delle spese di causa, che si liquidano nella misura di C 16.000,00 oltre

Così deciso in Roma, il giorno 27 aprile 2018
Il Consigliere est.

spese prenotate a debito.

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