Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19571 del 26/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19571 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 6276-2011 proposto da:
SAVINGS II DI LUPI MARIO & C. S.A.S. 07148080588, in
persona del legale rappresentante pro tempore, già
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,
presso lo STUDIO LEGALE FULCO & ROSSI PROFESSIONISTI
ASSOCIATI, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSSI
2013
1560

RICCARDO VITTORIO, giusta delega in atti e da ultimo
domiciliata presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE;
– ricorrente contro

RICCHIUTI MADDALENA RCCMDL74T52H501G, elettivamente

Data pubblicazione: 26/08/2013

domiciliata in ROMA, VIALE CARSO 23, presso lo studio
degli avvocati SALERNI ARTURO e DAMIZIA MARIA ROSARIA,
che la rappresentano e difendendono, giusta delega in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 6456/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/05/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato RICCARDO VITTORIO ROSSI;
udito l’Avvocato ARTURO SALERNI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

di ROMA, depositata il 18/11/2010 r.g.n. 7881/05;

Udienza 7.5.2013, causa n. 7

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ricchiuti Maddalena impugnava avanti il Giudice del lavoro di Roma il licenziamento
disciplinare intimatole per pretesi ammanchi di cassa da parte della Savings 11 di Lupi Mario &
C. s.a.s. della quella era dipendente con mansioni di cassiera presso un supermercato GS. Si
costituiva controparte contestando la fondatezza della domanda e ribadendo la giustificatezza
dell’intimato recesso. Il Tribunale di Roma con sentenza del 10.12.2004 rigettava la domanda.
La Corte di appello di Roma con sentenza del 18.11.2010 accoglieva l’appello della Ricchiuti e,
in riforma della impugnata sentenza, dichiarava illegittimo il licenziamento e condannava la
società appellata alla reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro, con condanna al
pagamento delle retribuzioni globali di fatto dal recesso all’effettiva reintegrazione. La Corte
territoriale rilevava che il licenziamento era stato intimato per la mancata registrazione dal 5 al
21 luglio del 2000 del ricavato relativo alla vendita di giornali e/o riviste ( per importi tra le
6.800 lire e le 23.000 lire) e per l’asserita non risultanza degli importi versati ( riscontrata da
addetti di un’agenzia di vigilanza) nel “giornale di fondo” e sul documento di lettura del
cassiere e per la mancata emissione dello scontrino fiscale per un acquisto di pesce 1’11.7.2000
per lire 29.450 pagato in contanti dal cliente ed emerso dopo le proteste di questi. La Corte
territoriale osservava che la datrice di lavoro non aveva provato l’esistenza in cassa delle
somme di cui alla lettera di contestazione in quanto nulla in proposito era emerso sia
documentalmente che dalla prova testimoniale così come in sede penale stante il decreto di
archiviazione richiesto dal PM. L’unico teste che si era espresso per la mancanza in cassa di
alcuni importi era il teste Cristanziani responsabile dei servizi di sicurezza GS, ma la
testimonianza era inidonea a provare di per sé la responsabilità dell’appellante. La Corte aveva
invitato a depositare note di chiarimento in ordine alle modalità di incasso ed alcuni
documenti ( documento lettura del cassiere, rotolino di controllo interno della cassa e
“giornale di fondo” di uno dei giorni di cui alla contestazione), ma senza esito. La testimonianza
resa del Cristanziani era peraltro diversa sul punto della lettura (anche per i giornali) delle
somme incassate attraverso i codici a barra da quella resa da altri due attendibili testi .
Pertanto non erano emersi elementi di sorta per ritenere che vi fosse stata sottrazione di
somme o irregolarità contabili di sorta. Per il caso dell’acquisto di pesce non emergevano
elementi per escludere che vi fosse stato un mero errore posto che non si era mai neppure
parlato di una sottrazione di somme. Circa il requisito dimensionale lo stesso legale rapp.te
della società resistente aveva affermato che il supermercato aveva più di 35 dipendenti e circa
l’eccezione di aliunde perceptum la stessa era stata genericamente prospettata.

R.G. n.6276/2011

Per la cassazione di tale decisene propone ricorso la Savings 11 di Lupi Mario & C. s.a.s. con tre
motivi illustrati poi con memoria difensiva ex art. 378 c.p.c.; resiste controparte con
controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione
documenti e relazioni ispettive; i periodici ed i giornali dovevano essere registrati, occorreva
fare uno scontrino a parte e dopo 1’11.7 il sistema venne cambiato come dichiarato dalla teste
Valentini. Non esisteva un libro giornale e non è pertinente il “libro cassa” di cui parla la
sentenza impugnata. I documenti erano stati prodotti in primo grado.
Il motivo appare infondato. Come già osservato la Corte territoriale ha affermato che la
datrice di lavoro non aveva in realtà provato l’esistenza in cassa delle somme di cui alla lettera
di contestazione in quanto nulla in proposito era emerso sia documentalmente che dalla
prova testimoniale così come in sede penale stante il decreto di archiviazione richiesto dal
PM. L’unico teste che si era espresso per la mancanza in cassa di alcuni importi era il teste
Cristanziani responsabile dei servizi di sicurezza GS, ma la testimonianza era inidonea a provare
di per sé la responsabilità dell’appellante. La Corte aveva invitato a depositare note di
chiarimento in ordine alle modalità di incasso ed alcuni documenti ( documento lettura del
cassiere, rotolino di controllo interno della cassa e “giornale di fondo” di uno dei giorni di cui
alla contestazione), ma senza esito. La testimonianza resa del Cristanziani era peraltro diversa
sul punto della lettura (anche per i giornali) delle somme incassate attraverso i codici a barra
da quella resa da altri due attendibili testi . Pertanto non erano emersi elementi di sorta per
ritenere che vi fosse stata sottrazione di somme o irregolarità contabili di sorta. La motivazione
appare congrua e logicamente coerente ed ancorata a precisi elementi sia di carattere
documentale che testimoniale. Le censure appaiono di mero fatto e dirette ad una
rivalutazione del “fatto”, inammissibile in questa sede. Dallo stesso motivo emerge che non è
stata prodotta la documentazione ritenuta rilevante dal Giudice e si richiamano relazioni
ispettive di parte la cui rilevanza probatoria è già stata esclusa dalla Corte territoriale ( cfr.
documenti riportati a pag. 5 del ricorso). Le testimonianze sull’obbligo o meno di passare
giornali e riviste sul lettore ottico sono già state ampiamente e logicamente valutate dalla
Corte di appello. In conclusione l’affermazione per cui gli ammanchi contestati non emergono
né dalla prova svoltasi in sede civile né dall’indagine penale risulta raggiunta in base ad un
esame dettagliato di tutti gli elementi di causa.
Con il secondo motivo si allega la violazione dell’art.116 c.p.c.: si era illogicamente ritenuta non
attendibile la testimonianza del Cristanziani testimone diretto dei fatti; il decreto di
archiviazione non costituisce una sentenza; le dichiarazioni delle persone informate dei fatti
non erano vere e proprie dichiarazioni testimoniali; il teste Cristanziani aveva confermato gli
ammanchi avvenuti in più di una situazione.
Il secondo motivo appare infondato in quanto muove alla motivazione della sentenza critiche
squisitamente di merito, inammissibili in questa sede e tende a sindacare il potere di
2

alla pretesa mancata prova degli incassi non registrati dalla convenuta Erano stati depositati

valutazione delle prove che appartiene “tipicamente” al Giudice di merito. La Corte territoriale
ha ampiamente motivato in ordine alle ragioni per le quali non ha ritenuto credibili le
dichiarazioni del teste Cristanziani; pur non essendo un decreto di archiviazione una sentenza
piena di proscioglimento certamente da questa possono inferirsi elementi di giudizio
liberamente apprezzabili così come dalle dichiarazioni rese da persone informate dei fatti in
sede penale. La motivazione sul punto della sentenza impugnata appare congrua e
logicamente coerente e basata su argomenti connessi a specifici elementi processuali, mentre
parte ricorrente finisce con il volere, inammissibilmente, sostituire la propria valutazione dei

Con il terzo motivo si allega l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione; si era senza
ragione ribaltato la corretta decisione di primo grado.
Il motivo appare infondato in quanto muove critiche del tutto generiche ed apodittiche alla
motivazione della sentenza: l’esito del giudizio di primo grado certamente non è motivo
sufficiente per ritenere inadeguata la motivazione della sentenza di appello che si fonda su un
esame rigoroso e completo di tutti gli elementi processuali rilevanti.
Si deve conclusivamente rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite- liquidate come al
dispositivo- seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:
rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che si liquidano in euro 50,00 per spese, nonché in
euro 3.500,00 per compensi da distrarsi in favore degli avv.ti Maria
Rosaria Damizia e Arturo Salerni, antistatati

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7.5.2013

fatti a quella raggiunta secondo un iter argomentativo logico e coerente dal giudice di appello.

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