Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19570 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19570 Anno 2018
Presidente: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI
Relatore: GORI PIERPAOLO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12010/2012 R.G. proposto da
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con
domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura;
ricorrente contro
GARGANO GIUSEPPE
– intimato Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Sicilia, Palermo n.31/35/11 depositata il 24/3/2011.

Data pubblicazione: 24/07/2018

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del
1/2/2018 dal consigliere Pierpaolo Gori.
Rilevato che:
– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia,
Palermo (in seguito, CTR) veniva rigettato l’appello proposto
dall’AGENZIA DELLE ENTRATE contro GARGANO GIUSEPPE (in seguito, il contribuente), e confermata la sentenza della Commissio-

n.263/07/2007, avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento IVA+IRPEF+IRAP relativo all’anno di imposta 1999;
– In particolare: a) l’avviso traeva origine da un processo verbale di
constatazione con cui veniva recuperato ad imposta l’esercizio
dell’attività di acquisto e vendita di pelli per gli anni 1999, 2000,
2001 e parte del 2002, a seguito della mancata esibizione della
documentazione contabile da parte del contribuente, il quale si difendeva sostenendo che l’impresa non era stata operativa da fine
1999, di aver effettuato solo alcuni acquisti di limitato valore e,
infine, che la merce acquistata era andata deperita stoccata in un
capannone sottoposto a sequestro; b) a seguito di ricorso avanti
alla CTP, l’avviso veniva annullato in quanto veniva ritenuta non
raggiunta da parte dell’Agenzia la prova dell’evasione; c) l’appello
proposto contro la sentenza, disattese le eccezioni preliminari,
veniva rigettato per mancata prova dell’esercizio dell’attività di
impresa da parte del contribuente nel periodo considerato;
– Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione l’Agenzia affidato a due motivi.
– Il Procuratore Generale ha rassegnato le sue conclusioni chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto che:
– Con il due motivi di ricorso, strettamente connessi e dunque da
trattarsi congiuntamente, lamenta il contribuente, sia come vizio
di motivazione ai fini e per gli effetti dell’art.360 1°comma n.5
c.p.c., che ai fini del n.3 per la violazione o falsa applicazione del
RGN 2010/1.2

ne Tributaria Provinciale di Palermo (in seguito, CTP)

combinato disposto degli artt.32 e 38 D.P.R. n.600/73 e
dell’art.2697 c.c., il fatto che la CTR ha ritenuto non provato
l’esercizio dell’attività di impresa dal 1999 al 2002, pur in presenza di movimentazione nel periodo di fondi risultanti da conti correnti e libretti di deposito intestati al contribuente, senza giustificazione;
– I motivi sono fondati. La Corte rammenta la consolidata interpre-

acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di
maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi degli artt. 32,
comma 1, n. 2, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51,
comma 2, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, non è subordinata alla
prova che il contribuente eserciti attività d’impresa o di lavoro autonomo, atteso che, ove non sia contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i medesimi
possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito da essa ricavato, incombendo al contribuente l’onere di provare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti” (Cass. 28 febbraio 2017 n.5135; Cass. 13 ottobre 2011
n.21132; Cass. 23 aprile 2007 n.9573). Trova applicazione tale
principio giurisprudenziale anche nel caso di specie e, dunque,
non è l’Agenzia a dover dimostrare l’attività di impresa, in quanto
la documentazione bancaria è pienamente utilizzabile nei confronti
del contribuente, titolare di partita IVA quale imprenditore, dal
momento che, si legge nella sentenza gravata, ha presentato dichiarazione dei redditi 1999 sia pure dichiarando un volume di affari pari a zero;
– la movimentazione bancaria è utilizzabile non solo in relazione
all’IVA e all’IRAP, ma anche ai fini delle imposte dirette. Infatti, è
stato statuito che “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 32, del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede una presunzion
P, CE; N 1 2 O 1 O/ 2

9—E st rAI;(7) ri

tazione giurisprudenziale, secondo la quale “L’utilizzazione dei dati

legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte
della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire
la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale
è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre

cordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve
essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche,
sommarie o cumulative” (Cass. 5 maggio 2017, n. 11102).
– Nel caso di specie, in presenza delle movimentazioni bancarie non
giustificate nel periodo, tra cui, come si legge nella sentenza gravata, almeno due fatture di acquisto da un fornitore, versamenti
per oltre 125.000,00 euro e prelevamenti non giustificati per oltre
119.000,00 euro sui conti del contribuente, in applicazione del
principio giurisprudenziale richiamato, è quest’ultimo e non
l’Agenzia a dover dimostrare trattarsi non di movimentazioni legate all’attività di impresa e a fornire analitica giustificazione;
– per le medesime ragioni, la motivazione della CTR rivela non solo
la violazione di legge descritta, ma anche una motivazione contraddittoria circa un punto decisivo della controversia avendo affermato in modo apodittico l’inconsistenza dei controlli incrociati
effettuati” e, in Conclusione, tratto conclusioni illogiche dagli elementi di prova molto rilevanti sopra analiticamente richiamati;
– In accoglimento del primo e secondo motivo, la sentenza
dev’essere conseguentemente cassata con rinvio alla CTR Sicilia,
Palermo, in diversa composizione, per ulteriore esame in ordine al
profilo accolto, oltre alla determinazione delle spese;
P.Q.M.
la Corte:

quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e con-

accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza
impugnata, e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale Sicilia,
in diversa composizione, in ordine ai profili accolti, ed anche per il
regolamento delle spese di lite.

Così deciso il 1.2.2018

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