Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19571 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 19/07/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 19/07/2019), n.19571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23629/2016 proposto da:

FONDO PENSIONE LABORFONDS, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NAZIONALE 204,

presso lo studio degli avvocati LUDOVICA D’OSTUNI, FRANCESCO MOCCI,

che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

A.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANZI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARKUS PRANTL, HEINZ

CORA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 86/2016 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO SEZ.

DIST. DI BOLZANO, depositata il 10/06/2016 R.G.N. 162/2014;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. con sentenza del 10 giugno 2016, la Corte di appello di Bolzano, confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto dell’opposizione proposta dal Fondo Pensione Laborfonds (d’ora in avanti, Fondo) avverso il decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto il pagamento in favore di A.E. della somma di Euro 9.276,39 oltre interessi legali dal 21 febbraio 2013 al saldo; la A., in qualità di vedova ed unica erede di M.G. (avendo gli ulteriori chiamati all’eredità o rinunciato alla medesima o perso il diritto ad accettarla per mancata risposta in sede di actio interrogatoria), chiesto il riscatto degli importi versati dal defunto coniuge al Fondo ed avendone ottenuto il versamento solo di un quarto, aveva proposto ricorso per ingiunzione di pagamento, ottenendola, relativamente ad i restanti tre quarti;

2. ad avviso della Corte territoriale: era pacifico tra le parti che i diritti scaturenti dall’adesione di M.G. al fondo pensione complementare Laborfonds non fossero ancora esistenti nel suo patrimonio al momento del decesso essendo questo intervenuto prima del compimento del quinquennio dalla data di adesione al Fondo; doveva, quindi, applicarsi il disposto del D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 14, comma 3, secondo cui “In caso di morte dell’aderente ad una forma pensionistica complementare prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso designati, siano essi persone fisiche o giuridiche (omissis)”; il diritto di riscatto, non rientrante nel patrimonio del de cuius, non si era trasferito iure successionis ma era sorto iure proprio in capo agli “eredi” o “diversi beneficiari” sin dalla adesione del M. al Fondo, sia pure per la sola ipotesi di morte dell’aderente verificatasi prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica; il termine “eredi”, come correttamente ritenuto dal primo giudice, doveva essere inteso nel significato di indicare, nell’assenza di altri beneficiari designati direttamente dall’aderente al Fondo, il criterio per la individuazione dei titolari del diritto di riscatto da individuarsi, quindi, in coloro che, chiamati all’eredità, avevano acquisito la qualità di eredi per averla accettata; nel caso in esame, poichè dei quattro chiamati all’eredità del M. per successione legittima (la coniuge ed i tre fratelli del de cuius) solo la moglie era divenuta erede non avendo gli altri chiamati accettato l’eredità od essendo decaduti dall’accettarla, a lei doveva essere riconosciuto per intero il diritto al riscatto;

3. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Fondo affidato ad un unico motivo cui resiste con controricorso la A.;

4. il Procuratore Generale da depositato requisitoria concludendo per il rigetto del ricorso;

5. entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

6. con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 252 del 2005, art. 14, comma 3, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la Corte territoriale – pur affermando che il diritto di riscatto della prestazione previdenziale spettasse iure proprio – ritenuto, in modo del tutto contraddittorio ed erroneo, che il termine “erede” utilizzato nell’art. 14, comma 3, cit. dovesse essere utilizzato non solo come criterio per l’individuazione dei soggetti beneficiari dell’indennizzo, ma anche come criterio per la determinazione della quota a ciascuno attribuibile; ed infatti, così operando, aveva finito con l’applicare le norme proprie della successione ereditaria a diritti che non si erano trasferiti “iure haereditatis” e non potevano esserlo in quanto non rientranti nel patrimonio del de cuius al momento dell’apertura della successione e che, invece, erano sorti direttamente in capo ai beneficiari e non necessitavano di un’accettazione rilevando unicamente, ai fini dell’acquisto del diritto, che tra il beneficiario ed il de cuius sussistesse lo specifico rapporto richiesto dalla legge. In definitiva, e diversamente da quanto sostenuto nell’impugnata sentenza, con il termine “erede” la legge intendeva indicare i beneficiari, non stabilire i criteri di ripartizione del riscatto;

7. il motivo è infondato. Vale chiarire che, con riferimento al contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzo la prevalente giurisprudenza di questa Corte ha affermato il principio secondo cui “Nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato acquista, ai sensi dell’art. 1920 c.c., comma 3, un diritto proprio che trova la sua fonte nel contratto e che non entra a far parte del patrimonio ereditario del soggetto stipulante e non può, quindi, essere oggetto delle sue (eventuali) disposizioni testamentarie nè di devoluzione agli eredi secondo le regole della successione legittima; sicchè la designazione dei terzi beneficiari del contratto, mediante il riferimento alla categoria degli eredi legittimi o testamentari, non vale ad assoggettare il rapporto alle regole della successione ereditaria, trattandosi di una mera indicazione del criterio per la individuazione dei beneficiari medesimi in funzione della loro astratta appartenenza alla categoria dei successori indicata nel contratto, in modo che qualora i beneficiari siano individuati, come nella specie, negli eredi legittimi, gli stessi sono da identificarsi con coloro che, in linea teorica e con riferimento alla qualità esistente al momento della morte dello stipulante, siano i successibili per legge, indipendentemente dalla loro effettiva chiamata all’eredità”. (Cass. n. 26606 del 21/12/2016, in questa sentenza si dà atto della pronuncia di segno diverso di cui a Cass. n. 19210 del 29/09/2015 e, comunque, la si supera dando conferma al precedente consolidato orientamento di cui a Cass. n. 6531 del 23/03/2006; Cass. n. 4484 del 14/05/1996 che è stato, di recente ribadito da Cass. n. 25635 del 15/10/2018). In effetti, alla fattispecie in esame non è pedissequamente estensibile il riportato principio di diritto in quanto la fonte del diritto riconosciuto iure proprio è nella legge e non in un contratto di assicurazione di cui devono essere interpretate le clausole relative all’ipotesi di morte dell’assicurato ove individuino i terzi beneficiari del contratto mediante il riferimento alla categoria degli eredi legittimi o testamentari. Invero, il D.Lgs. n. 252 del 2005, art. 14, comma 3, (nella formulazione ratione temporis applicabile, anteriore alla modifica apportata dal D.Lgs. 13 dicembre 2018 n. 147, art. 1, comma 15) stabilisce che “3. In caso di morte dell’aderente ad una forma pensionistica complementare prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso designati, siano essi persone fisiche o giuridiche.

In mancanza di tali soggetti, la posizione, limitatamente alle forme pensionistiche complementari di cui all’art. 13, viene devoluta a finalità sociali secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Nelle forme pensionistiche complementari di cui all’art. 3, comma 1, lettere da a) a g), e art. 12, la suddetta posizione resta acquisita al fondo pensione”. E’, dunque, evidente che il diritto di riscatto sorge direttamente in capo ai soggetti individuati dalla riportata norma negli eredi ovvero dai diversi beneficiari indicati dall’aderente al fondo. Per eredi deve intendersi – come correttamente ritenuto nella impugnata sentenza – coloro che, chiamati all’eredità l’abbiano accettata. Con la conseguenza che, in caso di più chiamati, il diritto di riscatto non va ripartito in parti uguali per ciascun chiamato, ma solo tra coloro che, con l’accettazione dell’eredità, sono diventati eredi ed in parti uguali non essendo applicabili le norme relative alla successione ereditaria. Peraltro, che la norma intenda riferirsi a coloro che hanno acquistato la qualifica di eredi è dimostrato dalla previsione in essa contenuta secondo cui solo nell’ipotesi in cui l’aderente non abbia indicato dei beneficiari e non vi siano eredi è prevista la devoluzione dell’intera posizione individuale maturata – e non di una parte – a finalità sociali. Ne consegue, nel caso in esame, che essendo la A. la sola erede dell’aderente al Fondo alla stessa spettava per intero il riscatto degli importi versati al Laborfonds.

Ovviamente non possono essere considerate cogenti in questa sede le indicazioni fornite dal presidente dell’autorità di vigilanza (COVIP) riportate dal ricorrente Fondo a sostegno del proprio assunto;

8. non ricorrono i presupposti per disporre la condanna per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., proprio in considerazione della mancanza di un indirizzo giurisprudenziale consolidato sulla questione e della indicazioni fornite ai Fondi dall’autorità di vigilanza (COVIP) nè per disporre la pubblicazione della sentenza ai sensi dell’art. 120 c.p.c., non ricorrendo un danno suscettibile di essere riparato in forma specifica (anche) mediante pubblicazione della sentenza, modalità riparatoria, questa, peraltro riservata alla discrezionale valutazione del giudice di merito (Cass. n. 2491 del 01/03/1993 N. 2491/93; Cass. n. 4799 del 24/07/1981);

9. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

10. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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