Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19576 del 26/09/2011

Cassazione civile sez. I, 26/09/2011, (ud. 19/04/2011, dep. 26/09/2011), n.19576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.R., elettivamente domiciliato in Roma via

Crescenzio 107, presso lo studio dell’avv.to Osvaldo Verrecchia,

rappresentato e difeso dall’avv.to Raviele Elio, per delega in calce

al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

S.B., elettivamente domiciliata in Roma viale delle

Milizie 140, presso lo studio dell’avv.to Roberto Cremisini,

rappresentata e difesa dall’avv.to Trapazzo Mario, per delega in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di Appello di Roma, sezione delle

persone e della famiglia, emesso il 12 dicembre 2006, depositato il

10 gennaio 2007, R.G.A.C.D. n. 53679/06;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 19 aprile 2011

dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

– A seguito di sentenza n. 934/2005 del Tribunale di Cassino, dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio intercorso con S.B., E.R. adiva il Tribunale di Cassino per chiedere la dichiarazione di caducazione ed inefficacia della disposizione, contenuta nella sentenza di separazione personale, con la quale gli si ordinava il pagamento di un assegno di mantenimento alla S. di L. 700.000 mensili, anche in favore della figlia, allora minorenne, E.F..

– La richiesta era determinata dal rifiuto del suo datore di lavoro di cessare, in assenza di un esplicito provvedimento dell’autorità giudiziaria, il prelievo della predetta somma dal suo stipendio e la sua destinazione su un conto corrente intestato alla S.;

Deduceva il ricorrente che in sede di giudizio per la dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio la sua ex coniuge non aveva richiesto la attribuzione di un assegno divorzile e che nel frattempo la figlia era divenuta maggiorenne anche se continuava a convivere con la madre;

Si costituiva la S. che chiedeva accertare la persistente efficacia del provvedimento in quanto emesso anche a favore della figlia.

Chiedeva altresì in via riconvenzionale la determinazione dell’assegno divorzile;

Il Tribunale di Cassino rigettava il ricorso e la domanda riconvenzionale della S.;

La Corte di appello di Roma ha respinto il reclamo avverso il decreto del Tribunale ribadendo l’obbligo per E.R. di corrispondere la somma di 180,76 Euro (pari alla metà dell’assegno mensile di mantenimento di L. 700.000) per il mantenimento della figlia F.;

Ricorre per cassazione E.R. affidandosi a due motivi di impugnazione.

Si difende con controricorso S.B..

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Il ricorrente sottopone alla Corte i seguenti quesiti di diritto: a) un titolo esecutivo quale quello de quo, previsto dall’art. 474 c.p.c., n., 1 pronunciato in sede di separazione personale dei coniugi, quando vi era il vincolo matrimoniale, può spiegare efficacia di titolo esecutivo e sopravvivere anche successivamente al giudizio di divorzio, benchè in questo giudizio, che ha altra natura giuridica, essendo cessato il matrimonio, non sia stato riproposto come assegno divorzile ai sensi della L. n. 898/1970?, art. 6; b) una domanda proposta in sede di separazione personale dei coniugi e non più riproposta in sede di divorzio, deve intendersi caducata anche in riferimento alla diversa natura giuridica dei provvedimenti? Con il secondo motivo di ricorso si deduce la contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio consistente nell’aver dichiarato la sopravvivenza del provvedimento emesso in sede di separazione e nell’aver statuito l’inammissibilità di una domanda intesa alla determinazione dell’assegno divorzile.

Ritenuto che:

Entrambi i motivi sono infondati;

Essi pongono delle questioni fuorvianti come già è stato rilevato dalla Corte di appello perchè quella che è in realtà in contestazione è la permanenza della soggezione del ricorrente all’obbligo di mantenimento della figlia maggiorenne, alla pari del resto rispetto all’obbligo gravante sulla madre con la quale E.F. continua a convivere anche dopo aver compiuto la maggiore età;

Tale obbligo è dipendente dal mancato raggiungimento dell’autonomia economica da parte della figlia maggiorenne e non dal permanere o meno della validità della sentenza di separazione in quanto tale.

Quello che rileva è che tale sentenza ha statuito sull’obbligo di mantenimento della figlia e in quanto tale la sentenza continua a spiegare i suoi effetti nella misura determinata dalla Corte di appello della metà dell’assegno di mantenimento che continuerà ad essere versato alla madre presso cui come si è detto risiede la figlia maggiorenne del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi 1.000 Euro di cui 800 per onorari e 200 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2011

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