Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19575 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 19/07/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 19/07/2019), n.19575

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4984/2014 proposto da:

SAMOFIN DI P.O. & C. S.N.C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BUCCARI 12, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI TIBURZI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARCELLO CACI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, GIUSEPPE

MATANO, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 543/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/10/2013 R.G.N. 1708/2012.

Fatto

RILEVATO

che:

Samofin s.n.c. di P.O. & C. propose, per ragioni di merito relative alla reale natura dei rapporti di lavoro contestati a seguito di accertamento ispettivo, opposizione alla cartella esattoriale con la quale l’Inps le aveva intimato il pagamento delle maggiori somme dovute a titolo di imponibili contributivi evasi e conseguenti sanzioni civili derivanti dalla contestata violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, comma 2, in relazione all’inquadramento come lavoratori subordinati e non come associati in partecipazione dei signori C. e B., sulla base di analogo accertamento effettuato dalla Direzione provinciale del lavoro di Sondrio;

dichiarata inammissibile, in quanto tardivamente proposta, tale opposizione dal giudice del lavoro del Tribunale di Sondrio, il quale aveva accolto l’eccezione in tal senso proposta dall’Inps (dopo aver acquisito dal concessionario per la riscossione l’avviso di ricevimento relativo alla notifica della cartella ove si dava atto che la notifica era avvenuta in data 1 dicembre 2010 mentre l’opposizione era stata proposta solo l’11 gennaio 2011, oltre il termine di gg. 40 previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24), la Corte d’appello di Milano confermò la sentenza rigettando l’appello della Samofin s.n.c. che era fondato sulla violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, dovendosi ritenere inesistente o affetta da nullità insanabile la notifica della cartella in quanto effettuata non da ufficiale della riscossione o da suo delegato o dagli altri soggetti abilitati, ma dallo stesso agente per la riscossione per via postale e senza apporre idonea relata di notifica;

per la cassazione della sentenza propone ricorso Samofin s.n.c. di P.O. & C. con quattro motivi, cui resiste con controricorso l’Inps anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, dedotto per violazione dell’art. 102 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denunzia la violazione della regola del contraddittorio nei confronti di Equitalia Esatri s.p.a., dal medesimo ritenuta litisconsorte necessaria nel rapporto venutosi a creare per effetto della procedura di riscossione del credito oggetto di causa, dal momento che, a giudizio della difesa, le eccezioni di inesistenza insanabile della notifica della cartella avrebbero dovuto indurre il primo giudice a disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti del concessionario per la riscossione essendo la sentenza destinata ad influire anche nei suoi confronti;

con il secondo motivo si deduce violazione e o falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 4, per la mancata indicazione nell’atto amministrativo del termine d’impugnazione e dell’organo dinanzi al quale il ricorso può essere proposto con la conseguente necessità per il giudice di rilevare la scusabilità dell’errore e rimettere la stessa in termini;

con il terzo motivo si prospetta il dubbio di costituzionalità sul complessivo disposto del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24 e 29, per violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., nonchè degli artt. 24 e 113 Cost., laddove è fissato il termine di 40 giorni per la proposizione del giudizio di opposizione nel merito della pretesa contributiva e di soli 20 giorni per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., senza alcuna previsione che la cartella contenga l’avviso dell’esistenza di tale termine a pena di decadenza;

con il quarto motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, in ragione del fatto che la versione di tale disposizione modificata dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 12, aveva eliminato l’inciso presente nella versione originaria che espressamente aveva previsto che la notificazione a mezzo servizio postale potesse essere effettuata dallo stesso esattore;

il primo motivo è infondato, dal momento che l’opposizione – come si evince dallo svolgimento del processo riportato in ricorso e nella sentenza impugnata – fu proposta per esclusive ragioni di merito e la questione della inesistenza/nullità insanabile della notificazione della cartella esattoriale fu sollevata solo quando, costituendosi, l’Inps eccepì la tardività dell’opposizione;

per costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. n. 26422 del 2008; Cass. 5353 del 2004), il potere-dovere del giudice di controllare d’ufficio il rispetto del principio del contraddittorio nei casi di litisconsorzio necessario deve essere esercitato esclusivamente con riferimento alle domande “hinc et inde” sottoposte al suo giudizio e non riguarda, quindi, eventuali eccezioni, ancorchè riconvenzionali, in ordine alle quali può pronunciarsi soltanto “incidenter tantum”;

l’Inps è il soggetto titolare del diritto di credito al quale competono le funzioni di accertamento, liquidazione ed iscrizione a ruolo dello stesso, mentre la società di riscossione è il soggetto deputato alla esecuzione della procedura di incasso, quale responsabile della formazione della cartella e della sua notificazione, per cui l’ente creditore e la società affidataria della riscossione del credito assumono posizioni ben distinte, con la conseguenza che l’ipotesi del litisconsorzio (peraltro solo facoltativo) avrebbe potuto essere configurata solo se fosse stata contestata la legittimità formale degli atti di esazione, mentre nella fattispecie si è avuta contestazione del diritto di credito e della sua iscrizione a ruolo, situazione, questa, in cui permane la legittimazione passiva del solo ente assicuratore titolare del credito;

in tal senso si ricordano, ex multis, Cass. sez. lav. n. 23984 dell’11.11.2014 e Cass. n. 14388 del 2018 che hanno espresso il principio secondo cui: “Nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale, notificata dall’istituto di credito concessionario per la riscossione di contributi previdenziali pretesi dall’INPS, la legittimazione passiva spetta unicamente a quest’ultimo ente, quale titolare della relativa potestà sanzionatoria, mentre l’eventuale domanda in opposizione, attinente a tale oggetto, formulata contestualmente anche nei confronti del concessionario della gestione del servizio di riscossione tributi, deve intendersi come mera “denuntiatio litis” che non vale ad attribuirgli la qualità di parte”;

il secondo motivo, che lamenta la violazione delle disposizioni sopra indicate per l’omessa indicazione nella cartella del termine di 20 giorni per proporre opposizione contro i vizi diversi da quelli relativi all’iscrizione a ruolo, non è pertinente rispetto al decisum perchè la sentenza impugnata ha ritenuto tardiva perchè proposta oltre 40 giorni dalla notifica, l’opposizione nel merito, ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, che è l’unica ad essere stata proposta;

il terzo motivo, in realtà, prospetta solo dubbi di costituzionalità ritenuti infondati da Corte Costituzionale n. 111 del 2007 che ha dichiarato manifestamente infondata la questione qui prospettata in quanto, da un lato, non è irragionevole la scelta del legislatore di consentire ad un creditore, attesa la sua natura pubblicistica e l’affidabilità derivante dal procedimento che ne governa l’attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo, e, dall’altro lato, è rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo la possibilità, concessa al preteso debitore, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilità di ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell’onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non già formale) assunta dalle parti nel giudizio di opposizione;

il motivo non formula alcuna considerazione ulteriore rispetto a quelle risolte dalla citata pronuncia della Corte Costituzionale appena richiamata, per cui la questione è manifestamente infondata ai sensi della L. n. 87 del 1953, art. 23;

il quarto motivo è infondato essendo palese l’infondatezza delle censure mosse rispetto alla notifica della cartella opposta, avvenuta il 1.12.2010;

da un primo punto di vista si afferma che non vi è prova che la notifica sia stata eseguita da un messo notificatore (data l’insufficienza del timbro con la dicitura “messo notificatore P.G.” e l’illegibilità ed indecifrabilità della sottoscrizione apposta in luogo diverso dalla dicitura” (pag. 34 del ricorso per cassazione);

inoltre, si sostiene che la notificazione sarebbe inesistente, perchè effettuata direttamente da parte del concessionario della riscossione, senza l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario, sul presupposto che una notifica a mezzo posta per raccomandata non potrebbe essere attuata in tali forme;

su tali punti si è, però, stabilito che “in tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, seconda parte, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art. 26, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (Cass. 17 ottobre 2016, n. 20918; Cass. 6 marzo 2015, n. 4567; Cass. 19 marzo 2014, n. 6395; Cass. 19 luglio 2018, n. 19270);

il ricorso va, dunque, rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo;

sussistono, dato l’esito del ricorso, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 8000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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