Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19576 del 26/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19576 Anno 2013
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 20255-2011 proposto da:
INTESA SANPAOLO S.P.A. 00799960158, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA„ VIA LEONE IV 99, presso lo
studio dell’avvocato FERZI CARLO, che la rappresenta
e difende unitamente agli avvocati POZZOLI CESARE,
2013

CHIELLO ANGELO GIUSEPPE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2086

contro

ROSATI RICCARDO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 26/08/2013

h

VESCI GERARDO, che lo rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 3254/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/08/2010 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/06/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato RAPONE RAFFAELE per delega CHIELLO
ANGELO e POZZOLI CESARE;
udito l’Avvocato VESCI GERARDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

9089/2007;

RG 20255-11
..

– SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Roma, con la sentenza di cui si chiede la cassazione,
ritiene l’illegittimità del licenziamento per riduzione del personale, di cui

Intesa San Paolo. A fondamento del decisum la Corte del merito pone un duplice
ordine di ragioni rappresentate, per un verso dalla non autenticità

del

licenziamento collettivo come comprovato dall’elevato numero delle successive
assunzioni di nuovo personale attestante la mancanza di nesso causale tra i
recessi e la dedotta riorganizzazione aziendale, e dall’altro dalla violazione
dell’art.4, comma 9 ° , della citata legge n. 223 del 1991

in quanto la

comunicazione,ivi prescritta, contiene solo l’elenco dei lavoratori licenziati
ed il criterio della pensionabilità fa

riferimento a tutto l’organico

aziendale senza alcuna distinzione dei profili di professionalità.

La società intesa San Paolo chiede l’annullamento della sentenza sulla base
quattro di quattro motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la parte intimata che deposita memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima censura la società deduce violazione e falsa applicazione degli
artt.4 e 5 della Legge n.223 del 1991, 12 delle Disposizioni sulla Legge in
generale nonché insufficiente motivazione su “punti” decisivi.

_

Sostiene, richiamando giurisprudenza di legittimità, che la Corte di appello
erroneamente non si è limitata al controllo della correttezza della procedura,

m*

1

alla Legge n. 223 del 1991, comunicato al lavoratore in epigrafe dalla società

-ma

andata oltre sindacando la sussistenza del presupposto della eccedenza

del personale.
Aggiunge poi, quanto all’assunto vizio motivazionale, che la Corte del merito
si è limitata a considerare solo ed esclusivamente il numero delle nuove

più elevato e significativo numero degli esuberi.

Rileva, preliminarmente, la Corte che la censura è ammissibile in quanto
ancorché contenga la contemporanea deduzione di violazioni di leggi e di vizio
di motivazione la stessa consente di cogliere in maniera immediata e certa
quali argomentazioni sono riferibili alla violazione di leggi e quali al vizio
di cui all’art. 360, l ° , comma n. 5 cpc.

Tanto precisato e passando all’esame del

merito della censura ritiene il

Collegio che la stessa è, alla stregua dell’orientamento più recente espresso
in materia dalla Cassazione, fondata.
Questo giudice di legittimità, infatti, ha affermato, con riferimento
fattispecie del tutto sovrapponibili alla presente, la

regula iuris,

che la

funzione di nomofilachia -devoluta a questa Corte – induce a ribadire anche
nella presente sede, secondo la quale in materia di licenziamenti collettivi
per riduzione del personale la Legge n. 223 del 1991, nel prevedere agli artt.
4 e 5 la puntuale completa e cadenzata procedimentalizzazione del
provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo
elemento innovativo, consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale,
esercitato

ex post

nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo

dell’iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento

2

assunzioni omettendo completamente di esaminare quel dato alla luce del ben

dell’impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di
_incisivi poteri di informazione e consultazione. Da ciò deriva che i residui
spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più
gli specifici motivi di riduzione del personale, ma unicamente la correttezza
procedurale dell’operazione e che non possono trovare ingresso in sede

violazione delle prescrizioni dettate dagli artt. 4 e 5 e senza fornire la
prova di maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni
sindacali e delle procedure di mobilità al fine di operare discriminazioni tra
i lavoratori, si finisca per investire l’autorità giudiziaria di un’indagine
sulla presenza di effettive esigenze di riduzione o trasformazione
dell’attività produttiva. Donde, a differenza di quanto accadeva prima
dell’entrata in vigore della L. n. 223 del 1991, condotte datoriali – quali la
richiesta di svolgimento di straordinario, l’assunzione di nuovi lavoratori,
successive al licenziamento collettivo, non sono suscettibili di incidere
sulla validità del licenziamento stesso una volta che la procedura si a sia
svolta nel rispetto dei vari adempimenti previsti (Cass..27 gennaio 2011 n.
1949 e Cass._21 novembre 2012 n.20493, in particolare,poi, sull’estraneità al
controllo giudiziale della verifica dell’effettività e ragionevolezza dei
motivi che giustificano, nelle enunciazioni dell’imprenditore, il
licenziamento collettivo V. Cass. 26 febbraio 2009 n. 4653 ).

Non è, quindi, corretta la sentenza impugnata nella quale la invalidità del
licenziamento collettivo in esame è stata asserita sul rilievo della non
“autenticità” della scelta

riorganizzativa del datore

3

dimostrata dalle

giudiziaria tutte quelle censure con le quali, senza contestare specifiche

-assunzioni di nuovi lavoratori in epoca posteriore alla riduzione di
_personale.

Il secondo ed il terzo motivo del ricorso che attengono alla denuncia di vizi
di motivazione concernenti la valutazione della circostanza relativa alle

assorbiti.

Con la quarta censura la società ricorrente allega violazione e falsa
applicazione degli artt. 4, comma 9 ° , e 5 della Legge n. 223 del 1991 nonché
insufficiente motivazione circa ” punti” decisivi.

Prospetta che la Corte del merito nel ritenere inadeguata la comunicazione di
cui all’art.4, comma 9 ° , della Legge n. 223 del 1991 non ha tenuto conto della
ratio sottesa a detta previsione così come interpretata da questa Corte.

Inoltre rileva che la motivazione è insufficiente per non aver tenuto conto
di quanto specificamente risultava dagli atti di causa.

Assume, in particolare, la società ricorrente che la norma non prescrive che
l’azienda debba comunicare le ragioni delle singole scelte delle persone da
licenziare.

Allega che la Corte non ha

considerato che il criterio di scelta era

incentrato prioritariamente sul possesso dei requisiti per il diritto

a

pensione e che come tale, alla stregua della giurisprudenza di legittimità,
non può reputarsi di per sé discriminatorio e può essere, per il suo carattere
oggettivo, controllato senza alcun margine di discrezionalità.

4

nuove assunzioni e la conseguente inesistenza di nesso causale rimangono

-Non’ è, pertanto, corretta la sentenza impugnata, secondo la società
ricorrente, che pretende anche lo “squadernamento dei dati personali di tutti
‘ i dipendenti della Banca”.

Né, aggiunge, la predetta società, occorre, alla stregua della giurisprudenza

latri lavoratori che hanno conservato il posto di lavoro.

Nella specie, assume la società ricorrente, la comunicazione consentiva al
lavoratore di percepire perché lui – e non altri – era stato destinatario del
licenziamento.
Ribadito quanto, preliminarmente, osservato – relativamente all’esame del
primo motivo – circa l’ammissibilità della censura in esame permettendo la
stessa la immediata e certa individuazione delle argomentazione poste a base
delle violazioni di legge e del vizio di motivazione, osserva il Collegio sempre in via pregiudiziale – che lo scrutinio della critica in parola è
reso necessario per la evidente esigenza di valutare la resistenza o meno
della alternativa ed autonoma ratio decidendi

posta a base della sentenza

impugnata secondo la quale il licenziamento deve, altresì, ritenersi invalido
in quanto la comunicazione – di cui all’art.4, comma 9 ° , della citata legge n.
223 del 1991 – non era adeguata contenendo solo l’elenco dei lavoratori
licenziati ed il criterio della pensionabilità faceva riferimento a tutto
l’organico aziendale senza alcuna distinzione dei profili di professionalità.
Tanto premesso rileva il Collegio che secondo diritto vivente

di questa

Corte di legittimità (cfr. Cass. 9 agosto 2004 n. 15377 e Cass. 6 giugno 2011
n.12196), in tema di procedura di mobilità, la previsione di cui alla L. n.

5

di legittimità, la comparazione di ciascun lavoratore con quella di tutti gli

A

-223 ‘del 1991, art. 4, comma 9, in ragione della quale il datore di lavoro,
_nella comunicazione ivi prevista deve dare una “puntuale indicazione” dei
criteri di scelta e delle modalità applicative, comporta che, anche quando il
criterio prescelto sia unico, il datore di lavoro deve provvedere a
specificare nella detta comunicazione le sue modalità applicative, in modo

grado il lavoratore di percepire perché lui – e non altri dipendenti – sia
stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento
collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestare l’illegittimità della
misura espulsiva, sostenendo che, sulla base del comunicato criterio di
selezione, altri lavoratori – e non lui – avrebbero dovuto essere collocati
in mobilità o licenziati.
Discende dal suddetto principio che, poiché la specificità dell’indicazione
delle modalità di applicazione del criterio di scelta adottato è funzionale a
garantire al lavoratore destinatario del provvedimento espulsivo la piena
consapevolezza delle ragioni per cui la scelta è caduta su di lui, in modo da
consentirgli una puntuale contestazione della misura espulsiva, il parametro
per valutare la conformità della comunicazione al dettato di cui all’art. 4,
comma 9, deve essere individuato nell’idoneità della comunicazione, con
riferimento al caso concreto, di garantire al lavoratore la suddetta
consapevolezza.
In particolare, poi, si è ritenuto (Cass. 6 giugno 2011 n.12196 cit.)non
corretta la sentenza di merito che aveva dichiarato l’illegittimità della
procedura sulla base del mero rilievo formale che la comunicazione conteneva

l’elenco dei soli lavoratori destinatari del provvedimento espulsivo e non di

6

che la stessa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in

-

tuti
t i dipendenti fra i quali era stata operata la scelta, senza considerare

_che la comunicazione indicava specificamente il criterio di scelta,

individuato in sede di accordo sindacale, del possesso dei requisiti per
l’accesso alla pensione di anzianità o vecchiaia, la cui natura oggettiva
rendeva superflua la comparazione con i lavoratori privi del requisito

Parallelamente si è affermato, in una fattispecie sovrapponibile alla
presente (Cass. 21 novembre 2012 n.20493), che la comunicazione ex art. 4,
comma 9, indicante specificamente il criterio di scelta, individuato peraltro
in sede di accordo sindacale, del possesso dei requisiti per l’accesso alla
pensione di anzianità o vecchiaia, ha natura oggettiva, rendendo superflua la
comparazione con i lavoratori privi del requisito stesso.
Alla stregua dei precitati specifici precedenti di questa Corte, cui in
questa sede va data continuità giuridica non essendovi valide ragioni per
discostarsene, la sentenza impugnata, sul punto in questione, non è corretta
in quanto discostandosi dei principi sopra sottolineati, pur a fronte
dell’oggettivo criterio della prossimità al pensionamento, individuato in
sede di accordo sindacale, ha ritenuto inidonea la comunicazione di cui
trattasi sul mero rilievo che la stessa conteneva un semplice elenco dei
lavoratori licenziati, senza valutare, quindi, la valenza oggettivamente
esaustiva del criterio di scelta adottato pur richiamato – in uno alla data
del possesso dei requisiti pensionistici – nella comunicazione che, in
adempimento dell’onere di autosufficienza, è stata riportata nel ricorso.
In accoglimento dei primi due motivi di ricorso la sentenza impugnata deve
“essere cassata, ritenuto assorbito il terzo motivo.
l•

7

stesso.

Considerato che gli unici

profili di illegittimità del licenziamento in

esame sono quelli esaminati nei motivi uno e quattro e che ritenuta
‘ l’insussistenza di tali profili di illegittimità, rispetto ai quali non sono
necessari ulteriori accertamenti di fatto, il licenziamento stesso deve
ritenersi legittimo, sussistono i presupposti per decidere la causa nel

lavoratore d’impugnativa del licenziamento deve essere rigettata.
Tenuto conto dell’esito della controversia e della complessità della
fattispecie esaminata e dell’evoluzione con diversi esiti subita dalla
controversia nei vari gradi del giudizio, si ritiene conforme a giustizia
compensare integralmente fra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso, assorbito il
secondo ed il terzo;cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del lavoratore
d’impugnativa del licenziamento collettivo; compensa le spese dell’intero
processo.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 giugno 2013
Il Presidente est.

merito ai sensi dell’art. 384 cpc e conseguentemente l’originaria domanda del

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