Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19577 del 26/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19577 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 22704-2008 proposto da:
PASCARELLA FRANCESCA PSCFNC44D45C558Z, elettivamente
domiciliata in 11=5,

VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso

lo studio dell’ avvocato ABBAMONTE ANDREA,
rappresentata e deifesa dagli avvocati DE LUCIA
EMANUELE, BALLETTA GIOVANNI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2250

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

Data pubblicazione: 26/08/2013

FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,
rappresentato e difeso dagli avvocati

llo studio5

ell’avvocatoIRICCIO ALESSANDRO, lche lo rappresenta

el

VALENTE NICOLA,
GIANNICO GIUSEPPINA, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n. 5414/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 11/09/2007 r.g.n. 3052/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/06/2013 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito l’Avvocato BALLETTA GIOVANNI;
udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA per delega RICCIO
ALESSANDRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– controrícorrente-

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 26 giugno
2007, riformando la sentenza di primo grado, rigettava la
dell’INPS

e

diretta al riconoscimento dell’assegno dì

invalidità di cui all’art. 1 della legge n.222 del 1984,
osservando che l’appellata non si era presentata alla visita
medica fissata dal C.t.u. nominato in grado di appello e non
aveva fornito alcuna giustificazione di tale comportamento,e
che la mancata collaborazione con gli specialisti medicolegali e la sottrazione alle conclusive indagini non avevano
consentito di verificare la ricorrenza dei requisiti di legge
per il riconoscimento del diritto vantato.
Per la cassazione di tale sentenza Pascarella Francesca
propone ricorso affidato a sette motivi ed illustrato con
memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
L’INPS resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione dell’art. 434 cod. proc. civ. per non
avere la Corte territoriale dichiarato l’inammissibilità
dell’appello proposto dall’INPS che, in violazione del
principio di specificità dei motivi di gravame, si era
limitato ad elencare i dati anamnestici, senza alcuna
indicazione delle ragioni per le quali la c.t.u. svolta in
primo grado doveva considerarsi errata.
Il motivo è inammissibile.

41.

R.G. n. 22704/2008
Udienza 20 giugno 2013
Pascarella Francesca c/1NPS

-1-

domanda proposta da Pascarella Francesca nei confronti

L’onere della specificazione dei motivi d’appello esige
ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ. (e, nel rito del
lavoro, del successivo art. 434 cod. proc. civ.) che la
manifestazione volitiva dell’appellante, indirizzata ad
supporto argomentativo idoneo a contrastare la motivazione
della pronuncia impugnata. Dunque, il grado di specificità
dei motivi non può essere stabilito in via generale ed
assoluta, ma i motivi devono essere più o meno articolati a
seconda della maggiore o minore specificità nel caso concreto
di quella motivazione (cfr. Cass. S.U. 20 settembre 1993 n.
9628 e numerose successive; v. tra le più recenti, Cass. n.
8771 del 2010).
In relazione a ciò, il ricorrente per cassazione che
censuri la sentenza di appello per violazione dell’art. 434
cod. proc. civ. (o dell’art. 342 cod. proc. civ.) non può
limitarsi a dedurre tale violazione, ma ha l’onere di fornire
al giudice di legittimità elementi idonei ad evidenziare il
difetto di specificità oggetto della censura, in quanto il
requisito di autosufficienza deve essere osservato pure nel
caso in cui siano dedotti

errores in procedendo.

In tale

ipotesi la Corte di legittimità diviene anche giudice del
fatto (processuale) ed ha il potere-dovere di procedere
direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti
processuali; tuttavia, si prospetta preliminare ad ogni altra
questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in
relazione ai termini in cui è stato esposto, con la
conseguenza che, solo quando sia stata accertata la
sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile valutare
la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente

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Udienza 20 giugno 2013
Pascarella Francesca c/INPS

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ottenere la riforma della sentenza di primo grado, trovi un

nell’ambito di quest’ultima valutazione,

la Corte di

cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed
all’interpretazione degli atti processuali (Cass. 17 gennaio

Specificamente, l’art. 366 n. 3 cod. proc. civ. richiede
l’esposizione sommaria dei fatti della causa, la quale è
concretamente richiesta – appunto in virtù del principio
dell’autosufficienza – nei limiti in cui è necessaria (senza
ricorrere ad altre fonti) per consentire di rendersi conto
delle censure sollevate (cfr. Cass. 21 luglio 2004 n. 13550;
conf. Cass. 15 aprile 2005 n. 7863, 29 novembre 2005 n.
26046; S.U. 18 maggio 2006 n. 11653, Cass. 19 ottobre 2006 n.
22385).
Attraverso l’adesione alle conclusioni della c.t.u. medicolegale espletata in primo grado, la motivazione della
sentenza del Tribunale era integrata dalle argomentazioni
espresse nella relazione tecnica, recepita per relationem. La
censura svolta con l’atto di appello investiva – come si
evince dal tenore del motivo trascritto nel ricorso per
cassazione (“…l’ipertensione è lieve e non presenta impegni
secondari; l’artrosi ha un impegno funzionale modesto; la
broncopatia è inesistente; l’ipoacusia è solo accennata”) la valutazione medico-legale espressa dal Consulente
d’ufficio in rapporto alle risultanze obiettive e/o
documentali; il suo tenore non presentava, in termini
assoluti, la genericità denunciata, la quale non può
risolversi nel carattere sintetico della doglianza.
Il ricorso per cassazione, che non reca la trascrizione
itkaa- V-tre dht. tv■NrteMPdella sentenza di primo gradcirné della c.t.u. recepita per
relationem, non consente di stabilire il grado di pertinenza

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Udienza 20 giugno 2013
Pascarella Francesca c/INPS

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2012 n. 539 e 20 luglio 2012 n.12664).

e di specificità dei motivi di gravame

rispetto alla

consulenza che l’INPS intendeva censurare. La carenza di tali
indicazioni esclude

in limine l’esigenza di

fondatezza della censura attraverso l’esame

riscontrare la
degli atti del

lacune insite nelle doglianze di parte.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art.
2697 cod. civ. per non avere l’Istituto appellante indicato
su quali elementi di fatto fondava le censure mosse a
confutazione della c.t.u. espletata in primo grado.
Il motivo è infondato.
L’onere di provare gli elementi costitutivi del diritto
all’assegno di invalidità gravava ex art. 2697 cod. civ.
sull’assicurata, senza che tale regola abbia subito
un’inversione in appello. L’INPS – quale appellante – aveva
l’onere di svolgere specifici motivi di gravame,
dell’art. 434 cod. proc. civ.,

ai sensi

tesi a contestare la

valutazione operata dal giudice di primo grado nel vagliare e
ritenere sussistenti i fatti costitutivi del diritto altrui.
La ricorrente propone, dunque, un’inammissibile inversione
dell’onere probatorio.
Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 112
e 115 cod. proc. civ. per non avere il giudice di appello
pronunciato sull’eccezione di parte appellata, vertente sul
mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante
sull’INPS, e comunque per violazione del principio di
disponibilità delle prove.

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Udienza 20 giugno 2013
Pascarella Francesca c/INPS

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fascicolo di causa, non spettando a questa Corte colmare le

Il motivo – direttamente dipendente dai precedenti – è
infondato. La Corte di appello, nel disporre il rinnovo della
c.t.u., ha ritenuto di superare, implicitamente rigettandola,
l’eccezione di parte appellata sulla genericità dei motivi
dall’INPS; ha quindi pronunciato sull’eccezione di
controparte, anche se in modo implicito.
Con il quarto motivo si muove alla Corte di appello
l’addebito di avere fatto un uso non corretto del potere
istruttorio di disporre il rinnovo delle operazioni peritali,
senza che l’appellante avesse individuato i presunti errori
commessi dal C.t.u. nominato in primo grado, così violando
l’art. 437, secondo comma, cod. proc. civ..
Il motivo è infondato.
Rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito coordinati con il principio dell’effetto devolutivo
dell’appello (Cass. n. 14338 del 2012) – la valutazione
dell’opportunità di rinnovare, in parte o “in toto”, la
consulenza tecnica d’ufficio o di disporre indagini tecniche
suppletive o integrative, o di sentire a chiarimenti il
consulente tecnico d’ufficio sulla relazione già depositata.
Nel caso in esame, il giudice di appello ha ritenuto – con
valutazione implicitamente sottesa all’ordinanza di nomina di
un nuovo C.t.u. – che, attraverso motivi di gravame dotati
di sufficiente grado specificità ex art. 434 cod. proc. civ.,
fosse stato devoluto in appello il riesame del requisito
sanitario, costitutivo del diritto all’assegno di invalidità
di cui alla legge 12 giugno 1984 n. 222, art. 1. L’esercizio
del potere istruttorio di rinnovare la c.t.u. medico-legale è

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Udienza 20 giugno 2013
Pascarella Francesca c/INPS

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di appello, ravvisando la validità delle censure mosse

avvenuto, dunque, nel rispetto del principio devolutivo e
della specificità del motivi di impugnazione.
Il quinto motivo denuncia vizio logico di motivazione
attribuito carattere decisivo alla mancata presentazione a
visita della perizianda, omettendo di considerare che la
sussistenza del requisito sanitario era già stata
positivamente accertata in primo grado e che sarebbe stato
sufficiente, al fine di verificare la correttezza o meno del
procedimento valutativo assunto a base della sentenza di
primo grado, vagliare la validità delle considerazioni
medico-legali svolte in tale sede alla luce dei rilievi
dell’Istituto appellante senza sottoporre l’interessata ad un
nuovo esame obiettivo.
Anche tale censura è destituita di fondamento.
Essa trascura di considerare che la Corte di appello, nel
pervenire alla determinazione di rinnovare la consulenza
medico-legale, aveva non solo condotto un vaglio di
ammissibilità dei motivi esprimendo un giudizio di pertinenza
e congruità delle censure rispetto alla decisione assunta dal
Tribunale, ma altresì ritenuto che il giudizio conclusivo
espresso in sede di primo accertamento tecnico fosse
invalidato dalle censure svolte dall’INPS.
L’ordinanza di rinnovo delle operazioni peritali sottende
anche un apprezzamento, compiuto dal giudice di appello,
insindacabile in questa sede, circa l’impossibilità di
emettere una pronuncia sulla base del solo riesame degli
atti. Se così non fosse stato, la Corte ben avrebbe potuto
disporre in tal senso all’atto del conferimento dell’incarico

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Pascarella Francesca c/INPS

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(art. 360 cod. proc. civ., n.5) per avere la Corte di appello

peritale o addirittura – quale peritus peritorum – procedere
direttamente a vagliare la tenuta del giudizio espresso dal
primo C.t.u. alla luce dei rilievi mossi dall’INPS nell’atto

L’ordinanza di rinnovo, poiché includeva (o comunque non
escludeva espressamente) l’indicazione che le indagini
peritali richiedessero un nuovo esame obiettivo
dell’assicurata, imponeva a quest’ultima di prestare
collaborazione ai fini dell’accertamento, trattandosi di un
onere che perdura per tutta la durata del processo e non
solo fino al primo esito positivo che l’interessata abbia
ottenuto in suo favore in una fase di esso.
E’ dunque pertinente il principio (richiamato nella
sentenza impugnata) espresso da questa Corte nelle sentenze
19 novembre 1998 n. 11688 e 11 novembre 1995, n. 12662,
secondo cui, per l’accertamento della sussistenza dei
requisiti condizionanti l’attribuzione del diritto ad una
prestazione previdenziale o assistenziale, è necessario che
l’interessato, al fine di un adeguato soddisfacimento
dell’onere probatorio a suo carico, non soltanto produca una
documentazione rilevante, ma offra la sua piena
collaborazione con gli specialisti medico – legali ai fini di
una diagnosi completa.
Sebbene tali pronunce abbiano riguardato fattispecie in
cui l’esito dell’accertamento sanitario era stato negativo
in primo grado ed era quindi l’interessato che ricorreva in
appello, il medesimo principio deve essere affermato anche
nell’ipotesi inversa, in quanto il suddetto onere di
collaborazione, rientrante nel più generale onere di provare

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Pascarella Francesca c/INPS

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di appello.

la fondatezza del diritto (art. 2697 cod. civ.), perdura a
carico dell’interessato fino ad accertamento definitivo.
Deve

quindi

affermarsi

che

nelle

controversie

dell’interessato un onere di collaborazione, consistente
nella sottoposizione alla visita medica, anche nell’ipotesi
che sia l’INPS ad impugnare una decisione basata su una
consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado
favorevole

e

all’interessato, con la conseguenza che la

mancata, ingiustificata presentazione dell’interessato alla
visita può comportare il rigetto della domanda per difetto di
prova.
Il sesto motivo censura omessa o insufficiente motivazione
(art. 360 cod. proc. civ., n.5) denunciando che la mancata
presentazione a visita della Pascarella non era priva di
giustificazione; la Corte di appello aveva omesso di
considerare l’assenza del difensore di parte appellata
all’udienza di conferimento dell’incarico peritale, cui non
aveva fatto seguito alcuna ulteriore comunicazione da parte
del C.t.u. nominato.
Il motivo, che sostanzialmente involge una questione di
ordine processuale, è palesemente infondato.
In tema di comunicazione dei provvedimenti del giudice, a
mente dell’art. 176 cod. proc. civ., le ordinanze pronunciate
dal giudice in udienza ed inserite nel processo verbale a
norma dell’art. 134 cod. proc. civ. si reputano conosciute
sia dalle parti presenti sia da quelle che avrebbero dovuto
intervenire, e pertanto non devono essere comunicate a queste

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Udienza 20 giugno 2013
Pascarella Francesca c/INPS

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previdenziali, in sede di impugnazione, permane a carico

ultime dal cancelliere (Cass. 9 maggio 2007, n. 10539; conf.
Cass. 14 marzo 2011, n. 5966).
La data fissata per l’inizio delle operazioni peritali,
dell’ordinanza emessa dal giudice, che non doveva essere
comunicata al difensore, il quale era tenuto a intervenire
per conoscerla.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia la nullità
della sentenza ai sensi degli artt. 132 cod. proc. civ. e
118 disp. att. cod. proc. civ., per essere la pronuncia del
tutto priva di motivazione in merito alle ragioni per le
quali la c.t.u. svolta in primo grado doveva considerarsi
errata.
Il motivo è infondato.
La motivazione non è assente o solo apparente, in quanto
essa si fonda sul mancato esame obiettivo dell’interessata e
dunque sulla mancata collaborazione alle operazioni peritali,
reputate necessarie ai fini della verifica – in appello della sussistenza del requisito sanitario. L’impossibilità di
eseguire tale verifica ha reso indimostrato (o non
compiutamente dimostrato) il requisito costitutivo del
diritto azionato, il cui difetto non può che ridondare a
danno dell’attore ex art. 2697 cod. civ..
Il ricorso va dunque respinto.
Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di
legittimità, trovando applicazione ratione temporis il regime
di irripetibilità di cui all’art. 152 disp. att. cod. proc.
civ., nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art.

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indicata a verbale dal C.t.u., faceva parte integrante

42 del d.l.

30 settembre 2003,

n.

269,

conv.,

con

modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente
giudizio.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

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