Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19573 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. II, 18/09/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 18/09/2020), n.19573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4927/2016 R.G. proposto da:

T.L., rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Castiglione, con

domicilio in Udine, via Piave n. 31/A.

– ricorrente –

contro

C.M., rappresentata e difesa dall’avv. Marco Poglionico,

elettivamente domicliata in Roma, Via Monte Zebio n. 9, presso

l’avv. Giorgio De Arcangelis.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 458/2015,

depositata in data 2.7.2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26.2.2020 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata in data 22.4.2010, C.M. ha adito il tribunale di Udine, esponendo di aver acquistato da S.G., in data 3.4.2011, l’immobile sito in (OMISSIS) (censito in catasto al fl. (OMISSIS) mappale (OMISSIS)), gravato da servitù di passaggio in favore particella (OMISSIS), rimasta in proprietà dell’alienante; che in data 4.4.2011, questi aveva alienato il fondo dominante a T.L., il quale aveva iniziato ad utilizzare il passaggio anche per giungere ad altri immobili di sua proprietà.

Ha chiesto di dichiarare l’insussistenza di diritti di passaggio a favore delle p.lle (OMISSIS), o, in subordine, di accertare l’aggravamento della servitù, con condanna al risarcimento del danno.

T.L. ha proposto domanda riconvenzionale per far accertare l’acquisto del diritto di passaggio per destinazione del padre di famiglia in favore dell’intera consistenza, in subordine, per ottenere la costituzione coattiva della servitù, con condanna della C. al risarcimento del danno.

All’esito, il tribunale ha accolto la domanda principale, ordinando al convenuto di astenersi dall’utilizzare il percorso per giungere ai mappali (OMISSIS), respingendo ogni altra richiesta e regolando le spese.

La sentenza è stata confermata in appello.

Nel respingere il primo motivo di gravame, la Corte distrettuale di Trieste ha rilevato che con l’atto del 3.4.2011 era stata costituita la servitù di passaggio solo a favore della part. (OMISSIS), affermando inoltre che le altre porzioni, cedute al T., non erano intercluse, essendo munite di un autonomo accesso alla via pubblica attraverso le partt. (OMISSIS), sempre di proprietà dell’appellante.

Secondo il giudice distrettuale, la servitù non poteva ritenersi costituita neppure per destinazione del padre di famiglia, sia perchè il S., nel separare la part. (OMISSIS), dalle partt. (OMISSIS) e (OMISSIS) e nel prevedere il diritto di passaggio solo a favore di quest’ultima, aveva manifestato la volontà di escludere l’asservimento in favore delle altre porzioni, sia perchè mancavano opere visibili destinate all’esercizio del diritto prima della vendita dei singoli lotti.

La sentenza ha – inoltre – negato che il tribunale avesse ordinato di non esercitare il transito con mezzi pesanti anche per giungere alla part. (OMISSIS), mentre, quanto al rigetto della domanda ex art. 1051, che il T. sosteneva di non aver proposto, ha osservato che l’azione era stata formulata con la comparsa di costituzione di primo grado.

Ha infine ritenuto che, per effetto dell’accoglimento della negatoria servitutis eia prevalente soccombenza dell’appellante, quest’ultimo dovesse sostenere per intero le spese processuali.

Per la cassazione di questa sentenza T.L. ha proposto ricorso in 6 motivi, illustrati con memoria.

C.M. ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 1366,1372,1061 e 1062 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che, stante l’unitarietà della consistenza immobiliare inizialmente in capo al S., la reale volontà dell’originario proprietario doveva evincersi dalle clausole del rogito del 4.4.2001, in cui era evidenziata la volontà del venditore di costituire il diritto in favore dell’intera porzione alienata al ricorrente, non ostandovi la costituzione della servitù solo in favore della part. (OMISSIS), contenuta nell’atto di vendita del 3.4.2001.

Il motivo è inammissibile, poichè omette di considerare che la sentenza ha dato atto anche dell’insussistenza di opere visibili destinate all’esercizio del passaggio e che tale accertamento giustificava – di per sè – il rigetto della domanda, essendo indubbio che la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia richiede ai sensi dell’art. 1062 c.c., che la condizione di asservimento, costituita dall’originario proprietario dei fondi, risulti da opere visibili funzionali all’esercizio del diritto (Cass. 14292/2017; Cass. 7817/2006).

Data l’autonomia di tale ratio decidendi – e la sua definitività, per mancanza di una specifica censura – le ulteriori deduzioni risultano inammissibili, non potendo comunque condurre alla cassazione della sentenza (Cass. 11222/2017; Cass. 4293/2016; Cass. 1062/2015; Cass. 12839/2014).

2. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 1067 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la Corte distrettuale ritenuto erroneamente che l’ordine di non esercitare la servitù con mezzi pesanti riguardasse esclusivamente il transito verso le partt. (OMISSIS), mentre il primo giudice aveva inibito il transito con mezzi agricoli anche per giungere alla part. (OMISSIS), a favore della quale era certamente sussistente il diritto di passaggio.

Il motivo è inammisibile per difetto di interesse.

La Corte di appello, interpretando il contenuto della pronuncia di primo grado, ha ritenuto che l’inibitoria del passaggio con mezzi pesanti fosse rivolta ad impedire l’esercizio del diritto solo per giungere alle partt. (OMISSIS) e che non fosse affatto vietato l’accesso carrabile per pervenire alla part. (OMISSIS).

Tale statuizione è diretta conseguenza della riconosciuta sussistenza della servitù a favore di tale porzione, sicchè – al di là delle formule utilizzate dal tribunale – resta che la Corte d’appello ha specificato la portata delle decisioni assunte dal tribunale nel senso auspicato dal ricorrente, che non ha – quindi – alcun interesse a dolersene.

3. Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, asserendo che il ricorrente aveva proposto una domanda di costituzione della servitù ai sensi dell’art. 1054 c.c. e non anche ai sensi dell’art. 1051 c.c., come invece ritenuto sia dal tribunale che dalla Corte d’appello, per cui la sentenza, nel respingere detta domanda nel merito, sarebbe incorsa nella violazione del divieto di ultra-petizione.

Il motivo è inammissibile.

Come è dato atto nella sentenza impugnata, già il giudice di primo grado, interpretando le allegazioni del ricorrente, aveva ritenuto proposta la domanda di costituzione della servitù coattiva ai sensi dell’art. 1051 c.c., rigettandola nel merito.

Ad analoghe conclusioni è giunta la Corte distrettuale in base dell’esame diretto degli atti processuali, evidenziando che la norma era stata esplicitamente menzionata nella comparsa di costituzione. Giova tener distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda o la pronuncia su una domanda non proposta, dal caso in cui si censuri – come nella specie – l’interpretazione che di tale domanda abbia dato il giudice di merito: solo nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c., mentre, nel caso in cui venga in contestazione l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda, si è in presenza di un tipico accertamento in fatto, non censurabile per ultra-petizione (Cass. 14486/2007; Cass. 14784/2007; Cass. 7932/2012; Cass. 30684/2017).

Stabilire se la riconvenzionale fosse diretta ad ottenere la costituzione della servitù ai sensi dell’art. 1054 c.c., o in applicazione dell’art. 1051 c.c., investiva – difatti – un problema di carattere esclusivamente interpretativo, la cui soluzione non consente di configurare la violazione denunciata.

4. Il quarto motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostenendo che la domanda di risarcimento era diretta ad ottenere la riparazione del pregiudizio derivante dal fatto di non aver potuto esercitare il transito anche a vantaggio della part. (OMISSIS), e pertanto l’azione risarcitoria non poteva essere integralmente respinta, una volta accertata la sussistenza di detta servitù e l’impedimento frapposto dalla resistente al suo legittimo esercizio.

Il motivo è inammissibile.

Oltre a doversi rilevare l’assoluta genericità della censura – che dà per presupposto la sussistenza dell’errore denunciato, senza minimamente confutare, anche mediante la trascrizione del contenuto della comparsa di costituzione, il contrario apprezzamento espresso in proposito dal giudice distrettuale (cfr. sentenza, pag. 7) – deve evidenziarsi che il ricorrente prospetta nuovamente un’errata individuazione del contenuto della domanda, trascurando che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non concerne un vizio argomentativo della sentenza, nè la corretta interpretazione dell’azione, ma rende sindacabile il mancato apprezzamento di un fatto oggettivo, risultante dalla sentenza o dagli atti processuali, avente carattere decisivo (Cass. s.u. 8053/2014).

5. Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 115,116 e 184 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza ritenuto inammissibili i mezzi di prova già respinti dal tribunale, pur trattandosi di prove decisive ai fini dell’accoglimento della domanda di costituzione della servitù ai sensi dell’art. 1062 c.c..

Il motivo è inammissibile.

La sentenza – senza scrutinare la rilevanza delle prove dedotte dal ricorrente – si è limitata a dichiarare inammissibile il motivo di impugnazione (riguardante il rigetto delle istanze istruttorie formulate dal ricorrente), osservando che non era dato comprendere quale fosse la concreta rilevanza dei fatti che la parte intendeva dimostrare.

Per inficiare tale statuizione in rito, il ricorso avrebbe dovuto confutare la valutazione di inammissibilità del motivo di gravame, sicchè, in mancanza, l’esame della censura, che verte esclusivamente sulla rilevanza della prova articolata in primo grado, è precluso.

6. Il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che gran parte delle domande della resistente erano state respinte e la stessa negatoria era stata accolta parzialmente, sicchè la soccombenza del ricorrente non era prevalente, dovendo il giudice compensare le spese processuali.

Il motivo è infondato.

Il giudizio si è concluso con l’accoglimento della domanda negatoria, l’ordine di inibitoria riguardo al passaggio con mezzi pesanti, con l’assorbimento (non con il rigetto) della domanda subordinata di aggravamento della servitù ed il rigetto delle domande riconvenzionali.

In tale situazione, stante l’esito finale del giudizio, nessun rilievo può muoversi alla Corte distrettuale, poichè il controllo di legittimità è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale dette spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, mentre cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, ogni valutazione circa l’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in caso di concorso di altri giusti motivi (Cass. 30592/2017; Cass. 30592/2017; Cass. 24502/2017; Cass. 8421/2017; Cass. 2149/2014).

Il ricorso è respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza. Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4300,00 a titolo di compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.

Dà atto che il ricorrente è tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

 

 

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