Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19574 del 09/07/2021

Cassazione civile sez. II, 09/07/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 09/07/2021), n.19574

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6112/2016 proposto da:

D.G., rappresentato e difeso dall’avv. ENRICO GELPI;

– ricorrente –

contro

D.P., C.R.M., D.L.M., D.M.,

D.F., DE.GI., C.L.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE LIEGI 35/B, presso lo

studio dell’avvocato GABRIELE DI PAOLO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIANFRANCO BARELLI;

– controricorrenti –

contro

D.E., DE.MA., D.D., M.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4071/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che conclude chiedendo accogliersi, nei sensi di cui

in motivazione, i primi tre motivi di ricorso; assorbito il quarto.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. La vicenda al vaglio, per quel che qui rileva, può sintetizzarsi nei termini seguenti:

– D.G. nel 2008 citò in giudizio i germani m., P.A. e M.L. perché fosse dichiarato il di lui acquisto per usucapione d’un immobile abitativo;

– si costituì per contrastare la domanda il fratello m., nel mentre le due sorelle restarono contumaci;

– avverso la sentenza sfavorevole di primo grado, G. propose appello, citando al posto di M.L., deceduta il (OMISSIS), gli eredi di quest’ultima;

– si costituirono m., a mezzo del tutore, P.A. con l’amministratore e, quali eredi di M.L., D.L.M., D.E., D.M., D.F., De.Gi., D.P., C.L. e C.R.M., nel mentre De.Ma., D.D. e M.L. vennero dichiarati contumaci;

– all’udienza del 26/2/2014, destinata alla precisazione delle conclusioni, vennero dichiarati i decessi di m. ((OMISSIS)) e di P.A. ((OMISSIS)) e il processo, di conseguenza, fu dichiarato interrotto;

– riassunta la causa con ricorso di G., depositato il 20/5/2014,

con decreto presidenziale venne fissata la nuova udienza per il giorno 16/7/2014 e assegnato termine per la notifica fino al 27/6/2014;

– all’udienza del 16/7/2014 si costituirono gli eredi di M.L. e la Corte d’appello, rinviato il processo al 29/10/2014, a seguito di richiesta dell’appellante, assegnò termine fino al 20/9/2014 per la notifica agli eredi degli originari appellati deceduti;

– all’udienza del 29/10/2014 il procuratore dell’appellante chiese ulteriore termine per la notifica agli eredi di P.A., nel mentre il procuratore degli appellati eccepì la nullità della notifica effettuata nell’ultimo domicilio di m. oltre l’anno dal decesso di costui; la Corte d’appello rinviò all’udienza del 29/4/2015, così da consentire la notifica nel rispetto del termine a comparire;

– all’udienza del 29/4/2015 gli eredi di m. e P.A. si costituirono al solo scopo di eccepire l’estinzione del giudizio, nel mentre il procuratore dell’appellante chiese ulteriore rinvio al fine di procedere a rinotificazione nei confronti di M.L.;

– la Corte d’appello di Milano giudica infondato l’asserto dell’appellante di aver notificato nel termine assegnato dal Decreto Presidenziale 26 maggio 2014, l’atto di riassunzione ai singoli eredi di M.L., presso il domicilio eletto, e di m. e P.A., impersonalmente e collettivamente nell’ultima residenza di costoro; asserto smentito all’udienza del 16/7/2014 dall’appellante stesso, il quale aveva chiesto termine per rinnovare la irregolare notifica agli eredi dei defunti;

– dalle relate emergeva che la notifica nei confronti di D.L.M., E., M., F., Gi. e P., C.L.F. e R.M., già costituiti in giudizio quali eredi di D.M.L., era stata effettuata presso lo studio del loro difensore, quindi non anche nella qualità di eredi di P.A. e m.;

– e poiché, decorso l’anno dalla morte di m. e P.A., non avrebbe potuto essere concesso nuovo termine per la notifica impersonale presso l’ultimo domicilio, dichiara l’estinzione del processo per la mancata tempestiva rinnovazione.

2. Avverso la statuizione d’appello D.G. propone ricorso sulla base di quattro motivi e D.L.M., M., F., Gi. e P., C.L.F. e R.M. resistono con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria. Il Procuratore Generale ha concluso come da requisitoria scritta.

2.1. Con i primi tre motivi, tra loro osmotici, il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 291,303,305 e 307 c.p.c., art. 125 disp. att. c.p.c., artt. 156 e 331 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo quanto segue:

– poiché i tre convenuti erano morti tutti “ab intestato”, lasciando eredi gli altri fratelli e, premorti quest’ultimi, ad essi erano subentrati i rispettivi figli, tutti gli interessati risultavano costituiti in giudizio, eccezion fatta per D., Ma. e M.L., già contumaci sin dal primo grado;

– con il deposito dell’atto riassuntivo l’appellante aveva provveduto a ripristinare il rapporto processuale quiescente, spettando al giudice ordinare, ove ne fosse stato il caso, la rinnovazione delle notificazioni, assegnando un termine perentorio, ai sensi dell’art. 291 c.p.c.;

– dovendosi, quindi, distinguere tra “editio actionis” e “vocatio in ius”, ovvero tra “vocatio iudicis” e “vocatio in ius”;

– non era stato assegnato termine perentorio ex art. 291 c.p.c. e, se fosse stato così, non si sarebbe potuta spiegare la seconda concessione;

– la notifica non poteva dirsi inesistente poiché il periodo annuale per la notifica impersonale presso il domicilio ultimo del “de cuius” avrebbe dovuto decorrere dalla conoscenza legale dell’evento, avutasi con la dichiarazione all’udienza del 17/2/2014;

– non ricorreva ipotesi di nullità per essere stati individuate le persone oggetto della notificazione solo con l’indicazione della qualifica di eredi, poiché la presenza in causa di costoro e la loro rappresentanza legale indistinta facevano escludere incertezze e indeterminatezza;

– non poteva assumere rilievo la mancata notifica ai già contumaci;

– non poteva giudicarsi inesistente la notifica agli eredi di m. e P.A. presso il procuratore domiciliatario poiché costoro si erano di già costituiti nella qualità di eredi di M.L. e vi era inequivoco collegamento di luogo e persona destinataria e, semmai, poteva discorrersi, al più, di nullità sanabile;

– infine, la Corte d’appello avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio.

3. Il complesso censuratorio merita di essere accolto sulla base delle osservazioni che seguono.

3.1. In appello i primigeni appellati presenti in giudizio erano costituiti dai germani dell’appellante m. e P.A., nonché dagli eredi dell’altra germana, M.L., già prima venuta a mancare; morti anche i primi due, a costoro subentrarono “iure ereditatis”, come sopra si è già specificato, gli stessi soggetti già presenti in giudizio nella qualità di eredi di M.L..

3.2. In via prioritaria e assorbente occorre, a questo punto, spiegare che la circostanza che nella medesima persona si cumulino plurime qualità ereditarie non ne procura perciò solo pluralità di soggettività, non potendo trovare razionale spiegazione la duplicazione di posizione soggettiva, non corrispondente a una effettiva autonoma sfera giuridica, riducendosi, di conseguenza, la rinnovazione della chiamata in giudizio in una superflua reiterazione dell’atto d’impulso, lesivo del principio di economicità processuale. Perciò questa Corte ha già avuto modo di affermare che nell’ambito del giudizio di appello, qualora una medesima persona fisica cumuli in sé la qualità di parte in proprio e quale erede di altro soggetto, non è necessario provvedere all’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, quale erede, ove la stessa sia già costituita in proprio, ravvisandosi nella specie l’unicità della parte in senso sostanziale (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello, per mancata integrazione del contraddittorio, in relazione all’omessa notifica dell’atto di citazione nei confronti degli eredi di una parte, deceduta anteriormente alla notifica di tale atto, i quali erano già costituiti, in proprio, nel medesimo grado di giudizio) – Sez. 1, n. 13411, 23/05/2008, Rv. 603355; conf., Cass. 6844/2012.

Di conseguenza, l’ordine di integrazione del contraddittorio, emesso in difetto dei presupposti per la sua emanazione, è improduttivo di effetti, sicché la mancata ottemperanza al medesimo, essendo irrilevante, non può determinare l’inammissibilità dell’impugnazione (Sez. 5, n. 5161, 28/02/2017, Rv. 643226).

4. Peraltro, sia pure “ad abundantiam”, la decisione presenta ulteriori vizi.

La Corte di Milano, escluso che l’atto riassuntivo fosse stato notificato ai soggetti già costituiti in giudizio quali eredi di D.M.L. anche nella qualità di eredi di D.P.A. e m., afferma che, essendo oramai trascorso l’anno dal decesso di quest’ultimi, “non poteva essere concesso alcun nuovo termine per la notifica, del resto neppure rispettato dall’istante limitatosi, stando ai documenti agli atti, a notificare il solo verbale di udienza per gli eredi di D.A.P. nuovamente impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio della defunta con inoltro a mezzo del servizio postale il 15.9.2014 e per quelli di d.m. impersonalmente e collettivamente non presso l’ultimo domicilio del defunto, ma presso il procuratore domiciliatario dello stesso, modalità non prevista dall’art. 303 c.p.c., comma 2”.

Il superiore ragionamento trova appiglio nella espressa adesione alla pronuncia di legittimità di cui alla sentenza di legittimità n. 9432/1998 (e ai richiami di cui in essa), che ha affermato la struttura a “fattispecie complessa” del procedimento di riassunzione (che giungerebbe a perfezione solo se nel termine perentorio di legge – nel caso al vaglio sei mesi – fosse stato depositato, in uno al ricorso, anche la sua notifica).

Sempre secondo la sentenza d’appello l’atto di riassunzione doveva reputarsi nullo per non essere stati indicati nominativamente i singoli eredi e inesistente la notifica per non essere stata consegnata a ciascuno degli interessati una copia dell’atto. La sentenza in discorso ha, infine, escluso efficacia sanante alla costituzione degli appellati, i quali avevano eccepito pregiudizialmente l’estinzione del giudizio e dedotto la esistenza di altri eredi non citati.

4.1. Difformemente da quanto sopra riportato, il Collegio condivide e intende dare continuità al principio affermato da questa Corte secondo il quale l’atto di riassunzione senza mutamenti sostanziali degli elementi costitutivi del processo (…) non deve essere notificato alla parte contumace; infatti il contumace deve essere posto a conoscenza mediante la relativa notificazione, dell’atto riassuntivo solo quando questo comporti un radicale mutamento della preesistente situazione processuale, perché, in tal caso, la duplice circostanza che egli abbia accettato la precedente situazione processuale e deciso di non partecipare al giudizio non consente di presumere che intenda mantenere la stessa condotta nella nuova situazione (Sez. 2, n. 13015, 24/05/2018, Rv. 648758) e poiché, nel caso in esame, tali mutamenti non sì riscontrano non può che giudicarsi irrilevante la circostanza che l’atto riassuntivo non sia stato notificato a D., Ma. e M.L..

4.2. Quanto al procedimento di riattivazione del giudizio le S.U., con la sentenza n. 14854 del 28/6/2006, hanno chiarito, dirimendo contrasto interpretativo sul punto, che verificatasi una causa d’interruzione, il meccanismo di riattivazione del processo interrotto impone la distinzione del momento della rinnovata “edictio actionis” da quello della “vocatio in ius” e il termine perentorio di sei mesi (tre mesi per i giudizi instaurati dal 4/7/2009), previsto dall’art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice; sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della “vocatìo in ius”. Pertanto il vizio da cui sia colpita la notifica dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza non si comunica alla riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone al giudice, che rilevi la nullità, di ordinare la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l’eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, u.c. e del successivo art. 307, comma 3 (Rv. 589898; conf., ex multis, Sez. 1, n. 18713/2007; Sez. 6, n. 21869/2013; Sez. 3, n. 2174/2016; Sez. 1, n. 6921/2019).

4.3. Quanto al contenuto dell’atto di riassunzione, sul quale non constano essere stati mossi rilievi, salvo la precisazione che l’appellante aveva provveduto a notificare “il solo verbale di udienza”, val la pena evidenziare che lo scopo dell’atto d’impulso è raggiunto ove risulti idoneo a individuare il giudizio che si intende riattivare, scopo qui pienamente conseguito anche in considerazione della presenza in causa degli appellati, sia pure in qualità di eredi di altra originaria parte processuale (cfr., Sez. 6, n. 21869, 24/9/2013).

4.4. In definitiva, non constando tardività del deposito del ricorso in riassunzione (né, è appena il caso di soggiungere, rileva la data della morte dei due germani, avendo rilievo, a mente dell’art. 300 c.p.c., comma 1, solo il successivo momento della dichiarazione dell’evento interruttivo in giudizio) il Giudice non avrebbe potuto, anche sotto questo profilo, dichiarare l’estinzione del giudizio.

5. In disparte va osservato che, ammesso potersi affermare che il Giudice abbia silentemente inteso ordinare ai sensi dell’art. 291 c.p.c., comma 3, la rinnovazione della notificazione, un tale ordine, proprio perché inutile non può che considerarsi “tamquam non esset”, e, comunque, a voler sgombrare il campo da qualsiasi incertezza residua, il risalente indirizzo rigoristico, secondo il quale la notificazione collettiva e impersonale agli eredi del defunto dell’atto di riassunzione del giudizio, se eseguita oltre l’anno dalla morte, è da ritenere inesistente per difetto di indicazione del destinatario e, di conseguenza, non sanabile per effetto della costituzione dell’erede che intenda pregiudizialmente eccepire l’estinzione per la tardività della riassunzione stessa. (cfr., fra le altre, Sez. 2, n. 228, 11/1/1994; Sez. 2, n. 3979 del 18/04/1998), non può essere condiviso alla luce dei successivi approfondimenti maturati anche in sede di Sezioni Unite, le quali, ragionando a riguardo dei vizi della notifica del ricorso per cassazione (ma, come par ovvio, trattasi di considerazioni aventi valore generale), hanno puntualizzato che “l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (…). Il luogo in cui da notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto. Ne consegue che i vizi relativi alla individuazione di detto luogo, anche qualora esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ai sensi dell’art. 291 c.p.c.” (S.U. n. 14917/2016; coni. Cass. n. 6743/2019).

5.1. Lo sfrondamento del giudizio sulla validità dell’atto procedimentale della notificazione da non necessari rigori formalistici, riservando alla categoria dell’inesistenza solo quelle radicali patologie, identificabili nella mancanza degli elementi che costituiscono l’essenza dell’atto, importa, in una logica teleologica-funzionale, che in tutti gli altri casi si versi, sempre ove non si tratti di mere irregolarità, in ipotesi di nullità. Proprio perciò, ancor prima dell’arresto delle S.U. di cui sopra, si è predicata la nullità, e non l’inesistenza, della citazione in appello che non contenga l’indicazione personale degli appellati, eredi della parte deceduta, già costituiti nominativamente nel corso del giudizio di primo grado in esito alla riassunzione seguita alla morte del loro dante causa, nullità sanata con efficacia “ex nunc”, in quanto inerente alli “editio actionis”, per effetto della costituzione dei singoli eredi nel processo d’appello (Sez. 6, n. 17298, 12/07/2013, Rv. 627277); costituzione che, nel caso in esame, al di là della volontà espressa dai costituiti, mostrando il pieno raggiungimento dello scopo dell’atto, ha procurato la sanatoria di essa nullità.

6. Il quarto motivo, con il quale il ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in ordine al regolamento delle spese, tenuto dell’accoglimento dei primi tre, resta assorbito.

7. La sentenza deve essere cassata con rinvio, in relazione agli accolti motivi, mandando al Giudice del rinvio anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie i primi tre motivi del ricorso e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione agli accolti motivi e rinvia alla Corte d’appello di Milano, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2021

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