Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19573 del 30/09/2016
Cassazione civile sez. II, 30/09/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 30/09/2016), n.19573
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –
Dott. MATERA Lina – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29678-2011 proposto da:
M.S., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
CIRC.NE TRIONFALE 145, presso lo studio dell’avvocato FABIENNE
COTZA, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO CAPOZZOLO,
SEBASTIANO TANZOLA;
– ricorrente –
contro
ME.CA., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
EUGENIO IV n. 33, presso lo studio dell’avvocato TEA SCILINGO,
rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZA GUERRA;
– controricorrente –
nonchè contro
S.C.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 517/2011 del TRIBUNALE di SALA CONSILINA,
depositata il 08/08/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/05/2016 dal Consigliere Dott. COSENTINO ANTONELLO;
udito l’Avvocato LORENZO GIUA, con delega dell’Avvocato VINCENZA
GUERRA, difensore della controricorrente, che ha chiesto il rigetto
del ricorso ed ha depositato una cartolina di ricevimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 25 maggio 2006 i sigg. S.C. e M.C., proprietari di una casa di abitazione sita in (OMISSIS), convenivano in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Polla il sig. M.S., loro confinante, lamentando che il medesimo aveva installato il tubo di scarico dei fumi di un impianto termico sulla parete del proprio fabbricato, in senso orizzontale, anzichè farlo uscire verticalmente dal tetto; gli attori chiedevano quindi la condanna del convenuto a eliminare l’installazione e a risarcire i danni.
Il convenuto, costituitosi in giudizio, contestava la domanda deducendo che, nel caso in esame, le unità immobiliari degli attori e del convenuto non facevano parte di un condominio ma erano fabbricati distinti, ancorchè edificati in aderenza, cosicchè nella specie non avrebbe trovato applicazione la previsione che dispone lo sbocco delle canne fumarie a tetto, dettata dal D.P.R. n. 412 del 1993, art. 5, comma 9, (come modificato dal D.P.R. n. 551 del 2000, art. 2) in relazione agli impianti installati in unità immobiliari facenti parte di fabbricati condominiali.
Disposta consulenza d’ufficio, il Giudice di Pace, accertato che gli immobili delle parti costituivano due corpi di fabbrica distinti e funzionalmente autonomi respingeva la domanda.
Il Tribunale di Sala Consilina, adito con l’appello dei coniugi S., riformava parzialmente la sentenza del Giudice di Pace e condannava M.S. a rimuovere la canna fumaria e a posizionarla, nel rispetto delle norme di legge, sul tetto del proprio edificio.
Per la cassazione della sentenza d’appello M.S. ha proposto ricorso sulla base di due motivi, denunciando, col primo mezzo, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 412 del 1993, art. 5, comma 9 e D.P.R. n. 551 del 2000, art. 2 e, col secondo mezzo, il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5.
Me.Ca. ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente la tardività della notifica del ricorso.
S.C., pur regolarmente intimato, non si è costituito il giudizio.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 5.5.16, per la quale non sono state depositate memorie illustrative ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va osservato che nel ricorso si riferisce che la sentenza gravata è stata notificata, unitamente all’atto di precetto, in data 7 ottobre 2011 e al ricorso stesso viene allegata una copia della sentenza notificata personalmente a M.S. a mezzo posta, con plico su cui compare la detta data del 7 ottobre 2011. Tale notifica non era idonea a far decorrere il termine di cui all’art. 325 c.p.c. (cfr. Cass. 16804/15: “La notificazione della sentenza in forma esecutiva (nella specie, unitamente all’atto di precetto) eseguita alla controparte personalmente anzichè al procuratore costituito a norma degli artt. 170 c.p.c., comma 1, e art. 285 c.p.c., è inidonea a far decorrere il termine breve d’impugnazione sia nei confronti del notificante che del destinatario.”).
La contro ricorrente ha tuttavia prodotto copia della sentenza gravata notificata in data 14 settembre 2011 a mani dell’avvocato Antonio Capozzolo, difensore domiciliatario di M.S. nel giudizio d’appello. Il termine di giorni sessanta per il ricorso per cassazione di cui all’art. 325 c.p.c., decorreva dunque dalla cessazione della sospensione feriale dei termini e pertanto è spirato il (OMISSIS).
La notifica del ricorso, effettuata in data 1 dicembre 2011, risulta pertanto tardiva. Il ricorso va conseguentemente dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in 1.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 5 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016