Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19571 del 18/09/2020

Cassazione civile sez. II, 18/09/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 18/09/2020), n.19571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6249/2018 proposto da:

S.S., rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA

ANDREANI;

– ricorrente –

contro

COMUNE di SERRAVALLE DEL CHIENTI, in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’avvocato FEDERICA MONTECCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1079/2017 del TRIBUNALE di MACERATA,

depositata il 20/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto previa correzione

della motivazione, in subordine per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GRAZIA MARIA CELENTANO, con delega orale

dell’avvocato ANDREA ANDREANI difensore del ricorrente, che si

riporta e chiede l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.S. ebbe ad opporre,avanti il Giudice di Pace di Camerino, verbale di contravvenzione stradale per eccesso di velocità elevato dalla Polizia Municipale del Comune di Serravalle del Chienti ed il primo Giudice, all’esito del procedimento,ebbe ad annullare il verbale accogliendo l’opposizione.

L’Ente locale propose gravame avanti il Tribunale di Macerata che,opponendosi lo S., ebbe ad accogliere l’impugnazione confermando la legittimità della contravvenzione elevata.

Osservava il Giudice maceratese come l’impianto di rilevazione della velocità era del tipo fisso e, non già, mobile, sicchè non aveva alcuna rilevanza ai fini della legittimità della contravvenzione la presenza in loco degli operatori. Puntualizzava, poi, il Giudice marchigiano come lo S. s’era costituito tardivamente nel giudizio d’appello sicchè non poteva riproporre, con gravame incidentale, le altre contestazioni sollevate originariamente contro il verbale di contravvenzione rimaste assorbite ad esito della soluzione adottata dal Giudice di Pace.

Avverso la citata sentenza lo S. ha proposto ricorso per cassazione articolando unico motivo, illustrato anche con nota difensiva.

Il Comune di Serravalle del Chienti ha resistito con controricorso.

La cause era dapprima trattata dalla sezione sesta, che ha rimesso la questione alla pubblica udienza.

All’odierna pubblica udienza, sentite le conclusioni del P.G. – rigetto del ricorso – e del difensore del ricorrente, questa Corte ha adottato soluzione siccome illustrato nella presente sentenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da S.S. s’appalesa privo di fondamento e va rigettato.

Con l’unico mezzo d’impugnazione lo S. denunzia nullità della sentenza resa dal Tribunale, quale Giudice d’appello, per violazione del disposto ex artt. 112,343 e 346 c.p.c., posto che erroneamente il Giudice marchigiano ha ritenuto necessario la proposizione di appello incidentale per riproporre le questioni ritenute assorbite dal primo Giudice, in relazione alle quali il soggetto rimasto vincitore in prime cure ha solamente l’onere della riproposizione ex art. 346 c.p.c., come nella specie fatto.

La svolta censura non coglie la testa del chiodo, anche se ex art. 384 c.p.c., u.c., deve esser corretta la motivazione esposta dal Giudice d’appello.

Difatti è dato fattuale pacifico in causa che lo S. ebbe a svolgere più contestazioni con l’originario ricorso in opposizione alla contravvenzione stradale elevata a suo carico dalla Polizia municipale di Serravalle del Chienti e che il Giudice di Pace ebbe ad accogliere l’opposizione spiegata sulla scorta di un motivo ritenuto assorbente – l’assenza degli operatori nelle vicinanze dell’apparecchio di misurazione al momento della rilevazione dell’infrazione di causa -, sicchè non esaminò le altre contestazioni ritenendole assorbite.

In relazione a detta situazione processuale è erronea l’affermazione del Tribunale che lo S., per poter riproporre le questioni rimaste assorbite in primo grado, doveva svolgere appello incidentale – Cass. Su n. 11799/17 -, posto che in detta ipotesi la parte vittoriosa ha solo l’onere di riproporre le questioni non esaminate perchè assorbite a sensi dell’art. 346 c.p.c..

Tuttavia la soluzione di inammissibilità per tardività delle ulteriori questioni riproposte dallo S. in sede d’appello è comunque conforme a diritto.

Come sottolineato dall’Ente locale nel controricorso – punto non contestato dal ricorrente oltre che apprezzabile dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa, esaminabili da questa Corte poichè proposto vizio fondato su error in procedendo – la lite venne trattata, a sensi della norma D.P.R. n. 150 del 2011, ex art. 7, secondo il rito del lavoro anche in grado d’appello.

Dunque dovevano esser osservate le regole processuali proprie di detto rito, che appositamente all’art. 436 c.p.c., disciplina la costituzione dell’appellato e fissa il termine per la sua tempestiva costituzione entro 10 giorni prima dell’udienza indicata in decreto del Giudice in calce al ricorso in appello.

Di conseguenza la presunzione di rinunzia delle domande ed eccezioni non accolte in prime cure, ex art. 346 c.p.c., opera se dette domande od eccezioni non riproposte nella comparsa di risposta tempestivamente depositata, siccome insegna la sezione lavoro di questa Suprema Corte – Cass. n. 18901/07 – e le sezioni unite – Cass. n. 1417/12 – riguardanti in modo specifico il processo del lavoro.

Dunque anche nella specie, poichè il procedimento soggetto al rito del lavoro – senza alcuna deroga sul punto D.P.R. n. 150 del 2011, ex art. 7 – opera la presunzione di rinunzia da parte del soggetto vittorioso in prime cure alle domande ed eccezioni non accolte se non v’è stata – come pacifico nella specie – la costituzione in giudizio entro il termine prescritto dall’art. 436 c.p.c..

Non assume rilevo pertanto nella specie l’insegnamento posto da questa Suprema Corte – Cass. su n. 7940/19 – in tema, poichè espressamente relativo al solo procedimento ordinario.

D’altro canto non v’è ragione di discostarsi dalla pronunzia specifica sul punto adottata dalla Corte a sezioni unite nel 2012, al cui insegnamento questo Collegio reputa di dar continuità, nonostante la decisione assunta dalla sezione lavoro – Cass. n. 20726/19 – che ha operato richiamo al principio di diritto reso dalle sezioni unite nella decisione del 2019.

Difatti la statuizione sul punto, adottata dalla sezione lavoro citata dianzi, appare meramente adesiva al ricordato insegnamento che però risulta espressamente dettato con riferimento al rito ordinario.

Difatti proprio in relazione al momento di perimetrazione delle questioni devolute al Giudice d’appello i due riti presentano esigenze diverse in relazione alla loro assolutamente diversa strutturazione.

Nel rito ordinario, ad esito dell’udienza di comparizione, comunque alle parti devono esser assegnati i termini ex artt. 190 e 352 c.p.c., per il deposito delle scritture difensive finali, sicchè coerente con detto sistema appare l’insegnamento delle sezioni unite del 2019, che consente la riproposizione delle domande ed eccezioni non esaminate in primo grado sino all’udienza ex art. 352 c.p.c., in quanto comunque non ampliato l’ambito della causa, siccome fissato in prime cure.

Viceversa nel rito del lavoro, ex art. 437 c.p.c., le parti all’udienza direttamente procedono alla discussione – eventuali scritture difensive finali sono rimesse alla discrezione del Giudice ex art. 429 c.p.c. – della lite ed il Collegio pronunzia immediatamente sentenza, di cui dà lettura del dispositivo, sicchè assolutamente necessario appare conterminare l’ambito del devolutum al Giudice d’appello in momento antecedente all’udienza.

Posto che, effettivamente, la costituzione all’udienza dello S. in sede d’appello fu tardiva – avvenne in udienza – le riproposte domande ed eccezioni rimaste assorbite in primo grado non potevano essere esaminate, stante l’intervenuta loro rinunzia ex art. 346 c.p.c..

Al rigetto dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna dello S. al pagamento in favore dell’Ente locale resistente delle spese afferenti a questo Giudizio di legittimità, liquidate in Euro 900,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario siccome tassato in dispositivo. Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per il pagamento dell’ulteriore contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna S.S. alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore del Comune di Serravalle del Chienti, che liquida in Euro 900,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2020

 

 

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